Finalmente, dopo 60 anni, il succo di arancia conterrà più frutta!
La percentuale minima passa infatti dal 12 al 20%, grazie all’applicazione di una direttiva italiana del 2014 riguardante le bevande analcoliche prodotte in Italia e vendute con il nome dell’arancia a succo.
Un risultato straordinario per agricoltori e consumatori salutato da Coldiretti con la Giornata nazionale di mobilitazione da Roma a Reggio Calabria. In seguito a Catania con iniziative in piazza per aiutare i cittadini a leggere le nuove etichette e festeggiare l’agrume più consumato in Italia con maxi spremute e tutor delle arance, che hanno fornito istruzioni sulle varietà di arance e sui benefici per la salute.
Succo di arancia nelle bibite, cosa dice la legge
Estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta alle aranciate e a tutti i succhi di frutta per impedire di spacciare come Made in Italy, succhi importati da Paesi lontani. È quanto ha chiesto la Coldiretti al tavolo agrumicolo convocato dal Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, per sottolineare che “l’Italia deve percorrere coerentemente la strada della trasparenza per tutti i prodotti agroalimentari”.
La Coldiretti lo rende noto in occasione dell’applicazione delle disposizioni contenute nella legge 161 del 30 ottobre 2014 che scattano dal 6 marzo 2018, trascorsi dodici mesi dal perfezionamento con esito positivo della procedura di notifica alla Commissione Europea del provvedimento in materia di bevande a base di succhi di frutta.
Con la nuova norma – precisa la Coldiretti – si contribuisce ad offrire il giusto riconoscimento alle bevande di maggior qualità riducendo l’utilizzo di aromi artificiali e di zucchero, la cui elevata concentrazione potrebbe essere utilizzata per sopperire alla minore qualità dei prodotti.
Occhio quindi alle etichette!
L’84% degli italiani, secondo la consultazione online del Ministero delle Politiche Agricole, ritiene importante che nei succhi venga indicata l’origine della frutta impiegata.
L’aumento del contenuto di succo di arancia dal 12 al 20% mira quindi a tutelare la salute dei consumatori adeguandosi ad un contesto programmatico europeo, che tende a promuovere una alimentazione sana e a diffondere corretti stili alimentari.
È stato dimostrato, infatti, che l’assunzione giornaliera di una bevanda con il 20% di succo di arancia aiuti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina C, nonché a veicolare un variegato mix di sostanze fitochimiche che possono incidere positivamente sulle difese del sistema immunitario.
Succo di arancia, impatto economico sull’agricoltura
L’aumento in percentuale del contenuto minimo di frutta corrisponde all’utilizzo di 200 milioni di chili in più di arance all’anno.
Negli ultimi quindici anni, sottolinea la Coldiretti, 1 pianta di arance su 3 è scomparsa in Italia. In più c’è stato un conseguente dimezzamento dei limoni (-50%) e una riduzione del 18% delle piante di clementine e mandarini.
“Sono andati persi 60 mila ettari di agrumi e ne sono rimasti 124 mila, dei quali 30 mila in Calabria e 71 mila in Sicilia. Sotto accusa i prezzi pagati agli agricoltori che non riescono neanche a coprire i costi di raccolta a causa della concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero, in una situazione di dumping economico, sociale e ambientale”.
Ad oggi, infatti, per ogni aranciata venduta sugli scaffali a 1,3 euro al litro, agli agricoltori sono riconosciuti solo 3 centesimi per le arance contenute. Ciò rende chiaramente impossibile coprire i costi di produzione e di raccolta.
A cura di Christel Schachter