Rifiuti e cambiamenti climatici
“Rifiuti e cambiamenti climatici” è il nuovo articolo frutto della collaborazione tra la Sezione Valorizzazione della Ricerca e Public Engagement – Agorà Scienza – e dal Green Office UniToGO dell’Università di Torino con la IdeeGreen S.r.l. Società Benefit.
L’articolo riprende i testi del prof. Riccardo Beltramo, della dott.ssa Silvia Mollo e del dott. Roberto Cavallo pubblicati nell’opera “Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico”, la seconda edizione della guida linguistica e scientifica per orientarsi nelle più urgenti questioni relative al riscaldamento globale, curata dalla Sezione e dal Green Office.
La versione gratuita di Lessico e Nuvole, sotto forma di file in formato .pdf, è scaricabile dalla piattaforma zenodo.org.
La versione cartacea e l’eBook sono acquistabili online sulle seguenti piattaforme di distribuzione:
– Amazon
– Mondadori (anche con Carta del Docente e 18app)
– IBS
– Libreria Universitaria (anche con Carta del Docente e 18app)
Tutto il ricavato delle versioni a pagamento sarà utilizzato dall’Università di Torino per finanziare progetti di ricerca e di public engagement sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.
Significato del termine rifiuto e classificazione
Il termine rifiuto si riferisce a qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi, o abbia l’intenzione o l’obbligo di farlo. Coincide con la fase dello scarto della materia, che può essere solida o liquida, derivata da un processo domestico, agricolo o industriale.
I rifiuti vengono classificati in rifiuti urbani e rifiuti speciali in base all’attività di origine, e in rifiuti pericolosi e non pericolosi secondo la tipologia. I rifiuti urbani sono generalmente quelli domestici provenienti da abitazioni, pulitura di strade, aree verdi e aree cimiteriali e provenienti da luoghi diversi da quelli abitativi, purché non pericolosi. I rifiuti speciali invece si riferiscono a quelli originati da attività produttive – quali agricoltura, industria, commercio e artigianato – e di servizio, come trasporti e ospedali.
La produzione di rifiuti è strettamente legata a popolazione, urbanizzazione e ricchezza. Infatti, all’aumentare della popolazione e del tasso di urbanizzazione e di sviluppo economico, cresce la generazione di rifiuti, dipendente da un incremento nel consumo di beni e servizi. Le municipalità investite da un aumento di questi fattori incontreranno sfide significative nella raccolta, riciclo, trattamento e smaltimento delle quantità crescenti di rifiuti solidi e acque reflue.
Inoltre, il modello socioeconomico ha ricadute significative sul quantitativo di rifiuti prodotti da una certa comunità. Nell’economia lineare, nella quale le imprese producono mentre i consumatori utilizzano e smaltiscono, le fasi di produzione-consumo-smaltimento sono poste in successione, con la conseguenza che ogni prodotto è destinato ad arrivare a fine vita, determinando un alto grado di perdita di risorse. Altri modelli, come l’economia circolare, pongono invece l’attenzione su riutilizzo, rinnovo e riciclo di materiali e prodotti esistenti, generando la possibilità per il rifiuto di trasformarsi in risorsa.
La gestione dei rifiuti ha diversi impatti sulla qualità dell’aria e, in parte, sui cambiamenti climatici. In relazione alla natura dei rifiuti e ai sistemi di smaltimento finale, gli impatti sulla qualità dell’aria si possono manifestare attraverso vari gas e particolati. La componente principale del legame tra rifiuti urbani (o organici o umidi) e cambiamento climatico è quella riferita al metano (CH4) in discarica. Come vedremo di seguito in maggior dettaglio, anche il processo di termovalorizzazione di alcuni rifiuti richiede attenzione, poiché provoca emissioni di diossido di carbonio (CO2).
