La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia di Lussemburgo per due gravi e pluriennali violazioni ambientali relative all’inquinamento dell’aria e allo smaltimento delle acque di scarico. Una decisione che va ad aggiungersi a una lista di sentenze e procedure ancora aperte nei confronti del nostro Paese, sul fronte delle tematiche ambientali.
Incluse nell’elenco, contestazioni derivanti dal trattamento dei rifiuti, dalle discariche abusive, dai livelli di smog nelle città e dalla poca attenzione rivolta alla qualità della vita e della salute dei cittadini.
Le inadempienze italiane
In questa occasione, l’attenzione dei commissari Ue si è focalizzata, in primo luogo, sulla ripetuta violazione da parte dell’Italia dei limiti di biossido di azoto (NO2) in dieci aree abitate da “circa sette milioni” di persone.
Nelle zone identificate non sarebbe stata applicata la direttiva europea 2008/50, a cui il nostro Paese avrebbe dovuto adeguarsi entro il 2010. I limiti di biossido di azoto da non superare sono due: uno annuale (40 microgrammi per metro cubo) e l’altro orario (200 microgrammi per metro cubo, da non oltrepassare per più di 18 giorni l’anno).
Nel centro del mirino, i grandi agglomerati urbani del nord: Milano, Torino, Brescia e Bergamo. Ma la Commissione punta il dito sulla Pianura Padana in generale e anche su altre città come Roma, Genova, Firenze, Campobasso e Catania. Nell’appello sono incluse anche la costa toscana e alcune aree industriali siciliane.
La seconda contestazione riguarda il mancato rispetto delle norme comunitarie sul trattamento delle acque di scarico in oltre 700 agglomerati e 30 aree sensibili dal punto di vista ambientale, con più di 2mila abitanti. A finire sotto accusa per l’inadeguatezza dei sistemi fognari e di depurazione sono ben sedici regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto.
Non è la prima volta che l’Italia è al centro dell’interesse di Bruxelles per violazioni del genere, che sono costate al Bel Paese il pagamento di sanzioni milionarie. Risale alla fine di maggio 2018, la sentenza con cui la Corte di giustizia europea ha stabilito che l’Italia non ha attuato il diritto dell’Unione in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane. Una sentenza che ha visto attribuire al nostro Paese una sanzione da 25 milioni di euro, più altri 30 ogni sei mesi di inadempienza.
Il commento dell’esperto di Legambiente
Commentando l’accaduto, in un’intervista concessa a TG2000, Andrea Minutolo, Coordinatore dell’Ufficio Scientifico Legambiente, ha dichiarato: “Non è una novità, ce lo aspettavamo. Sul piano dell’inquinamento atmosferico e della depurazione, l’Italia ha diversi precedenti di infrazioni a carico: quattro per la depurazione, due per l’inquinamento atmosferico e nei prossimi anni ne attendiamo ulteriori. Per uscire dall’emergenza inquinamento atmosferico, dobbiamo effettuare un intervento strutturale e multidisciplinare, intervenendo su traffico, riscaldamento e industrie. Per quanto riguarda, invece, la depurazione, bisognerebbe avere la volontà politica di stanziare dei soldi, per migliorare, integrare e sviluppare meglio quelli che sono gli attuali impianti di depurazione. Il governo negli ultimi anni” – prosegue l’esperto, “ha stanziato 90 milioni di Euro per uscire dall’emergenza fognaria dei reflui da qui al 2023 . Se esiste la volontà politica, si potrebbe riuscire nei prossimi due o tre anni a superare l’emergenza, con benefici per l’ambiente e per il turismo. Perché una cattiva qualità delle acque, ovviamente, ha delle ripercussioni anche su questo settore.”
Restiamo in attesa dei futuri sviluppi, sperando che conducano a risultati positivi nel più breve tempo possibile. Per il bene dell’ambiente e della salute stessa di tutti i cittadini italiani.