Vincolo paesaggistico: cosa prevede la legge e come superarlo
Nel corso della vita ci si può imbattere nella necessità di ristrutturare o di effettuare delle modifiche all’esterno di un immobile. Di per sé non si tratta di qualcosa di particolarmente complesso sotto il profilo burocratico, una volta presentati tutti i permessi necessari. Le cose possono tuttavia complicarsi in presenza di un vincolo paesaggistico. In questo articolo scopriremo di cosa si tratta, cosa prevede la normativa italiana in proposito e come poterlo superare.
Che cosa si intende per vincolo paesaggistico
Il vincolo paesaggistico è un limite previsto dalla legislazione italiana su terreni o immobili di particolare valore storico, ambientale o culturale. Il fine dello strumento è quello di tutelare le aree di maggior pregio paesaggistico, mitigando l’inserimento di opere edilizie e di infrastrutture in questi contesti. Il vincolo paesaggistico non preclude tuttavia completamente la possibilità di costruire e di ampliare.
Per poter intervenire su un terreno o su un immobile sottoposto a vincolo paesaggistico, è necessario chiedere una specifica autorizzazione che viene generalmente concessa solo nei casi in cui le opere non vadano a intaccare il valore del bene vincolato.
Attualmente il Comune non costituisce l’unico Ente preposto a decidere sugli interventi edilizi effettuabili su aree sottoposte a vincolo paesaggistico. L’autorizzazione deve essere rilasciata anche dalla Regione su parere della Soprintendenza ai Beni paesaggistici e ambientali.
Come verificare la presenza del vincolo paesaggistico
Oltre a consultare le carte del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) per sapere con esattezza se un’area sia sottoposta o meno a vincolo paesaggistico, il cittadino ha la possibilità di richiedere il Certificato di sussistenza di vincolo paesistico all’ufficio competente nel Servizio di tutela del paesaggio della rispettiva Provincia o della Regione di appartenenza.
Una volta appurata la presenza del vincolo paesaggistico, è necessario procedere con una apposita autorizzazione prima di avviare un qualsiasi lavoro. Sebbene l’iter burocratico da alcuni anni a questa parte sia stato semplificato, continua a basarsi sulla presentazione di svariati documenti da parte del cittadino. La prassi deve essere comunque rispettata nel dettaglio perché il rischio che si corre è di commettere un abuso edilizio, anche nei casi in cui si tratti di una semplice manutenzione ordinaria.
A tale proposito, è bene ricordare che una buona porzione del territorio italiano è sottoposto a tutela del paesaggio, in taluni casi anche nelle zone metropolitane ben lontane dai centri storici.
Quali sono le aree sottoposte a vincolo paesaggistico
Il vincolo paesaggistico è disciplinato dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche, meglio noto come Codice dei beni Culturali e del Paesaggio. Le disposizioni che all’interno del Codice regolamentano il vincolo paesaggistico sono nello specifico l’articolo 136 e l’articolo 142.
Entrando ancor più nel merito, il Decreto individua le aree tutelate per legge ed aventi interesse paesaggistico di per sé. Come specificato nel Codice, rientrano nell’elenco delle aree sottoposte a vincolo paesaggistico:
- i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
- i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
- i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
- le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
- i ghiacciai e i circhi glaciali;
- i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
- i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
- le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
- le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
- i vulcani;
- le zone di interesse archeologico.
Procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica
Il DPR 139/2010 ha introdotto delle novità nell’ambito della richiesta dell’autorizzazione paesaggistica. Nello specifico, tale Decreto ha dato avvio a un iter semplificato e snellito sotto il profilo dei tempi per tutti quegli interventi considerati a basso impatto che ricadono in aree soggette a vincolo paesaggistico.
L’istanza di autorizzazione è accompagnata da una Relazione Paesaggistica semplificata che viene redatta da un tecnico abilitato. A godere di questa procedura più snella sono le opere edilizie di scarso impatto, che in genere rientrano tra le più comuni a essere realizzate. Negli altri casi occorre invece procedere con l’autorizzazione ordinaria.
La Soprintendenza è coinvolta anche nel caso della procedura semplificata, proprio come accade con la procedura ordinaria. Nella procedura semplificata, tuttavia, il suo parere non è obbligatorio. Nel caso in cui la Soprintendenza non risponda o non lo faccia nei tempi previsti, l’Ente locale competente deve procedere in maniera autonoma.
A distanza di 7 anni, il DPR 31/2017 è nuovamente intervenuto sulle procedure per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata.
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Interventi sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata
Nel suo allegato B, il DPR 31/2017 individua 42 interventi di lieve entità per i quali è prevista una procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata. Tra questi citiamo a titolo esemplificativo:
- incrementi di volume non superiori al 10% della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
- realizzazione o modifica di aperture esterne o finestre a tetto riguardanti beni vincolati purché eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
- interventi di adeguamento alla normativa antisismica ovvero finalizzati al contenimento dei consumi energetici degli edifici, laddove comportanti innovazioni nelle caratteristiche morfo-tipologiche;
- modifica, chiusura o realizzazione di terrazze o balconi;
- interventi necessari per il superamento di barriere architettoniche;
- installazione di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici, quali condizionatori e impianti di climatizzazione dotati di unità esterna, caldaie, parabole;
- interventi di demolizione senza ricostruzione di edifici, e manufatti edilizi in genere, privi di interesse architettonico, storico o testimoniale.
L’autorizzazione paesaggistica semplificata permette di abbreviare sensibilmente i tempi. In assenza di imprevisti o di particolari intoppi, il via libera viene solitamente fornito entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, trascorsi i quali è possibile avviare il cantiere. Nell’ipotesi in cui la domanda debba essere integrata, i giorni passano da 60 a 75.
Autorizzazione paesaggistica: iter ordinario
L’iter ordinario per la richiesta di autorizzazione paesaggistica è regolato dal Dlgs 42/2004. La procedura ordinaria risulta necessaria in specifici contesti. Il caso tipico è quello in cui l’intervento debba essere realizzato in un centro storico.
Rispetto alla procedura semplificata, l’iter ordinario prevede delle tempistiche più lunghe che possono prolungarsi fino a 120 giorni prima di ottenere l’autorizzazione a procedere. Dal momento in cui si acquisisce il via libera, affinché quest’ultimo divenga realmente efficace, decorrono tuttavia altri 30 giorni. Per completare la procedura ordinaria sono quindi necessari ben cinque mesi.
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Cosa fare se la Pubblica Amministrazione non rispetta le scadenze
Nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non rispetti le scadenze previste per legge, il cittadino ha la facoltà di rivolgersi al TAR, il Tribunale Amministrativo Regionale, potendo inoltre richiedere il risarcimento per eventuali danni originati dal mancato rilascio del parere.
Il cittadino può rivolgersi al TAR anche nel caso in cui debba impugnare un rifiuto da parte della Pubblica Amministrazione.
Pubblicato da Evelyn Baleani il 29 Gennaio 2021