Radioprotezione
Radioprotezione, una disciplina giovane, di poco più di un secolo di tradizione, che si occupa di noi umani, sì, perché è lo studio, e la prevenzione, degli effetti dannosi che le radiazioni hanno sul nostro organismo.
Per motivi tecnici ben intuibili una scienza così non poteva che nascere a seguito della scoperta dei raggi X, verso alla fine del 1800. A rendere con gli anni sempre più efficace l’azione della radioprotezione dalle radiazioni ionizzanti sono arrivate scoperte ed invenzioni. Un esempio per tutti è l’affinarsi del calcolo della dose assorbita, quindi l’applicazione della dosimetria. E intanto i metodi di misura sono diventati sempre più precisi e veloci. E sicuri, per renderci tali.
I principali campi di applicazione della radioprotezione sono “Radioprotezione dei lavoratori” durante l’attività lavorativa, “Radioprotezione del paziente” legata agli esami diagnostici, e “Radioprotezione della popolazione generale”… tutte le altre casistiche che non rientrano nelle precedenti categorie. I tre principi base, di carattere generale, della radioprotezione sono la giustificazione, l’ottimizzazione e l’applicazione dei limiti di dose. Vediamoli, per capire come siamo protetti e perché. E quanto.
Radioprotezione: giustificazione
La giustificazione: un po’ come a scuola, le radiazioni devono giustificarsi o meglio lo deve fare chi le utilizza. Ciò significa nella pratica che è necessaria una valutazione preventiva dei rischi e dei benefici per garantire la radioprotezione, e soprattutto i secondi devono essere nettamente superiori ai primi. Ciò anche nel contesto medico.
“Le esposizioni mediche devono mostrare di essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali vantaggi da esse prodotti, inclusi i benefici diretti per la salute della persona e della collettività, rispetto al danno che l’esposizione potrebbe causare” recita la legge DLgs 187/00.
Al centro anche di recenti polemiche, su esami medici inutili o presunti tali, è noto che nei paesi avanzati più del 20% delle esposizioni mediche effettuate non sono necessarie (UNSCEAR 2000). Si tratta di un dato non aggiornatissimo, oggi potrebbe essere diverso, ma la problematica resta per la radioprotezione: molte indagini radiologiche sono ripetute inutilmente.
Radioprotezione: ottimizzazione
Ottimizzare, nel campo della radioprotezione, significa fare di tutto affinché l’esposizione alle radiazioni sia ridotta al minimo. Non si chiede di fare l’impossibile o di compiere miracoli ma di agire su alcuni parametri di radioprotezione in modo efficacie.
Uno di questi è la distanza dalla sorgente di radiazioni: allontanandoci naturalmente il rischio crolla. Ma come? Generalmente come l’inverso del suo quadrato. Oltre allo “spazio” nella radioprotezione va tenuto conto anche il tempo di esposizione: che sia il minimo. Compatibilmente con l’utilità che le radiazioni devono avere, ma non un microsecondo di più. Sistemati spazio e tempo di esposizione si può ottimizzare anche prevedendo adeguate schermature.
La radioprotezione si occupa anche di queste e suggerisce la loro progettazione ad hoc in base al tipo e all’intensità delle radiazioni da schermare. Infine, è necessario anche un momento di controllo della contaminazione radioattiva, doverosamente mantenuta entro livelli molto contenuti.
“Le esposizioni debbono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali” (DLgs 187/00). La nostra legge che parla di radioprotezione così recita. Facile a dirsi, però, perché per ottimizzare sono necessarie apparecchiature radiologiche recenti e procedure avanzate. Per questo sono necessarie risorse economiche e tempo.
Questo aspetto ha naturalmente suscitato polemiche, braccio di forza e ping pong di pareri davanti ad una radioprotezione ideale e a una “di fatto”, con gli strumenti, le risorse tecniche e personali e i soldi a disposizione realmente. Negli ospedali come altrove. Una questione in continuo divenire e che non è nostro compito trattare. Leggendo qui, abbiamo le basi per farci una opinione e approfondire.
Radioprotezione: limiti
Il terzo principio generale della radioprotezione si occupa dei limiti di dose, quelli imposti dalla normativa nazionale vigente, riguardano i lavoratori esposti e anche “la popolazione” in generale, noi compresi. I lavoratori hanno “dosi speciali” rispetto agli altri, possono essere lavoratori esposti di categoria A (i più esposti) e di categoria B: è una valutazione che le pratiche di radioprotezione fanno basandosi sia sul tipo di attività lavorativa normalmente svolta, sia sulle esposizioni potenziali legate a eventi anomali o a malfunzionamenti. Essendo i soggetti più bisognosi spesso di radioprotezione, i lavoratori, in primis se di classe A, devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria da parte di medici specializzati e abilitati.
Un po’ speciali rispetto al cittadino “tipo” sono anche i pazienti che si sottopongono ad alcuni esami medici. Per loro sono definiti i Livelli Diagnostici di Riferimento: livelli di dose nelle pratiche radiodiagnostiche mediche o, nel caso della medicina nucleare diagnostica, livelli di radioattività, per esami tipici per gruppi di pazienti di corporatura standard e per tipi di attrezzatura.
Radioprotezione e radiazioni ionizzanti
La radioprotezione è legata, veglia e studia le radiazioni ionizzanti e gli effetti. Vediamo nella pratica da dove arrivano queste radiazioni esplorandone le sorgenti, sia di tipo naturale che artificiale. Possono essere radiazioni cosmiche: sono generate da particelle e raggi gamma di alta energia in arrivo dallo spazio e che, interagendo con l’atmosfera, producono radiazioni ionizzanti.
Queste sono di tipo corpuscolare o elettromagnetico e aumentano ad alta quota, quando l’atmosfera ci protegge meno. La radioprotezione ci mette in guardia anche dalla radiazione terrestre: un’altra radiazione ionizzante stavolta dovuta al decadimento di radioisotopi presenti nella crosta terrestre.
Veniamo alle sorgenti artificiali: qui si passa dalle apparecchiature come tubi a raggi X ad altre come gli acceleratori.Non sono certo elettrodomestici domestici, ma le troviamo o nelle industrie, o in ambito medico.
Un accenno anche alle radiazioni non ionizzanti dato che esistono e hanno anche effetti indotti. Vediamo se anche per loro è necessaria la radioprotezione. Sembra di sì, ad oggi, perché abbiamo convissuto con lo spettro elettromagnetico non ionizzante emesso dal sole e da altri corpi celesti per anni ma oggi l’intensità delle radiazioni prodotte artificialmente è aumentata.
La radioprotezione entra in gioco e si attiva nel campo della protezionistica e la necessità di una regolamentazione al riguardo. Per chiarezza, le radiazioni non ionizzanti sono quelle non in grado di produrre ionizzazione nei materiali ad esse esposti. Sono dette NIR, acronimo, e un esempio noto, è quello delle onde radio.
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Pubblicato da Marta Abbà il 25 Febbraio 2016