Nell’ultimo secolo, Brescia, situata ai piedi delle Alpi nel nord Italia, ha prosperato. In un paese spesso afflitto da recessione e crisi finanziaria, la provincia e la sua città hanno vissuto uno sviluppo economico eccezionale grazie ai settori ingegneristico e minerario, che hanno scavato cave di ghiaia e sabbia nella zona per decenni. Negli ultimi cinquant’anni queste cave sono state riempite con rifiuti provenienti da tutta Italia e poi ricoperte.
La decisione di permettere che queste enormi cave venissero riempite di rifiuti tossici e la produzione incontrollata da parte di grandi imprese e della mafia ha avuto conseguenze disastrose, infliggendo danni al territorio e alla gente di Brescia.
Il fotografo Marzoranti la descrive perfettamente con queste parole: “La mafia vedeva soldi nel business dei rifiuti, più redditizio e meno pericoloso dello spaccio di droga”. “Venivano invitate a Brescia aziende straniere e rifiuti da fuori, venivano importate scorie radioattive dai paesi dell’ex Unione Sovietica insieme ad altri materiali dall’Est Europa, non è difficile da trovare.”
La terra dei veleni
L’area riflette le contraddizioni create da un sistema economico insostenibile, autodistruttivo e radicato. La sua provincia ne paga il prezzo finale: quasi 60 milioni di metri cubi di rifiuti e veleni interrati in tutta la Provincia, un territorio ricolmo di discariche e impianti industriali ad alto impatto ambientale, per non parlare del più grande inceneritore d’Europa, attivo dal 1998.
Il risultato è che il bresciano è uno dei luoghi più contaminati dal PBC di tutto il mondo e, secondo i più recenti studi di Lancet Planetary Health, pubblicati nel 2021, in Europa è il territorio con la più alta mortalità per cause legate alle polveri sottili da PM 2.5.
“La terra è velenosa, i campi e i fiumi sono contaminati, ci sono parchi “non calpestabili” e ai bambini di molte scuole è vietato giocare sull’erba”, spiega sempre Marzorati.
La fabbrica Caffaro
Il simbolo per eccellenza di questo degrado è la mega fabbrica Caffaro, definita l’ecomostro bresciano: il sito genera più di mezza tonnellata di sostanze tossiche altamente cancerogene, tra cui cromo esavalente, tetracloruro di carbonio, PoliCloroBifenili, diossina e mercurio, versata ogni anno dallo stabilimento chimico, una bomba ecologica che ha ormai devastato circa 700 ettari di terreno e avvelenato oltre 2.000 ettari di falde acquifere.
Secondo una recente ispezione dell’Arpa, dalle cisterne ormai fuori uso e dalle tubature arrugginite dell’impianto uscirebbero ingenti quantitativi di veleni tossici tra cui il mercurio, considerato una tra le 10 sostanze più pericolose al mondo.
A complicare ulteriormente il quadro, ci sono le numerosissime discariche, le quali hanno valso a Brescia il soprannome di “immondezzaio d’Italia”: nell’area in questione si producono grandi quantitativi di rifiuti urbani (50% in più della media nazionale) e vengono importati enormi quantità di rifiuti speciali, circa 10 milioni di tonnellate all’anno. Una devastazione ambientale di proporzioni smisurate, con pesantissime conseguenze per la salute pubblica.
Io non faccio finta di Niente
Una scoperta che pare lasciare indifferenti le istituzioni locali e nazionali, che non solo hanno sminuito la reale gravità del problema, ma non hanno mai agito per bonificare le aree intrise di veleni o alleggerire la pressione ambientale degli impianti più inquinanti. Brescia, Taranto, Napoli…la storia dei veleni nascosti nel nostro territorio sembra non avere mai fine.
Sono oltre 15 mila i siti inquinati sparsi per tutta la penisola, 57 dei quali sono stati classificati come “SIN” – “Siti di Interesse Nazionale” – dal Ministero dell’Ambiente e dovrebbero avere una priorità di bonifica, sulla base della grave contaminazione ambientale, del rischio sanitario e dell’allarme sociale. Aree in cui vivono oltre cinque milioni e mezzo di persone, un milione dei quali sono bambini.
Il Movimento di Cittadini Reattivi “Io non faccio finta di Niente” risponde a questo grido di protesta e di aiuto, dicendo basta a questo ecocidio – da Brescia a Taranto, da Casale Monferrato alla Valle del Sacco, da Crotone al litorale Domizio Flegreo – che abbiamo il dovere di fermare, non solo per il nostro benessere ma per il futuro delle generazioni a venire.
A cura di Stefano Cisternino, europrogettista e giornalista sociopolitico.