Pesce buono, non solo fresco
Quando acquistiamo del pesce pretendiamo che sia fresco e per non farci imbrogliare abbiamo imparato le tecniche più comuni di riconoscimento: il pesce fresco deve avere l’occhio limpido e non infossato, deve conservare una buona rigidità delle carni (palpatelo se potete e tenetelo sulla punta di due dita a mo’ di bilancia, se si piega troppo non è fresco), per prima cosa non deve puzzare in modo pungente o di ammoniaca (può essere usata sui banchi per allungare la conservazione).
Pretendiamo il pesce fresco, ma ci preoccupiamo che sia anche buono? Qui non parliamo soltanto del gusto, ma del fatto che si tratti di pesce non inquinato da metalli pesanti o che sia il bottino di forme di pesca che provocano l’impoverimento del mare (ma anche di laghi e fiumi), o ancora che si tratti di pesce pescato nelle acque italiane e non magari dall’altra parte del mondo. Insomma, ci preoccupiamo che il pesce, oltre che fresco, sia anche buono?
Quello dei metalli pesanti è un problema, perché se l’acqua è inquinata il pesce accumula le sostanze nocive e noi ce le portiamo in tavola. Il sistema per diminuire i rischi è in realtà semplice e consiste nello scegliere pesce fresco dal ciclo vitale breve, cioè pesci che si riproducono più velocemente e che di conseguenza non fanno in tempo ad accumulare livelli pericolosi di metalli pesanti o contaminanti vari.
Osservando la buona regola del pesce buono non solo fresco avremo anche due vantaggi indiretti: daremo una mano alla tutela della fauna ittica, perché se i pesci sono delle giuste dimensioni significa che si sono già riprodotti, e risparmieremo soldi perché la maggior parte dei pesci a ciclo vitale breve ha un prezzo davvero accessibile.
Per farla breve, si tratta di capire che nel mare non ci sono solo i pesci bistecca come tonno e pesce spada (che guarda a caso sono proprio quelli a ciclo vitale lungo e che quindi accumulano più inquinanti), ma tante altre varietà squisite di pesce buono; pesci che, se la mettiamo sul piano nutrizionale, non hanno niente da invidiare ai blasonati colleghi.
Pensate che nel solo Mare Mediterraneo si contano 300 specie commestibili di pesci, più qualche decina di crostacei e molluschi. Eppure vengono catturate grandi quanità di pesce, ma solo di alcune specie, a cominciare dai già citati tonno e pesce spada (che costano anche un occhio della testa) per proseguire con calamari e seppie, altre varietà bistecca.
Ma la notizia da non crederci è un’altra ed è un vero schiaffo alla gnerosità del mare: sapete quali sono i pesci più diffusi sulla tavole italiane? Branzino, orata e rombo, tre specie coltivate. E con chi si contendono il primato del consumo? Con i filetti di pesce persico che crediamo coltivati in Italia e invece arrivano dall’Africa (Lago Vittoria) e con il Pangasio, coltivato nelle acque dei fiumi dell’Asia sud-orientale.
Ps Slow Fish, costola di Slow Food, organizza ogni anno la fiera internazionale del pesce buono, pulito e giusto. Ques’anno la manifestazione si svolge a Genova dal 9 al 12 maggio.
Pubblicato da Michele Ciceri il 6 Maggio 2013