Plastica riciclata contro le malattie farmaco-resistenti
Arriva dalla plastica riciclata il rimedio alle malattie causate dai superbatteri resistenti ai farmaci. Il polietilene tereftalato, il PET delle comuni bottiglie di plastica per intenderci, può essere per esempio trasformato in materiali atossici e biocompatibili per identificare e attaccare le infezioni fungine. Parliamo di nanomedicina.
La notizia è stata pubblicata su Nature Comm ed è il risultato di una ricerca condotta negli Stati Uniti dai ricercatori IBM e da specialisti di bioingegneria e nanotecnologie. I ‘polimeri ninja’, come sono state battezzate le nuove molecole ottenute dalla plastica riciclata, cambieranno il modo in cui si combattono le malattie causate da agenti patogeni resistenti ai farmaci.
La plastica riciclata delle bottiglie di scarto potrebbe insomma aiutare tanta gente. Ogni anno più di un miliardo di persone è colpito da infezioni fungine di gravità variabile che vanno da infezioni locali della pelle, come il piede d’atleta, a contaminazioni fungine del sangue potenzialmente mortali. L’infezione è più frequente quando il sistema immunitario è compromesso a causa di malattie quali l’HIV/l’AIDS, il cancro o quando si segue una terapia antibiotica.
Il problema che i bioingegneri stanno risolvendo con la plastica riciclata è la resistenza ai farmaci. I tradizionali prodotti terapeutici devono penetrare nella cellula per attaccare l’infezione, ma hanno difficoltà a individuare la parete della membrana fungina e a penetrarla. Inoltre, dato che dal punto di vista metabolico i funghi sono simili alle cellule dei mammiferi, i farmaci esistenti possono avere difficoltà a distinguere tra cellule sane e cellule infette.
I ricercatori IBM hanno realizzato un processo catalitico organico per facilitare la trasformazione del PET o della plastica riciclata di una bottiglia in molecole del tutto nuove che possono essere trasformate in agenti antifungini. Il processo è importante anche perchè le bottiglie di plastica vengono spesso riciclate tramite macinazione meccanica e, nella maggior parte dei casi, possono essere riutilizzate solo in prodotti secondari quali tessuti, moquette o per pavimentare campi sportivi.
Come funzionano i polimeri ninja? Gli agenti antifungini originati dalla plastica riciclata si autoassemblano attraverso un legame idrogeno e si attaccano gli uni agli altri per formare le nanofibre come una sorta di velcro molecolare, in modo analogo ai polimeri. Ciò è importante perché gli agenti antifungini sono attivi come prodotti terapeutici solo in forma di fibre o polimeri.
La nanofibra della plastica riciclata porta una carica positiva ed è in grado attaccare solo le membrane fungine con carica negativa, in base a una interazione elettrostatica. La nanofibra si apre un varco e distrugge le pareti della membrana della cellula fungina impedendo a essa di sviluppare resistenza. Ulteriori scoperte di questa ricerca hanno inoltre evidenziato che le nanofibre hanno disperso in modo efficiente i biofilm fungini dopo un solo trattamento mentre i farmaci convenzionali non erano efficaci contro i biofilm.
Le capacità computazionali di IBM sono state fondamentali per permettere ai ricercatori di simulare gli assemblaggi antifungini e prevedere le modifiche strutturali in grado di creare l’efficacia terapeutica desiderata. Il programma di nanomedicina di IBM che ha portato a questo utilizzo della plastica riciclata è partito presso i laboratori di ricerca di IBM nel 2009 e deriva da decenni di sviluppo di materiali comunemente utilizzati per le tecnologie dei semiconduttori.
Pubblicato da Michele Ciceri il 11 Dicembre 2013