Rischio sismico in Italia: mappa
Il rischio sismico in Italia è purtroppo elevato su un’ampia porzione del nostro territorio. Ma diminuire il rischio di crolli è possibile, costruendo nel rispetto delle leggi e avvalendosi delle moderne tecnologie antisismiche.
Rischio sismico: che cosa significa
Il rischio sismico è definito come la probabilità che in un determinato territorio e all’interno di un certo lasso di tempo si manifestino eventi sismici di entità uguale o superiore a un livello medio.
In Italia, l’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV), costituito nel 1999, ha l’incarico di raccogliere il un unico polo di eccellenza le principali realtà scientifiche nazionali nei settori della geofisica e della vulcanologia e in particolare le risorse di cinque istituti operanti nell’ambito delle discipline geofisiche e vulcanologiche:
- l’Istituto Nazionale di Geofisica;
- l’Osservatorio Vesuviano;
- l’Istituto Internazionale di Vulcanologia;
- l’Istituto di Geochimica dei Fluidi;
- l’Istituto per la Ricerca sul Rischio Sismico.
L’INGV ha la missione di monitorare i fenomeni geofisici del nostro territorio nazionale, raccogliendo i dati forniti da una rete di strumentazione estremamente avanzata che confluiscono nelle sale operative di Roma, Napoli e Catania dove esperti e ricercatori specializzati, presenti 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, li analizzano e valutano possibili rischi.
Rischio sismico in Italia: la mappa interattiva dell’INGV
Nel 2004 l’INGV ha elaborato una mappa della pericolosità sismica che mostra il rischio associato alle varie zone del territorio italiano, evidenziandole con colori diversi.
Il colore grigio chiaro indica zone con rischio moderato, il colore viola indica zone con rischio elevato. Il rischio cresce passando dal grigio all’azzurro, al blu, al verde, al giallo, all’arancione, al rosso fino ad arrivare al viola.
I valori che definiscono le diverse fasce di rischio sismico si riferiscono all’accelerazione massima attesa su suolo rigido rispetto all’accelerazione di gravità (g) con una probabilità di superamento di questo valore del 10% in 50 anni.
Per una visione migliore di singole zone potete visualizzare la mappa a schermo intero in una nuova finestra del vostro browser cliccando su questo link.
Dalla mappa è così possibile capire che la regione con il più basso rischio di eventi sismici è la Sardegna mentre i rischi più elevati sono attesi in Calabria, Sicilia sud-orientale, Friuli-Venezia Giulia e lungo tutto l’Appennino centro-meridionale, con accelerazioni del suolo superiori a 0.225 g.
Un rischio medio è invece associato alla Penisola Salentina, alla costa tirrenica tra Toscana e Lazio, in Liguria, nella parte centro-orientale della Pianura Padana e lungo l’intero arco delle Alpi.
Mappa pericolosità sismica dell’INGV: come è stata realizzata
La mappa della pericolosità sismica del territorio italiano è stata realizzata ponderando e aggregando diversi dati partendo dall’analisi dei terremoti del passato, considerando le informazioni geologiche disponibili e interpretando in base alle attuali conoscenze scientifiche la modalità con cui le onde sismiche si propagano dall’ipocentro di un terremoto all’area circostante.
Dal confronto di questi dati si determinano i valori di scuotimento del terreno in un dato luogo provocati da un terremoto, espressi in termini di accelerazione massima orizzontale del suolo rispetto all’accelerazione di gravità (g).
Costruire con criteri antisismici: il modo più efficace per limitare i danni del terremoto
Le moderne tecniche di costruzione consentono di creare edifici capaci di resistere a scosse sismiche di elevata entità: costruire rispettando i più rigidi criteri antisismici comporta però costi maggiori e nel caso del nostro Paese implicherebbe dover abbattere un elevato numero di edifici di elevato valore storico e architettonico creati nel passato quando le moderne tecnologie non erano ancora disponibili.
