La produzione biologica di idrogeno sembrerebbe una soluzione efficiente e sostenibile per l’affermazione delle cosiddette energie alternative.
Nella produzione biologica di idrogeno si sfrutta la capacità di alcuni organismi viventi di produrre H2 (idrogeno) mediante i loro naturali processi metabolici.
Ne è un esempio la produzione biologica di idrogeno a partire dai batteri Thermotoga neapolitana così come messo a punto dai laboratori di Pozzuoli in provincia di Napoli (per approfondimenti: il batterio mangiarifiuti). Lo scenario scientifico si sta concentrando su un modo per produrre idrogeno pulito e in modo efficiente, tra le vie migliori quella biologica sembra essere tra la più quotata. Contemporaneamente si ricercano modi più convenienti e sicuri di immagazzinare idrogeno.
L’idrogeno come fonte di energia alternativa, pulita e rinnovabile
Allo stato attuale, i combustibili fossili rappresentano la più grande fonte energetica impiegata dall’uomo. I combustibili fossili sono una fonte energetica destinata a finire e se a questo aggiungiamo il fatto che i combustibili fossili sono altamente inquinanti, sorge spontanea la necessità di cercare nuove fonti energetiche alternative. L’idrogeno sembra essere un buon candidato.
L’idrogeno è una fonte energetica pulita, rinnovabile e a basso impatto ambientale. L’idrogeno ha un elevato contenuto energetico per unità di peso e ha “una combustione pulita”: dalla combustione dell’idrogeno l’unico prodotto emesso è vapore acqueo.
Produzione biologica di idrogeno
Sono molti i processi metabolici dai quali è possibile ricavare idrogeno, per citarne qualcuno riportiamo la fermentazione, la fissazione di azoto e la fotosintesi delle alghe. Proprio a partire dalle alghe è possibile produrre idrogeno in modo diretto e molto efficiente. Le alghe verdi unicellulari, sfruttando la luce solare, sono capaci di sfruttare il potere riducente dell’acqua necessario a ridurre i protoni e sintetizzare idrogeno gassoso.
La produzione biologica di idrogeno a partire dalle alghe fu osservata per la prima volta nel lontano 1942. Fu lo studioso Gaffron a dimostrare come una coltura di alghe, adattata al buio e in condizioni anaerobiosi (deprivate dell’ossigeno), fosse in grado di produrre idrogeno se nuovamente illuminate. Le alghe verdi unicellulari riescono a sintetizzare idrogeno grazie a particolari enzimi che fungono da catalizzatori della reazione che vede la formazione di idrogeno molecolare (H2 ) a partire dai protoni e dagli elettroni della molecola acquosa.
Tali enzimi sono appunto chiamati idrogenasi. L’unico intoppo che impedisce l’impiego della produzione biologica dell’idrogeno a partire da questi microrganismi unicellulari sta nel sistema fotosintetico: la molecola di idrogeno prodotta è solo transitoria, dopo pochi minuti l’idrogeno è ritrasformato in una nuova molecola così da portare a termine il ciclo della fotosintesi. Per superare questo limite i ricercatori stanno tentando di mettere a punto degli enzimi in grado di stabilizzare la molecola dell’idrogeno, un’idea consiste nello sviluppo di idrogenasi (enzima in grado di catalizzare la produzione biologica dell’idrogeno) resistenti all’inibizione da ossigeno.
Per la produzione biologica di idrogeno sono chiamati all’appello microbiologi e genetisti, unendo le forze sarebbe possibile comprendere a pieno i geni che codificano per l’enzima idrogenasi così da ottimizzare l’espressione della proteina e identificare, mediante analisi mutazionali, residui con un ruolo nella resistenza dell’enzima alla presenza di ossigeno al fine di ottenere una molecola di (H2 ) stabile e non più transitoria.
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