Solo nel 2011, in Italia sono stati estratti 5,3 milioni di tonnellate di petrolio. Di queste, 640 mila tonnellate derivano da operazioni di trivellazione dei fondali marini. Con le nuove concessioni, questi numeri sono destinati ad aumentare e la situazione politica italiana non ci fa sperare in nulla di buono: manca un piano concreto per promuovere la diffusione della mobilità elettrica, così tutti gli interessi economici sono fermi al mercato del petrolio e non di certo al settore dei trasporti elettrici.
La green economy ancora non ha coinvolto in pieno lo Stivale; quello che occorre è una strategia energetica pulita e priva di combustibili fossili.
La mancanza di una strategia energetica sostenibile riapre, con forza, la strada alla ricerca di nuovi siti e all’estrazione degli idrocarburi presenti nei giacimenti italiani. Non importa se questi giacimenti sono situati nei pressi di zone protette, non conta se per estrarre gli idrocarburi si mina un territorio già fragile.
Nel 2012, a largo delle coste siciliane si vedevano quattro piattaforme in piena attività. Le compagnie petrolifere sono fortemente interessate alle aree al largo delle isole Egadi e al largo della costa tra Marsala e Mazara del Vallo, vicino al banco Avventura. A rischio anche la costa sud tra Sciacca e Gela. In pericolo non solo i fondali marini delle coste italiane ma anche l’entroterra.
Valle Padana, Alto Adriatico, Abruzzo e Basilicata, insieme al Canale di Sicilia, sono le cinque zone considerate nella Sen (Strategia energetica nazionale), a maggiore potenziale per l’estrazione di idrocarburi. A oggi, la strategia italiana ha fissato come obiettivo quello di incrementare le estrazioni di petrolio dal mare e dai territori a maggior potenziale, portando il loro contributo dall’attuale 7 al 14 per cento del fabbisogno energetico nazionale.
Da qui al 2020 si punta a incrementare l’attuale produzione di gas del 46 per cento e quella del petrolio addirittura del 148 per cento! Una scelta assolutamente insensata: il settore è destinato a esaurirsi in pochi anni, per non parlare della tendenza globale che mira alle energie rinnovabili e al buon senso che mira alla slavagurdia del territorio.
Trivellazioni ed estrazioni massicce danneggiano ulteriormente un territorio già ricco di fragilità. Ancora una volta si agisce per fare gli interessi economici di pochi senza tenere conto della salute di tutti. In uno scenario di piena crisi economica la soluzione è a portata di green economy, soprattutto quando si parla di disoccupazione e profitti.
Una stima condotta dal Political Economy Research Institute ha visto che investendo 1 milione di dollari in ambito energetico, si creano più posti di lavoro quando si parla di biomassa, solare, ed eolico. Se l’industria del gas può fornire 5 posti di lavoro, il settore dell’energia eolica ne offrirebbe 13. Per ogni 7 posti di lavoro creati con i combustibili fossili, l’industria dell’energia solare ne creerebbe 14. Anche il confronto con la biomassa tende verso la sostenibilità con un rapporto 5 a 17 quando la biomassa si paragona a investimenti effettuati nel campo dei gas naturali e 7 a 17 quando il confronto parla di risorse energetiche a base di carbone.
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