Vi sono poi altre componenti gassose in quantità inferiori, ma con un elevato livello di pericolosità per gli esseri viventi e quindi occorre che gli impianti siano dotati di sistemi di abbattimento ben dimensionati ed efficaci. È importante considerare che le emissioni di gas serra hanno effetti verificabili anche diversi decenni dopo lo smaltimento, registrando uno scostamento temporale significativo. A tal proposito, uno strumento importante è rappresentato dal Potenziale di Riscaldamento Globale (Global Warming Potential – GWP), che misura, differenziando per intervalli temporali, quanto una molecola di un certo gas a effetto serra contribuisce all’effetto serra, in rapporto al diossido di carbonio.
Attualmente, le pratiche di gestione dei rifiuti possono fornire un’efficace mitigazione delle emissioni: infatti, è disponibile un’ampia gamma di tecnologie per ridurre la compromissione di salute pubblica, tenendo conto di protezione ambientale e sviluppo sostenibile. Tra queste si distinguono in primo luogo tecnologie che riducono direttamente l’emissione di gas a effetto serra (attraverso il recupero di gas e il miglioramento delle pratiche in discarica e nella gestione delle acque reflue), e che ne evitano una generazione significativa (attraverso il compostaggio controllato dei rifiuti organici o l’incenerimento). In secondo luogo, vi sono una serie di misure che riducono indirettamente l’emissione di gas a effetto serra, quali la riduzione dei rifiuti, il riciclo e il riutilizzo, contribuendo alla conservazione di materie prime, al miglioramento dell’efficienza energetica e delle risorse e all’eliminazione dei combustibili fossili. L’analisi del ciclo di vita (LCA) rappresenta uno strumento essenziale per considerare sia gli impatti diretti che indiretti di tecnologie e politiche della gestione dei rifiuti.
I rifiuti come risultato di un processo di consumo
I rifiuti sono il risultato di un processo di consumo. Ogni processo, naturale o artificiale che sia, produce rifiuti. Ogni trasformazione consuma materie prime ed energia e produce emissioni e scarti. La natura, nei suoi processi evolutivi ha perfezionato, e perfeziona, i propri cicli, in modo che gli scarti di un processo diventino input per un altro ciclo. In questo quadro, la comparsa della specie umana ha accelerato lo sviluppo di nuovi cicli e il conseguente accumulo di scarti che la natura non è ancora in grado di metabolizzare in tempi compatibili con la generazione degli scarti stessi. Questa accelerazione porta con sé modificazioni altrettanto rapide, ad esempio l’accumulo di gas serra climalteranti, come il diossido di carbonio (CO2), metano (CH4), monossido di diazoto (N2O) o biossido di zolfo (SO2), solo per fare qualche esempio.
L’impatto dei rifiuti sul clima
I primi studi dell’impatto del trattamento rifiuti sul cambiamento climatico risalgono alla fine del millennio scorso, a cavallo dell’anno 2000.
Le analisi condotte con i primi studi mettevano in comparazione i sistemi di trattamento. In particolare, erano gli anni in cui si incominciava a captare il biogas da discarica (LFG) con sistemi più efficienti e i sistemi di incenerimento recuperavano il calore per la produzione di energia elettrica e l’alimentazione di reti di teleriscaldamento.
Oggi, nonostante le tecnologie più avanzate e le cosiddette Best Available Technologies (BAT), basate su isolamento del fondo delle discariche e captazione del biogas con sistemi a depressione, le emissioni globali dalle discariche dovrebbero aumentare da 340 Tg CO2e stimate nel 1990 a 1500 Tg CO2e entro il 2030 e a 2900 Tg CO2e entro il 2050 (l’unità di misura di 1 Tg CO2e significa: Teragrammi di diossido di carbonio equivalente – CO2e – , ovvero 1×1015 grammi = 1 milione di tonnellate di gas serra, parametrizzati al diossido di carbonio – N.d.C.).
Le riduzioni di emissioni più significative si avrebbero con un aumento dell’intercettazione dei gas da discarica, pari al 15% annuo in tutti i paesi. Se è vero che da un lato il recupero di LFG e l’incenerimento dei rifiuti possono sostituire altri combustibili per la produzione di elettricità, come carbone o metano, stimando così risparmi di emissioni, occorre anche considerare che i gas da discarica sono di origine biogenica e dunque la loro combustione non emette altro CO2 “fossile”, ovvero estratta da giacimenti.
