Tra presente e futuro delle smart cities con Carlo Ratti
Meno asfalto e più silicio, zero consumo di suolo vergine, sensori per la qualità dell’aria anche su taxi e auto private, case dove la tecnologia onnipresente ma invisibile ci regala più tempo per goderci la vita. Per Carlo Ratti, ingegnere, architetto e docente presso il Massachusetts Institute of Technology, “per rendere il pianeta più sostenibile bisogna proprio partire dalle città”. I progetti sono tanti, ogni città a suo modo può farlo. Deve.
1) Quale impatto ambientale può avere l’applicazione “intelligente” di nuove tecnologie nel concepire le città?
Quattro numeri per definire l’importanza delle città: 2-50-75-80. A livello globale le città sono solo il 2% della superficie del pianeta, ma ospitano il 50% della popolazione e sono responsabili del 75% dei consumi di energia e dell’80% delle emissioni di anidride carbonica. Ciò significa che per rendere il pianeta più sostenibile bisogna proprio partire dalle città.
2) Come, ad esempio?
Ci sono molte sperimentazioni in giro per il mondo, al Senseable City Laboratory del Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston stiamo portando avanti alcuni progetti in tal merito.
Trash Track è un sistema che, attraverso etichette elettroniche, permette di seguire a distanza il percorso di campioni di spazzatura. Abbiamo scoperto che non tutti i rifiuti vengono indirizzati agli impianti di riciclaggio più opportuni e che alcuni campioni percorrono inutilmente chilometri e chilometri. Le informazioni raccolte su oltre 3000 oggetti assicurano uno smaltimento più corretto e aiutano a diffondere consapevolezza nei cittadini.
Un altro progetto è invece in corso a Singapore, dove abbiamo una nuova sede. Si basa sulla raccolta di informazioni in tempo reale da condividere poi con i cittadini: il percorso per rientrare prima a casa, il meteo aggiornato e a misura di quartiere, come trovare un taxi, i consumi di energia.
Non esiste unico modello, però. Copenaghen, ad esempio, sta sviluppando progetti interessanti per quanto riguarda la sostenibilità, Singapore lavora molto sulla mobilità.
3) Quali caratteristiche per le case del futuro?
A prima vista, la città di domani non sarà molto diversa da quella di oggi. Come i Romani di 2000 anni fa abbiamo bisogno di piani orizzontali sui quali muoverci e di finestre che ci proteggano dalle intemperie. Tuttavia quel che cambierà di più, domani, sarà il modo di vivere lo spazio, grazie a nuove forme di condivisione dell’informazione.
Per i progettisti si aprono nuovi scenari, nei quali l’architettura non si occupa solo dei “gusci” costruiti, ma fa dialogare informatica e scienze sociali all’insegna di un paradosso: una tecnologia onnipresente ma invisibile, che esiste proprio perché possiamo dimenticarci di essa e concentrarci sulle cose che contano: una vita più semplice, un ambiente piacevole e la capacità di costruire una ricca trama sociale.
4) A livello urbanistico, se si potesse studiare a tavolino una città, quali accorgimenti e tecniche? E come intervenire su città già esistenti?
Per le città esistenti c’è una grande opportunità, soprattutto in Italia. Pensiamo per esempio ai centri storici che tutto il mondo ci invidia, o a una città come Venezia, che non avrebbe mai potuto adattarsi agli imperativi dell’industria del secolo scorso, mentre può accogliere facilmente le tecnologie di oggi: reti, sensori, lampioni, pensiline, monitor, nuovi sistemi di distribuzione dell’energia. Si tratta di interventi che mettono insieme mondo fisico e mondo digitale, secondo l’idea dell’ubiquitous computing (o ubicomp) sviluppata negli anni ’80 dall’informatico americano Mark Weiser.
Il modello smart city è un’occasione molto importante per il nostro paese. In una nazione in cui la popolazione non cresce e gli standard abitativi non cambiano (anzi, per effetto della crisi la superficie pro capite delle abitazioni potrebbe ridursi), non si può più pensare a espandere le aree urbane come nel secolo scorso: oltre a consumare inutilmente territorio vergine (greenfield, come si dice in inglese) ciò si traduce inevitabilmente nello svuotamento delle aree già edificate, esponendole al rischio del degrado.
La sfida dei prossimi anni sarà invece valorizzare il patrimonio esistente, correggendo gli errori urbanistici del secolo scorso e usando le nuove tecnologie. Un esempio è il traffico: abbiamo già auto che si guidano da sole o reti che ci permettono di non sprecare tempo e benzina alla ricerca di un parcheggio. Molti dei problemi si risolvono utilizzando meglio le infrastrutture che già esistono. Con meno asfalto e più silicio.
5) Quali sono le principali tecnologie su cui puntare per avere città con qualità di vita migliori e condizioni ambientali più sane?
In generale le tecnologie ICT. Nei territori urbanizzati si assiste a un fenomeno nuovo: i bit della rete si fondono con gli atomi del mondo materiale. Le città, coperte di sensori e di reti elettroniche, si stanno trasformando in computer all’aria aperta. Si può dire che internet stia invadendo lo spazio fisico, un fenomeno che spesso passa sotto il nome “smart city”. Questa evoluzione ha investito anche altre realtà e oggi siamo all’esordio di una dimensione ibrida, tra mondo digitale e mondo materiale, che sta trasformando il nostro modo di vivere.
Prendiamo, per esempio, le gare di Formula 1: vent’anni fa per vincere erano necessari un buon motore e un bravo pilota; oggi c’è bisogno di un sistema di telemetria, basato sulla raccolta di dati da parte di migliaia di sensori posti sulla macchina e sulla loro elaborazione in tempo reale. In modo analogo le città di oggi ci permettono di raccogliere una mole di informazioni senza precedenti, che possono poi essere trasformate in risposte da parte degli abitanti o dell’amministrazione pubblica.
6) Nello specifico per ridurre l’inquinamento dell’aria nelle città ci sono tecnologie o accorgimenti particolari e applicabili in tempi relativamente brevi?
Uno dei progetti a cui stiamo lavorando si basa proprio sulla distribuzione si molti sensori di qualità dell’aria nella città, che possono essere montati anche su taxi, autoveicoli privati.
7) Senseable City Lab: di cosa si tratta? che obiettivi ha e su cosa state lavorando ?
Si tratta di un gruppo di ricerca che si occupa di come le nuove tecnologie stanno trasformando la città. Siamo una quarantina di persone distribuite tra Boston e la nuova sede di Singapore. I progetti architettonici e urbani invece vengono portati avanti dall’ufficio Carlorattiassociati, che ha sede a Torino, Boston e Londra.
Intervista a cura di Marta Abbà
Pubblicato da Marta Abbà il 12 Settembre 2012