Training autogeno, solo la parola fa rilassare chi sa già di cosa si tratta. E’ una tecnica di relax basata sullo sviluppo dell’immaginazione. Al contrario di molte altre, che abbiamo importato da Cina o Giappone, questa è nata in Occidente con lo scopo di imparare a gestire al meglio alcune sensazioni corporee, di entrare in contatto con le emozioni accettandole ma non restandone vittime, bensì modificando il proprio stato mentale al bisogno.
Il termine training autogeno sta per “allenamento” (training), “che si genera da sé” (autogeno) perché effettivamente è un lavoro che ciascuno fa su sé stesso, una volta imparate le tecniche di allenamento psicofisico. Si ottengono delle modificazioni fisiologiche e anche psichiche quando si impara bene.
Training autogeno: corso
Non è una nuova tendenza o una nuova trovata di marketing: il training autogeno nasce nel 1932 con la pubblicazione di Das Autogene Training (opera del neurologo Johannes Heinrich Schultz di Berlino). Ne è passato di tempo e il metodo si è largamente diffuso, evolvendosi e prendendo varie strade. Oggi è applicato in contesti differenti, sia dal punto di vista culturale, sia geografico, sia “fisico”. Essendosi rivelato particolarmente efficace e versatile, questo “training” è applicato in ambito sportivo, lavorativo, medico, artistico, individuale, scolastico, etc.
In pratica ogni volta che si ha bisogno di recuperare la naturale capacità di rilassarsi. Non ha particolari controindicazioni, tutti possono a modo proprio imparare a fare il training autogeno, basta essere disposti a modificare il proprio mood e il proprio approccio alla vita e impegnarsi senza riserve mettendoci tutte le proprie energie.
Training autogeno: esercizi
C’è un preciso schema sequenziale composto da sei esercizi, di cui i primi due di base e i restanti quattro complementari. I basilari riguardano la pesantezza e il calore, nel primo si ottiene il rilassamento dei muscoli, il calore porta poi ad un aumento del flusso sanguigno. Passando ai quatto esercizi complementari, ci si concentra su respiro, cuore, plesso solare e “fronte fresca”.
A questa sequenza si possono aggiungere altri esercizi che vanno a interessare nello specifico volto, occhi, spalla-nuca, oppure che preparano al training vero e proprio. L’importante è non modificare la sequenza fondamentale.
Training autogeno: video
Training autogeno per dormire
Chi ha problemi di insonnia può provare alcune tecniche di training autogeno che, a questo scopo, risulta utile anche con i bambini. A guidarci per questa via, senza chiederci che età abbiamo, c’è un libro di “fiabe che rilassano”. Tratta del “training autogeno per favorire la tranquillità e il benessere dei bambini”, lo si può acquistare anche on line, lo ha scritto Gisela Eberlein.
Sfogliano il volume si trovano favole usate come strumento terapeutico ma ciò non significa che non siano divertenti e fantasiose, anzi! Sono più magiche che mai perché aiutano a visualizzare le emozioni, a scaricare le tensioni e a raggiungere uno stato di relax. Ci si può aiutare anche con delle musiche per meditazione o con esercizi di meditazione trascendentale, tra le più gettonate!
Training autogeno: ansia
Altra occasione in cui il training autogeno è molto utilizzato, e apprezzato, è quella in cui gli stati di ansia sembrano indomabili. Queste tecniche ci aiutano a gestire le immagini mentali e le sensazioni corporee che ne conseguono e che influiscono sul nostro umore. Ci sono pensieri che possono metterci davvero forte ansia e che con un po’ di training autogeno diventano “domabili” e innocui. Provare per credere.
Training autogeno e sport
Ci sono casi in cui è meglio evitare di applicare questa tecnica di rilassamento, ad esempio se si hanno problemi di insufficienza cardiaca, di depressione grave o di nevrosi ossessiva grave, ma in altri essa risulta particolarmente utile.
Uno di questi riguarda chi pratica sport di resistenza. Non è quindi il classico soggetto ansioso o in cerca di consapevolezza che spesso vediamo fare training autogeno, ma una persona, uno sportivo professionista o semi professionista, che desidera con questa tecnica diminuire gli sprechi di energia. Questo per poter usare tutte le proprie risorse in modo ottimale.
Un classico esempio, semplice ma che rende l’idea, è quelli di un corridore che stringe i pugni mentre procede: è un inconsapevole e non voluto spreco di energie dovuto magari alla eccessiva concentrazione o alla eccessiva determinazione.
Per diminuire le tensioni non correlate alla prestazione vanno benissimo gli esercizi classici di training autogeno, senza ascoltare musica perché altrimenti non è più “autogeno”. Infatti la fonte esterna di relax non sarebbe “valida”, ma non solo, potrebbe rivelarsi controproducente perché distrae dalla pratica, condiziona, defocalizza. Oltre al silenzio, è importante anche l’abbigliamento dello sportivo che fa training autogeno: deve essere confortevole e naturale. Quando si effettuano gli esercizi di training niente scarpe ma nemmeno anelli, bracciali, orologi e occhiali.
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