Wanderlust, voglia di viaggiare “esagerata” tanto che sconfina nella “mania”, nella necessità. Arriva dalla Germania questa parola che riassume una sensazione, uno stato d’animo, anche un modus vivendi, sempre più diffuso. Sarà la Crisi? Oppure, vedendola in positivo, la maggiore apertura e la voglia di conoscere e di integrarsi, che molti cittadini del mondo mostrano. Per scoprire se anche noi soffriamo di Wanderlust, vediamo meglio di cosa si tratta.
Wanderlust: significato
Una parola, come spesso capita con la lingua tedesca, per riassumere ciò che in italiano possiamo esprimere solo con una perifrasi. In questo caso per illustrare a chi non sa il tedesco, il significato di Wanderlust, si dice che definisce una necessità impellente di partire e vedere nuovi luoghi in giro per il mondo.
Osservare paesaggi diversi da quelli natii, quindi, ma non solo: anche conoscere persone e costumi, sapori e odori, usanze che non appartengono alla propria nazione e che suonano “esotiche” o molto distanti dalle abitudini con cui ci hanno cresciuto. Distanti e, proprio per questo, attraenti per chi sente questo Wanderlust.
La distanza che il Wanderlust ci porta a colmare non è solo quella geografica, bensì anche quella di idee, di mentalità, di cultura, di lingua. Quindi non è necessario macinare km su km ogni giorno per soddisfare la necessità di viaggiatori inquieti che proviamo. Si può viaggiare anche gustando un piatto giapponese, ballando un tango, parlando con un turista che chiede indicazioni, visitando una mostra appena arrivata in città.
Wanderlust: sindrome
Finora sembra invidiabile la condizione a cui il Wanderlust ci porta, ma non p sempre così. Quando la necessità di viaggiare ed esplorare si tramuta in inquietudine e perdiamo il controllo di questo bisogno lasciando che prenda il sopravvento su tutto il resto, allora siamo cascati nella sindrome di Wanderlust.
Eccoci quindi allergici al concetto di “casa”, alla continua ricerca di nuove mete, tanto che appena arrivati in una, dobbiamo subito assicurarci di averne altre due o tre in programma in modo da non fermarci mai. Dove è finito il gusto del viaggio? Wanderlust diventa sinonimo quasi di schiavitù, proprio come chi ha paura di viaggiare, non ha libertà, non ne gode nemmeno chi deve a tutti i costi vagabondare per stare sereno. Con la mente e/o con il corpo.
Non c’è età più a rischio per la sindrome di Wanderlust, c’è chi ci cade molto presto, chi invece si scopre così irrequieto dopo una vita da pantofolaio, magari per reazione o per ansia di non avere tempo a sufficienza per conoscere tutto ciò che merita.
Wanderlust: origine
Come accennato, questa è una parola tedesca che noi possiamo tradurre con una frase: “irresistibile necessità di viaggiare che consuma alcune persone”. Il concetto, però, non è made in Germany e nemmeno molto recente. E’ da quando esiste la specie umana che siamo dotati di spirito di avventura e di voglia di esplorare il territorio e l’altro. I nostri antenati hanno lasciato l’Africa 70.000 – 50.000 anni fa e in circa 50.000 anni si è sparso in ogni dove insediandosi e adattandosi a climi e ambienti diversi.
Anche oggi ci sono continui movimenti, molto spesso per necessità e non per scelta o per Wanderlust, ma ci sono e la voglia di trovare un posto nel mondo esiste e ci mescola.
Ci sono anche studi che hanno indagato negli anni da dove nasce la voglia compulsiva di viaggiare, potrebbe essere in parte anche legata ai geni. In particolare al gene DRD4 che aiuta a regolare i livelli di dopamina nel cervello, potrebbe essere collegato al Wanderlust.
Wanderlust: film
La voglia di viaggiare e di conoscere può essere soddisfatta anche stando davanti allo schermo, a volte, con un buon film. Eccone tre per iniziare: “Viaggio sola”, diretto da Maria Sole Tognazzi, con Margherita Buy, “Sideways” diretto da Alexander Payne, con Paul Giamatti e Thomas Haden Church, e “On the Road”, diretto da Walter Salles, adattamento del romanzo di Jack Kerouac “Sulla strada”, con Garrett Hedlund e Sam Riley.
Wanderlust: libri
Anche i libri, quanto a potere estraniante, non sono da meno. Quello che affronta meglio il tema del viaggio, però, è senza dubbio ”Solo bagaglio a mano” di Gabriele Romagnoli, a me lo ha fatto scoprire un’amica, viaggiatrice di fatto, ma che sa viaggiare anche quando non cambia città, grazie all’attenzione delicata che sa ascoltare chi incontra.
Se vi è piaciuto questo articolo continuate a seguirmi anche su Twitter, Facebook, Google+, Instagram
Ti potrebbe interessare anche: