“Strategia della sufficienza ed Effetto Rimbalzo” è il nuovo articolo frutto della collaborazione tra l’Area Valorizzazione e Impatto della Ricerca e Public Engagement – Agorà Scienza – e dal Green Office UniToGO dell’Università di Torino con la IdeeGreen S.r.l. Società Benefit.
L’articolo riprende i testi del dott. Osman Arrobbio pubblicati nell’opera “Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico”, la seconda edizione della guida linguistica e scientifica per orientarsi nelle più urgenti questioni relative al riscaldamento globale, curata dall’Area e dal Green Office.
La versione gratuita di Lessico e Nuvole, sotto forma di file in formato .pdf, è scaricabile dalla piattaforma zenodo.org.
La versione cartacea e l’eBook sono acquistabili online sulle seguenti piattaforme di distribuzione:
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Tutto il ricavato delle versioni a pagamento sarà utilizzato dall’Università di Torino per finanziare progetti di ricerca e di public engagement sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.
Cosa significa Strategia della sufficienza
La “strategia della sufficienza” consiste dell’insieme di misure, azioni e politiche che mirano a ridurre il consumo di risorse attraverso la riduzione della quantità di beni e servizi necessari a soddisfare bisogni specifici, o il più generale bisogno di benessere.
La strategia deriva il suo nome dal “principio di sufficienza”. Si definisca la sufficienza come l’area di estensione relativamente limitata situata lungo una scala, tra la più estesa area della “insufficienza” e quella, potenzialmente estensibile quasi all’infinito, del “troppo” (o “superfluo”, o “eccesso”).
Una volta oltrepassato il livello di sufficienza nel godimento di un bene o servizio, bastevole a soddisfare il bisogno che lo ha generato, livelli superiori di utilizzo o consumo portano velocemente a raggiungere il “troppo”.
Gli esiti dello sconfinamento (o irruzione) in tale zona si manifestano in diversi modi, che variano in base all’attività a cui esso si riferisce e in funzione della sua entità e durata.
Fra i vari esempi è possibile citare l’indigestione, gli ingorghi, lo spossamento fisico e mentale, la riduzione del benessere e l’esaurimento delle risorse e del depauperamento degli ecosistemi. Le peculiarità della strategia della sufficienza risultano maggiormente evidenti se confrontate con quelle della “strategia dell’efficienza” e della conservazione delle risorse.
La prima consiste dell’insieme di misure, azioni e politiche che mirano a incrementare l’efficienza, ovvero a ridurre la quantità di risorse necessarie per unità di bene prodotto/consumato o di servizio erogato/usufruito. La strategia dell’efficienza non mette in discussione l’idea che dosi aggiuntive di beni e servizi siano sempre preferibili a loro quantità stabili o ridotte; ciò, il più delle volte, contribuisce a indebolire o annullare il potenziale di riduzione del consumo di risorse che gli incrementi di efficienza, in teoria, permetterebbero (si tratta del così detto Effetto Rimbalzo di cui tratteremo nel prossimo paragrafo).
La seconda (“strategia della conservazione”), così come quella della sufficienza ma diversamente da quella dell’efficienza, mira direttamente a ridurre il consumo di risorse. Per questo motivo si può ritenere la strategia della sufficienza una componente di quella della conservazione. Quest’ultima, però, non è specificamente diretta ad agire sui processi che regolano l’apparizione del bisogno di beni e servizi. La strategia della sufficienza porta quindi a incrementare l’utilità ricavata da ogni bene/servizio e, allo stesso tempo, a incrementare la disutilità attesa per ogni bene/servizio aggiuntivo. Tradotto in termini di comportamenti, sufficienza significa astensione volontaria (non dovuta alla mancanza di potere di acquisto), totale o parziale, dal consumo di beni e servizi.
Effetto Rimbalzo
Nel campo delle politiche ambientali ed energetiche, con effetto rimbalzo ci «[…] si riferisce a risposte comportamentali, o sistemiche di altro tipo, che controbilanciano gli effetti di misure finalizzate a ridurre gli impatti ambientali» (Hertwich, 2005).
Fra le numerose definizioni di effetto rimbalzo, questa permette di cogliere un importante aspetto: gli effetti delle misure risultano indeboliti, se non controbilanciati, da risposte che derivano o dipendono, in maniera più o meno diretta, dalle misure stesse.
Si prenda un fatto universalmente accettato: le performance tecniche (di ogni tipo: energetiche, organizzative, ecc.) sono generalmente migliorate. È quello che si chiama per l’appunto progresso tecnico, tecnologico o organizzativo.
L’efficienza, tra cui quella energetica, è andata via via aumentando in tutti i campi. I consumi però, di energia, di risorse materiali in generale e di risorse non materiali quale il tempo, non solo non sono diminuiti, ma sono finanche aumentati. Possono eventualmente essere diminuiti in alcune pratiche, in alcuni settori, in alcune regioni, in alcuni anni, ma non nel lungo periodo e a livello mondiale.
Un tale paradosso lo si può ritrovare generalmente spiegato, seppur implicitamente, nel seguente modo: esistono delle forze che spingono all’aumento del consumo di risorse. Queste possono essere, per fare alcuni esempi: il sistema economico, taluni stati, il marketing ossessivo e la debolezza dei consumatori in sua risposta, l’aumento della popolazione.
Gli aumenti di efficienza finora raggiunti non sono bastati a contrastare tali forze e si rende perciò necessario continuare a perseguire – possibilmente con maggiore decisione – la “strategia dell’efficienza” (Arrobbio e Padovan, 2018).
L’effetto rimbalzo capovolge tale interpretazione: il consumo di risorse aumenta a causa degli aumenti di efficienza.
Per quanto questo possa sembrare controintuitivo e paradossale – è difatti anche noto come Paradosso di Jevons – è in realtà spiegabile con una certa facilità: se l’utilizzo di una risorsa diviene più efficiente, quindi più facile e meno costoso, si sarà propensi a usarla di più e non ad usarla di meno (Jevons, 1865).
Esisterebbe, per dirla in altri termini, una relazione sistemica tra efficienza ed espansione (Santarius et al., 2016).
Le obiezioni a questo ragionamento si basano generalmente sulle ipotesi relative alla “sazietà dei consumatori”. Queste possono essere maggiormente valide in alcuni paesi – quelli a più alto reddito pro-capite, aventi un livello più o già elevato di soddisfacimento dei loro bisogni – e in alcuni campi.
Si prenda ad esempio il caso del riscaldamento domestico: si suppone che la richiesta di ulteriori aumenti delle temperature invernali negli spazi chiusi, se non si è già arrestata, difficilmente comunque proseguirà molto oltre, anche se dovessero apparire – e diffondersi – caldaie o sistemi di coibentazione sempre più efficienti. Ma in molti campi ciò risulta essere stato finora ben lungi dal verificarsi: le lampadine sono divenute più efficienti ma sono aumentati i punti di illuminazione artificiale; i motori sono divenuti più efficienti ma la dimensione media delle automobili è aumentata; i frigoriferi sono ora più voluminosi di un tempo; le aspirapolveri più potenti; e per ritornare al caso del riscaldamento, le abitazioni sono comunque diventate più grandi o è aumentato lo spazio abitato pro-capite. E se anche l’aumento della richiesta di questi servizi energetici dovesse arrestarsi, nuovi modi di utilizzare i risparmi conseguiti grazie ai miglioramenti di efficienza potranno comunque continuare a manifestarsi. O appariranno proprio in virtù dell’esistenza di tali risparmi inoperosi.
Non tutti vedono gli stessi rapporti causa-effetto in questo complesso scenario. Da un lato è possibile difatti vedere i due fatti – aumento di efficienza e aumento del consumo – come causalmente separati: per esempio, le lampadine sono più efficienti e, incidentalmente, sono contemporaneamente aumentati i punti di illuminazione artificiale. Dall’altro lato è possibile vedere nei due fatti delle relazioni causa-effetto, ma che possono essere fra loro diametralmente opposte: le lampadine sono state rese più efficienti perché sono aumentati i punti di illuminazione artificiale; i punti di illuminazione artificiale sono aumentati perché le lampadine sono divenute più efficienti.
Risulta essere purtroppo assai arduo dimostrare inequivocabilmente la correttezza di una di queste ipotesi interpretative o l’infondatezza di un’altra. Ad ogni modo, non resta che constatare che non si intravvedono segnali di una inversione duratura della tendenza generale all’aumento del consumo di risorse.
Sia che gli aumenti di efficienza siano inefficaci in tal senso, sia che siano la causa di tale tendenza, l’effetto rimbalzo sembra suggerire la necessità di una revisione delle strategie di mitigazione dei problemi ambientali e di quelli legati all’esaurimento delle risorse che superi la centralità attualmente attribuita alla “strategia dell’efficienza”.
dott. Osman Arrobbio, Ricercatore presso il Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali – Università di Parma
Bibliografia
– Latini Gianni, Bagliani Marco, & Orusa Tommaso. (2020). Lessico e nuvole: le parole del cambiamento climatico – II ed., Università di Torino. Zenodo. http://doi.org/10.5281/zenodo.4276945
– Herman E. Daly “Steady-State Economics: With New Essays”, Island Press, Washington 1991. (Traduzione italiana della prima versione: Lo stato stazionario: l’economia dell’equilibrio biofisico e della crescita morale, Sansoni, Firenze, 1981).
– Thomas PRINCEN, “The Logic of Sufficiency”, MIT press, Cambridge (MA) e Londra, 2005.
– Arrobbio O., Padovan D., (2018) “A vicious tenacity: the efficiency strategy confronted with the rebound effect”. Frontiers in Energy Research 6, 114 – Hertwich E. G., (2005) “Consumption and the rebound effect: an industrial ecology perspective”. Journal of Industrial Ecology 9(1–2), pp. 85–98.
– Jevons W. S., (1865) “The coal question: an inquiry concerning the Progress of the nation, and the probable exhaustion of our coal-mines”. The Macmillan Company, London.
– Santarius T., Walnum H.J., Aall C. (2016) “Rethinking climate and energy policies. New perspectives on the rebound phenomenon”. Springer, New York.