Trasformare gli edifici già esistenti nel nostro paese per renderli resistenti ai terremoti non è quindi per nulla semplice ma allo stesso modo deve diventare un obbligo irrinunciabile che tutte le nuove costruzioni si avvalgano delle tecnologie più moderne per ridurre drasticamente il rischio sismico.
Uno degli Stati più avanzati nell’applicazione dei criteri antisismici negli edifici è il Giappone, proprio per l’elevatissimo rischio sismico a cui è soggetto. Altra area della terra ad elevato rischio sismico è la California e per maggior precisione tutto il territorio situato in corrispondenza della faglia di Sant’Andrea che ha dato spunto anche per realizzare film del genere “apocalittico” in cui un terremoto di elevata magnitudine provoca un maremoto con onde gigantesche e devastanti.
Rischio sismico associato a maremoto o tsunami
Il rischio sismico nelle varie zone del mondo dovrebbe anche considerare le conseguenze di un maremoto (tsunami) generato da un terremoto con epicentro al largo della costa, come quelli avvenuti in Indonesia e Thailandia nel 2004 o come quello avvenuto più recentemente in Giappone, nel 2011, che ha determinato a sua volta un rischio nucleare, avendo lo tsunami colpito il reattore nucleare presente a Fukushima.
Gli tsunami sono più probabili sulle coste affacciate su oceani e in particolare sulle coste dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Pacifico perché l’onda generata al largo dal terremoto si può propagare e potenziare percorrendo svariate centinaia o addirittura migliaia di chilometri.
Il rischio maremoto è però presente anche per le coste del Mediterraneo: l’ultimo maremoto si è registrato il 28 dicembre 1908 ed è stato generato dal devastante terremoto con epicentro nello stretto di Messina, con magnitudo 7.2.
Ancor più devastante secondo gli studiosi è stato il maremoto verificatosi il 21 luglio del 365 d.C. a seguito del terremoto con magnitudo 8.5 ed epicentro nei pressi dell’isola di Creta: onde gigantesche colpirono le coste di Italia, Grecia ed Egitto causando migliaia di morti.
I ricercatori sono quindi impegnati anche nell’analisi di dati per valutare il rischio associato a un possibile maremoto, così da provare a mettere in campo misure preventive.
Prevedere i terremoti è possibile?
La risposta dell’INGV e dei sismologi di tutto il mondo è piuttosto netta: NO, a oggi, con le attuali conoscenze non è possibile prevedere con certezza quando e dove si potrà verificare un terremoto.
La stessa INGV identifica però “possibili segnali anticipatori”, definiti “precursori sismici” come la variazione inconsueta della velocità delle onde sismiche, la variazioni nel contenuto di gas radon nelle acque di pozzi profondi, i mutamenti nel livello delle acque di fiumi e di laghi e i movimenti crostali.
Purtroppo questi “precursori” non sono però, a oggi, in grado di fornirci informazioni affidabili e precise tali da poter lanciare un allarme o un evacuazione preventiva.
La scienza deve ancora fare progressi nella sismologia. Oggi l’unico modo di “limitare danni e lutti” resta quello di prevenire, costruendo edifici che rispettino i più rigidi criteri antisismici utilizzando le tecnologie più moderne, soprattutto nelle zone più a rischio che mappe come quella realizzata dall’INGV sono capaci di identificare.
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Sito ufficiale dell’INGV per maggiori informazioni: http://istituto.ingv.it/
Sito ufficiale realizzato dalla protezione civile in cui è possibile leggere informazioni e buone pratiche in relazione a terremoti, maremoti e alluvioni: http://iononrischio.protezionecivile.it/
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Pubblicato da Matteo Di Felice, Imprenditore e Managing Director di IdeeGreen.it, Istruttore di corsa RunTrainer e Mental Coach CSEN certificato, Istruttore Divulgativo Federazione Scacchi Italiana e appassionato di Sostenibilità, il 25 Agosto 2016