Salvia divinorum: caratteristiche e proprietà
La Salvia divinorum non è la solita salvia che siamo abituati a utilizzare in cucina, questa è una pianta che contiene una sostanza psicoattiva naturale e non una qualsiasi ma una di quelle più potenti ad oggi note.
Salvia divinorum: caratteristiche
Originaria del Messico, particolarmente diffusa in alcune regioni come quelle di Oaxaca e della Sierra Mazateca, questa pianta è ritenuta sacra alla Madonna. Nella lingua ispano-mazateca viene chiamata “foglie di Maria la pastora” che, in lingua originale suona come “ska Maria pastora”. Il nome di “Salvia” deriva dal latino “salvus” che significa sano, salvo, oppure da “salus” che significa salute, perché la salvia ha parecchie proprietà utili per la nostra salute. Il termine “divinorum”, sempre in latino, significa “del veggente” e ci ricorda che gli indigeni Mazatechi utilizzano le sue foglie per i loro riti da parecchi secoli.
A prima vista non c’è molta differenza tra la salvia “classica” e questa pianta più particolare, è facile confondersi. Entrambe di fatto appartengono alla stessa famiglia, quella delle Lamiaceae, e perfino allo stesso genere della Salvia officinalis, nome con cui viene indicata la salvia comune.
La differenza tra questi due tipi di Salvia non è quindi da percepire dal punto di vista estetico, sta tutta nella presenza, o meno, di quella sostanza psicoattiva che possiamo senza alcun timore di esagerare definire anche allucinogena.
Salvia divinorum: proprietà
La Salvia divinorum, con il suo aspetto molto simile a quello della salvia da cucina, produce un fiore che assume il colore bianco appena spunta, mentre con il tempo diventa blu. Per riprodurre questa pianta, è necessario utilizzare le sue talee perché i suoi semi hanno una bassissima germinabilità. Tutte le specie ad oggi diffuse nel mondo sono tutte derivanti dalla talea raccolta da Hoffman e Wasson e di cui a breve parleremo.
Sono in corso ancora degli studi per capire se la Salvia Divinorum sia un ibrido o una specie da considerare a parte. Molti studi vengono effettuati anche sugli effetti che questa pianta ha sull’essere umano quando la si assume. Le modalità per farlo sono diverse: possiamo fumarla pura o mischiata al tabacco in apposite pipe, oppure arrotolarla come fosse una sigaretta. C’è anche chi arriva a separare il principio attivo dalle foglie utilizzando l’acetone, per poi farlo evaporare. C’è da tenere conto che quando si assume in modo sublinguale la salvinorina A in acetone e DMSO, l’effetto è più potente che mai. Passiamo agli effetti possibili, una volta assunta la Salvia divinorum.
Ciò che si racconta è che quando la si consuma si sperimenta una sensazione di separazione totale tra corpo e spirito, si può perdere la coscienza e anche le percezioni sensoriali. Ogni soggetto può percepire degli effetti diversi, a seconda della propria sensibilità e del proprio stato di salute, ma in generale questi sembrerebbero gli effetti più comuni. Alcune persone dopo aver sperimentato questa pianta, hanno riferito di aver rivissuto alcuni particolari momenti del passato, altri ancora hanno parlato di “perdita della propria identità e dell’identità del proprio corpo” perché hanno avuto l’impressione di essere catapultati in più luoghi e soprattutto si sono visti dall’esterno, come ripresi da una telecamera.
Ciascuno la può pensare come vuole, su questi effetti, certo sono molto forti e possono sconvolgere la persona che li sperimenta. Durano massimo una mezzora ma possono anche spaventare e turbare.
Salvia Divinorum: storia
Fin dall’antichità questa salvia allucinogena è stata utilizzata da popolazioni come gli Indios Mazatechi che abitano in Messico, nella regione di Oaxacaa. Assieme ad altre piante o funghi allucinogeni la usavano per riti religiosi di divinazione e di cura. Molte anche le comunità sciamaniche che usavano questa pianta per cercare di entrare in contatto con le divinità. Come si procedeva, ai tempi? Si prendevano delle foglie fresche con cui si preparavano dei piccoli bocconi da masticare, così facendo dopo un po’ di tempo cominciavano le visioni. In alternativa era possibile anche spremere le foglie e bere il succo così ottenuto.
Le principali ragioni per cui si faceva uso di questa Salvia, ai tempi, riguardavano non certo la voglia di “sballo” ma per avere delle visioni in merito ad esempio alle cause di una certa malattia oppure all’autore di un crimine, oppure ancora per ritrovare degli oggetti smarriti.
Il primo a scrivere di questa pianta rendendola nota al mondo, è stato l’etnografo J. B. Johnson. Nel 1939 la descrisse chiamandola hierba María e raccontando che gli sciamani mazatechi la usavano per scopi divinatori assieme a funghi e ai semi di altre piante dai simili effetti.
Si sente ancora parlare di Salvia Divinorum nel 1952 negli scritti di Roberto J. Weitlaner ma a dare una svolta fu lo studioso di riti sciamanici Gordon Wasson che, assieme a Hoffman nel 1961 riuscì finalmente a identificare la pianta come una specie del genere Salvia. Il principio attivo, però, fu identificato parecchio tempo dopo, oggi sappiamo che è il salvinorin A
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Pubblicato da Marta Abbà il 7 Febbraio 2019