I risparmi di emissioni stimati sarebbero del 12% al 2050 rispetto alle emissioni complessive delle discariche senza recupero energetico.
Tali risparmi scendono nel caso dell’incenerimento, sia per la relativamente bassa efficienza del processo, sia perché nel corso della combustione vengono bruciati anche rifiuti di origine fossile, come le plastiche.
Il tutto considerando che, secondo la maggior parte dei ricercatori, il recupero di energia nell’incenerimento dei rifiuti o nel recupero di LFG non è molto significativo per l’economia energetica globale nel prossimo futuro.
I benefici ambientali del riciclaggio
Alla luce di questi risultati sono andati intensificandosi studi sui benefici ambientali, anche in termini di emissioni evitate, del recupero di materia o riciclaggio e, ancor più recentemente, sull’efficacia di azioni di prevenzione nella produzione dei rifiuti (si veda la figura qui sotto relativa alla produzione annua, per abitante).
È stato dimostrato che grazie al riciclaggio e al compostaggio le emissioni di gas serra nell’atmosfera sono minori se comparate con quelle dovute ai rifiuti smaltiti in discarica. Queste diminuzioni variano da 260 a 470 kg di CO2e per tonnellata di rifiuti.
L’agenzia di protezione per l’ambiente statunitense, l’EPA, stima che un semplice incremento della raccolta differenziata e riciclo dal 30 al 35% su base nazionale negli Stati Uniti significa ridurre l’emissione di gas a effetto serra di 10 milioni di tonnellate di diossido di carbonio equivalente.
L’Unione Province Italiane, in un suo documento sui cambiamenti climatici, presentato alla Commissione Ambiente della Camera, sostiene che “ogni incremento del 10% della quota di riciclo, su base nazionale, equivale all’incirca al 15% dell’obiettivo di riduzione aggiuntivo dell’Italia (41 milioni di tonnellate)”.
Lo studio di COMIECO
In uno studio realizzato da COMIECO, il consorzio che in Italia si occupa di avvio al riciclo degli imballaggi a base cellulosica, il riciclo di una tonnellata di carta, assumendo i valori ponderati tra carte grafiche e cartone, evita 210 kg CO2e per tonnellata di carta come differenza tra le emissioni generate per la produzione di carta da fibre di riciclo e le emissioni evitate dalla produzione con fibre vergini. A queste si aggiungono le emissioni evitate per effetto del mancato smaltimento, pari a 1098 kg CO2e per tonnellata di carta.
Per ogni tonnellata di carta riciclata, sul sistema italiano, si ha, complessivamente, una evitata generazione di CO2e di oltre 1300 kg.
Analogamente 1 kg di alluminio avviato a riciclo evita tra i 6 e gli 8 kg di CO2, 1 kg di acciaio riciclato fa risparmiare poco meno di 1,5 kg di CO2, 1 kg di plastiche evita da 1,57 a 2,1 kg di CO2.
Se l’attenzione si sposta verso la prevenzione dei rifiuti le emissioni evitate aumentano esponenzialmente, perché significa risparmiare estrazione di materie prime e trasporti delle stesse, ma anche energia e acqua per i trattamenti, evitare emissioni dovute alle raccolte e ai processi industriali di riciclo.
Gli studi in questo campo sono ancora pochi ma, senza entrare nei dettagli, un kg di rifiuti evitato con azioni come la riparazione e il riutilizzo o la vendita di prodotti sfusi, la dematerializzazione, la promozione dell’acqua del rubinetto e la riduzione degli imballaggi multipli, porta a una riduzione delle emissioni tra i 20 e i 60 kg di CO2 per kg di rifiuti evitato!
prof. Riccardo Beltramo, Dipartimento di Management – Università di Torino; Gruppo Rifiuti UniTo Green Office UniToGO
dott.ssa Silvia Mollo, Unito Green Office, Gruppo Rifiuti e Gruppo Green Power Procurement e Dipartimento di Culture, Politica e Società – Università di Torino
dott. Roberto Cavallo, E.R.I.C.A. – Educazione Ricerca Informazione Comunicazione Ambientale
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