Rischio idrogeologico: assieme a quello sismico e a quello vulcanico, è da ritenersi uno dei maggiori rischi ambientali connessi alle attività umane. Dal nome, che richiama l’acqua, potrebbe far meno paura, e invece abbiamo tutte le ragioni per stare in guardia da questa categoria. Lo vedremo dai numeri aggiornati, grazie a report di Legambiente, e tornando con la mente a numerosi episodi a cui abbiamo assistito, in Italia e nel mondo.
Rischio Idrogeologico: definizione
Il rischio idrogeologico si traduce nella pratica nell’aumento di frane e smottamenti causati dall’erosione del terreno o da esondazioni, eventi che solitamente ci aspettiamo quando si verificano condizioni meteorologiche anomali o estrembe. Una alluvione, ad esempio. Piogge a non finire, magari dopo un lungo periodo senza che sia caduta una goccia dal cielo.
Più tecnicamente, quasi matematicamente parlando, il rischio idrogeologico viene definito come il prodotto tra la probabilità che accada un evento idrogeologico come una alluvione o una frana, quindi definito “avverso”, e i danni ambientali potenziali su popolazione e infrastrutture che possono derivare da questo evento.
Ci sono tanti esempi di rischio idrogeologico, purtroppo. Può essere ad esempio il rischio derivante da versanti instabili per motivi geologici e geomorfologici. Oppure possono essere i fiumi e i corsi d’acqua in generale a dar vita al rischio idrogeologico quando “reagiscono male” a piogge esagerate.
Negli ultimi anni abbiamo l’imbarazzo della scelta per entrambi i casi che ho citato, basta fare mente locale e fiumi che esondano e tratti di montagne che franano hanno “fatto titolo” sui quotidiani con tanto di danni a noi, alle nostre case, a tutte le attività produttive che si erano instaurate in un territorio a rischio idrogeologico. Consapevoli o meno, quando accade, la catastrofe, accade, e solitamente è democratica, o per lo meno, causale, nello scegliere le proprie vittime.
Fatto è che se continuiamo a creare le condizioni per aumentare il rischio idrogeologico sul nostro territorio, popolazione -cioè noi – servizi e attività saranno sempre più minacciate da eventi magari imprevedibili, calendario alla mano, ma certamente evitabili. Magari non con certezza, evitabili, ma possiamo impegnarci perché siano sempre meno probabili. Potremmo, potremo, perché per ora, sembra che il nostro Paese ami giocare “col fuoco” in tal senso. Detta così, sembra una contraddizione, dato che di rischio idrogeologico si tratta, ma i dati che seguono mi danno ragione.
Rischio idrogeologico in Italia
L’Italia nel 2015 ha pagato caro il suo continuo esporsi al rischio idrogeologico, ne possiamo infatti vedere gli effetti disastrosi nei numeri, indiscutibili, che Legambiente riporta nel suo rapporto “Ecosistema a rischio” recentemente presentato. C’è da tremare, anche se non si tratta di rischio sismico. Ad eventi che ci sono piombati addosso dal cielo, quali grandi piogge e meteo avverso, si sono sommate altre cause su cui abbiamo grande spazio di manovra.
La quasi assenza di azioni da parte delle amministrazioni pubbliche, come spiega Legambiente, ma anche la mancanza di fondi dedicati a contrastare il rischio idrogeologico, un problema che l’Italia sembra a volte non voler vedere. Infatti politiche lungimiranti, in tal senso… non pervenute. Tolte virtuose eccezioni estremamente confinate che non saltano agli occhi nei grandi numeri.
Nel 2015 eventi disastrosi legati al rischio idrogeologico hanno causato 18 morti, 1 disperso e 25 feriti, ma non solo. Vive e vegete, ma sono state ben 3.694 le persone evacuate o che sono rimaste senza una casa e con tutto “spazzato via” da frane o alluvioni. Da Nord a Sud, a pagare le conseguenze del nostro esporci imprudente al rischio idrogeologico sono stati 56 province, 115 comuni e 133 località.
Il 2015 è finito, i conti sono chiusi, ma oggi giorno, ogni giorno, mentre stiamo leggendo queste righe, scorrendo numeri che spesso non hanno la potenza di comunicare la drammaticità della situazione, ci sono ben 7 milioni di persone che sul suolo italiano sono in pericolo a causa del rischio idrogeologico che aleggia. Frane o alluvioni in agguato e, conciato come è in molte zone il nostro territorio, è un attimo il trovarsi a conteggiare vite perse e danni irreparabili.
Nel 2016 cosa possiamo aspettarci? E’ lecito chiederselo, giunti quasi a metà anno, e giusto sperare che il 2015 così triste possa averci insegnato qualcosa. Chi spera, mi trova d’accordo e anche i dati al momento avvalorano questa visione ottimistica. Infatti l’80% dei comuni intervistati da Legambiente risulta aver redatto piani urbanistici che hanno recepito le perimetrazione delle zone esposte a maggiore pericolo. Questo non toglie che ci siano ancora zone dove il costruir selvaggio fa aumentare il rischio idrogeologico a cui siamo sottoposti, noi.
Zone a rischio idrogeologico
In Italia non sono poche e non sono poco note le aree ad alto rischio idrogeologico. Campania, Calabria, Piemonte, Sicilia, Liguria sono quelle che risultano più colpite da fenomeno legati a questo rischio. Per varie ragioni, non c’è una regola, purtroppo, ma una serie di concause, connesse tra loro in modo complicato, ma vale la pena ed è doveroso cercare di indagare almeno in parte i meccanismi che trasformano il rischio idrogeologico, una probabilità, in brutte certezze.
A volte alla base c’è la natura del territorio, quindi il rischio idrogeologico risulta strettamente dipendente dalla geologia e geomorfologia dei terreni e dei pendii. Penso alla Liguria, ma non è affatto un caso unico. In molte altre zone però, c’è lo zampino dell’uomo.
Eccome se c’è e, più che zampino, ci sono la gru e il mattone messi dall’uomo che, con tutto il suo impegno, sentendosi coscientemente immune dal rischio idrogeologico, ha costruito strade, ponti, ferrovie, case andando a modificare il territorio. Che c’è di male? C’è che in alcuni casi, il nostro intervento ha fatto schizzare alle stelle il rischio idrogeologico rendendo pericolose aree che da sempre non mostravano problemi di sorta anche con alluvioni in atto.
Non sono solo le infrastrutture fuori luogo o mal inserite nel territorio renderci responsabili di molte delle vittime del rischio idrogeologico, siamo coinvolti anche per la deforestazione e ogni volta che cambiamo la destinazione d’uso di un terreno senza pianificare bene né valutare la correlazione con fenomeni meteorologici avversi.
Possiamo anche accusare il clima “matto”, e raccontare che ci sono fenomeni anomali, sbandierare titoli di giornale che parlano del mese più piovo da sempre, dell’estate più calda degli ultimi tot anni, e così via. Fatto sta che, nella realtà dei fatti, noi siamo tra i peggiori nemici di noi stessi, in merito al rischio idrogeologico.
Rischio idrogeologico: mappa
Ben compreso che si può e si deve fare di più per limitare il rischio idrogeologico in Italia, ma che esistono elementi che lo rendono alto e che non possiamo controllare, ecco una utile mappa. Al di là delle responsabilità umane e non, ciò che poi è all’origine delle vittime e dei danni, è il mix di tutti i fattori.
Fattori che producono una situazione migliorabile. Chi non si accontenta di osservare la mappa e desidera approfondire può navigare in tutta sicurezza nel sito del CNR dedicato al rischio idrogeologico in Italia.
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