Prepping: cosa è e critiche
Non è una questione di scaramanzia, no. Il Prepping non significa pensare al peggio sperando che non accada ma per affrontarlo al meglio, anche perché potrebbe non essere un “down” momentaneo. E’ difficile dare una definizione di prepping ma ci proveremo, andando ad esplorare questa categoria. Ha un nome inglese e sembra distante ma magari molti di noi sono già dei preppers e non lo sanno, oppure vorrebbero diventarlo.
Prepping: contesto
Certamente molti fatti di cronaca che negli ultimi tempi hanno sconvolto il mondo hanno fatto aumentare il numero di preppers, consapevoli o meno. Un tempo c’era la paura della catastrofe nucleare, oggi prevale forse quella dell’attentato terroristico, dopo un 11 settembre che ha cambiati il mondo. Spesso sono i media stessi che gonfiano delle tragedie facendocele sentire vicino e quindi creando un perpetuo stato di angoscia e paura. In questo esatto contesto, in questo momento storico, più che mai, le persone cercano di non farci trovare impreparate. Quindi fanno prepping.
Alcune, soprattutto negli Stati Uniti, si preparano ad affrontare ciò che comunemente chiamiamo Apocalisse e si organizzano per “prepararsi”, da “prepare” infatti deriva “prepping”, e a sopravvivere, anche se associare questi due termini può essere pericoloso.
Prepping e survalismo
Le discipline che si occupano di gestire disastri di taglia mondiale sono prevalentemente due, ovvero il Prepping e il Survivalismo. Attenzione ad utilizzarli perché non sono sinonimi anche se spesso vengono così intesi oppure vengono scambiati. In comune hanno il concetto di disastro, di catastrofe, ma affrontano questi fatti con punti di vista e approcci molto diversi e alla lunga si vede. C’erano una volta un prepper e un surviver di fronte ad una catastrofe.
Il primo cosa fa? Si prepara a introdurre un decisivo cambiamento nella propria vita, prendendo atto che potrebbe cambiare per sempre. Il surviver non ha la minima intenzione di accettare il cambiamento legato alla tragedia imminente e si organizza per risolvere il pericolo entro tre giorni preservando la propria quotidianità. Il prepping è prevenzione, il survivalismo è una cura.
Prepping: cosa è
Nella pratica cosa significa essere un prepper? Non certo attendere una catastrofe ma rimboccarsi le mani, da solo, per organizzarsi ed affrontare qualsiasi avvenimento possibile. Ci sono diverse posizioni in merito nei vari Stati e si parla molto di sensibilizzazione perché è soprattutto di questo che si tratta se si vuole arrivare “pronti”. Mi viene in mente il Giappone, paese in cui tutti sono preparati all’evenienza di un terremoto, non certo come in Italia. C’è un altro esempio più vicino, la Svizzera, uno stato molto impegnato nel sensibilizzare la popolazione sull’argomento, spingendo molto a rendere ciascun cittadino autonomo e responsabile.
Prepping in Italia
In Italia le emergenze non mancano di certo. Basta guardare all’ultimo decennio per trovarne parecchie. Terremoti, disastri ambientali, catastrofi da incurie, incendi… e potrei continuare per molto, considerando anche i “banali” incidenti d’auto in cui muoiono ogni anno tantissime persone. Oggi a quanto emerge, e non fatico a crederci, la maggioranza degli italiani non ha l’adeguata preparazione per gestire eventi emergenziali, nemmeno nelle prime ore, in attesa di veri soccorsi. Ciò che i preppers fanno è prepararsi, non incrociando le dita e nemmeno le braccia, aspettando, ma rimboccandosi le maniche per studiare come non farsi trovare impreparati. Per sapere, al momento giusto, come muoversi per salvare sé stessi e forse anche qualcun altro.
Potrebbe sembrare banale, detto così, ma di fatto sono poche le persone che, in un momento di tranquillità, hanno voglia di mettersi a studiare e ad allenarsi per un a eventuale magari improbabile tragedia. In piccolo, è un po’ come quando nessuno sta attento davvero durante la prova anti-incendio in ufficio o a scuola, pochi ascoltano la hostess mentre spiega come salvarsi in aereo nel caso sopraggiungessero dei problemi tecnici. Forse è un modo per rimuovere l’idea del pericolo, si diventa struzzi e si fa finta che non è vero che potrebbe succedere qualcosa di brutto.
Oggi in Italia esistono diversi gruppi di prepping e anche dei siti di riferimento in cui informarsi e formarsi.
Prepping: critiche
Un atteggiamento di questo genere, può attirare delle critiche. Molte etichettano i preppers come dei fenomeni da baracconi, scaramantici e poco razionali. E’ una macchietta, non sono così, anzi, sono molto legati alla realtà e ai fatti concreti, amano il reality-check.
Molti ascoltando ciò che significa prepping reagisce pensando ma “cosa vuoi che accada” oppure con una filosofia molto easy del tipo: “non ci fasciamo la testa prima di romperla“. “Non si vuole sprecare tempo” a pensare ad una tragedia prima che sia una certezza. C’è invece chi ritiene che, una volta che la catastrofe accade, non si possa fare più nulla, solo accettarla. Queste sono le persone più rassegnati che di fronte ad un problema anche banale molto spesso non credono che esistano reali chance di risolverlo e non muovono un passo.
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Pubblicato da Marta Abbà il 12 Maggio 2019