La popillia japonica, così come quasi tutte le specie alloctone, è invasiva e dannosa per il nostro territorio. Una specie alloctona, anche detta specie aliena, è quella che in biologia è descritta come una specie che a causa delle attività umane, si ritrova a colonizzare un territorio diverso dal suo habitat naturale.
Quando una specie alloctona si inserisce in un nuovo ambiente possono verificarsi tre scenari; nel migliore dei casi (e anche il più raro) la specie si integra perfettamente nel nuovo habitat. Nel secondo caso, la specie non è in grado di adattarsi quindi si estingue, oppure, come avviene in molti casi, la specie aliena riesce ad adattarsi e a sopravvivere nel nuovo habitat riproducendosi anche in grandi numeri alterando l’equilibrio del nuovo ambiente. La specie alloctona può entrare in competizione con una o più specie autoctone: le specie autoctone hanno dei predatori naturali mentre la specie aliena, essendosi insediata “artificialmente”, potrebbe non avere alcun predatore naturale e quindi prendere il sopravvento sulle altre specie.
In Europa si stima che siano state introdotte oltre 13.000 specie aliene con un considerevole impatto economico e ambientale: 1300 specie di queste sono causa di impatti negativi sull’ambiente e la popillia japonica è tra queste.
Oltre alla popillia japonica, altri esempi negativi riguardano il punteruolo rosso e la nutria, entrambi introdotti accidentalmente con le attività umane.
Popillia japonica in Italia
La popillia japonica è un coleottero di origine nipponica di recente introduzione: i primi danni alle coltivazioni nostrane risalgono solo al 2014. I primi focolai dell’infestazione riguardano la regione Lombardia, in particolare l’areale del Parco del Ticino e nei pressi del Turbigo (Milano). Nell’estate 2014 anche il Piemonte ha visto diverse segnalazioni, in particolare nella zona tra Pombia e Galliate.
Segnalazione della Popillia Japonica
Se hai avvistato un esemplare di Popillia japonica sei tenuto a segnalarla ai Servizi Fitosanitari della tua Regione. Di solito la Popillia japonica “esce” in tardo pomeriggio, non ama nutrirsi in pieno sole quindi nelle ore più calde della giornata resta all’ombra di piante e foglie.
Come riconoscere la Popillia Japonica
La Popillia japonica è rappresentata nella foto in alto. Purtroppo, questo coleottero originario del Giappone può essere confuso con insetti tipici delle nostre campagne, non nocivi. Per distinguere e riconoscere la Popillia japonica puoi osservare i lati e la zona distale (ultimo segmento) dell’addome dove la specie aliena presenta cinque macchie di peli bianchi su ogni lato e, appunto, nella zona terminale dell’addome.
Lotta alla popillia japonica
La lotta alla popillia japonica si avvale di tre differenti strategie:
- cattura manuale del coleottero
- cattura mediante trappole ai feromoni degli insetti adulti
- lotta biologica introducendo i predatori naturali della popillia japonica in ogni suo momento del ciclo vitale (adulto, larva o pupa)
La lotta biologica è risultata molto efficace negli Stati Uniti. In particolare, nel Nord America, è stato sfruttata la vespa Tiphia vernalis che sembrerebbe facile da adattare anche nel nostro territorio. La piccola vespa (lunga solo 10 mm) ha origini asiatica e sfrutta le larve della popillia japonica come nido per la deposizione delle suo uova.
Altro antagonista è il già noto Bacillus Thuringiensis, un batterio che si può già acquistare in formulati. Ne ho già parlato in passato perché è lo stesso batterio impiegato nella lotta biologica contro la piralide del bosso. Anche con la lotta mediante il Bacillus Thuringiensis si va ad attaccare la popillia japonica nello stadio larvale del suo ciclo biologico. Per avviare autonomamente la lotta biologica contro la popillia japonica è possibile acquistare su Amazon i granuli idrodispersibili che consentono al batterio Bacillus Thuringiensis di penetrare nel terreno e eliminare le larve di papillia japonica. Tutte le informazioni su prezzo e modalità d’impiego sono disponibili nella pagina di Amazon: Lotta biologica con granuli di Bacillus thuringiensis.
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