Rocce sedimentarie: quali sono ed esempi
Rocce sedimentarie, così chiamate perché formate dall’accumulo di sedimenti, appunto, gli uni sugli altri, decennio dopo decennio, anzi, secolo dopo secolo. La categoria è ampia e vi troviamo all’interno rocce che possono sembrare anche molto diverse. Effettivamente lo sono, ma hanno questa caratteristica in comune legata alla loro origine.
Rocce sedimentarie: quali sono
Sono rocce formate dall’accumulo di sedimenti di varia origine. Nella maggior parte dei casi, per quanto finora osservato, i sedimenti derivano da fenomeni di degradazione e di erosione di rocce preesistenti che si sono depositati sulla superficie terrestre.
Diciamo “sedimenti” e rocce “sedimentarie” prendendo spunto dalla terminologia latina in cui “sedere” significa depositarsi. Queste rocce sedimentarie sono frutto di un processo sedimentario che prevede una serie di fenomeni tra cui l’erosione da parte degli agenti esogeni, il trasporto da parte di fluidi, la sedimentazione in vari ambienti come quello marino, oppure continentale o misto. La fase finale del processo è la diagenesi.
Rocce sedimentarie: esempi
Prima di andare a conoscere le categorie delle rocce sedimentarie vediamo quali potremmo già conoscere. C’è la marna, che è una particolare roccia sedimentaria organogenica, e poi ci sono le evaporiti tra cui il gesso e il salgemma.
Alla base delle rocce sedimentarie ci sono fenomeni fisici e chimici. Quelli chimici nella maggior parte dei casi, sono causati dall’interazione tra parti di roccia e acqua con le sostanze in essa disciolte. E’ ciò che accade con rocce chimiche sedimentarie formate da detriti di piccole dimensioni, un esempio sono le rocce carbonatiche che si dissolvono per effetto dell’acqua che ha elevate percentuali di anidride carbonica.
Quando le rocce sedimentarie sono legate a processi fisici, si parla soprattutto di quelli che generano fratture nell’ammasso roccioso originario a causa ad esempio dell’erosione della roccia. Altri processi che possono essere alla base dell’esistenza di rocce sedimentarie sono quello che vede l’acqua infiltrarsi nelle fessure e poi congelare ingrandendo le fratture e disgregando la roccia circostante. Questo fenomeno prende il nome di crioclastismo. Se siamo in una zona con clima molto caldo, l’elevata temperatura può facilitare il processo di disgregazione e si parla di termoclastismo
Rocce sedimentarie: classificazione
La sedimentologia, disciplina di studio e ricerca sulle rocce sedimentarie, ha identificato tre principali categorie: quelle organogene, quelle chimiche e quelle clastiche.
Rocce sedimentarie organogene
In questo caso a depositarsi l’uno sull’altro per poi cementificare, sono frammenti di esoscheletri di organismi con guscio carbonatico o siliceo. Questo accade più spesso sui fondali marini dei mari profondi ma anche sugli “ex fondali” che sono coperti da uno strato di gusci di organismi planctonici microscopici che formano quasi un fango quelli che a tutti gli effetti è all’origine di rocce come calcari pelagici, radiolariti e diatomiti.
Una frazione organogena c’è anche nella marna, roccia sedimentaria diffusa nelle serie stratigrafiche sia alpine che appenniniche. Oltre alla frazione calcarea, organogena, contiene anche una frazione argillosa, quindi clastica.
Rocce sedimentarie clastiche
Questa categoria di rocce è caratterizzata dalla presenza di frammenti di altre rocce (clasti) che sono stati trasportati dal luogo di formazione, modificati e depositati. Esistono delle sottocategorie basate sulle granulometria dei clasti, ci sono i conglomerati, e via via per clasti sempre più piccoli, troviamo le arenarie, le siltiti e le argilliti.
Rocce sedimentarie chimiche
La terza e ultima macro categoria di rocce sedimentarie è quella delle rocce formate a seguito della deposizione sul fondo di sali o altri composti chimici disciolti e contenuti nelle acque marine. Si tratta di Sali che precipitano quando, con l’evaporazione, la loro concentrazione nell’acqua marina aumenta. Tra le rocce chimiche troviamo il gesso e il salgemma, i travertini, gli alabastri calcarei.
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Pubblicato da Marta Abbà il 24 Febbraio 2018