La pasta fermentata detta anche pasta di riporto è una trovata da conoscere perché una volta presa l’abitudine ad impastare, lockdown dopo lockdown, possiamo non fermarci al classico pane o alla amata pizza ma andare oltre e conoscere meglio tutte le opportunità che possono esserci per migliorare la nostra alimentazione e allo stesso tempo, ammettiamolo, rilassarci anche un po’ manipolando ingredienti sani per dare vita a un qualcosa di gustoso.
Un passo alla volta arriveremo a conoscere tutte le proprietà e i vantaggi della pasta fermentata e dopo aver imparato come utilizzarle non torneremo più indietro.
Pasta fermentata: cos’è
Per ritrovare nella storia il primo tentativo di preparare la pasta fermentata dobbiamo tornare indietro fino all’epoca dell’Antico Egitto quando si provò a mescolare farina nuova con vecchi avanzi fermentati di pane ottenendo un pane più soffice che mai. Scoperto questo trucco, la notizia passò di bocca in bocca raggiungendo anche la Grecia e Roma, quindi tutta Italia. E infatti nella tradizione è rimasta fino al secolo scorso l’usanza, nel fare il pane, di conservare un pezzo di pasta lievitata per utilizzarlo la volta seguente.
In particolare funziona con il pane di segale: basta impastare un po’ di farina di segale con dell’acqua e mettere l’impasto vicino ad una fonte di calore per tre giorni per avere la pasta fermentata da utilizzare per ammorbidire il pane che prepareremo. Non ci sono molti altri metodi e con il lievito i risultati non sono abbastanza soddisfacenti. E’ tutto merito dei fermenti e dell’acido lattico che si vengono a formare e che favoriscono la lievitazione delle proteine della segale
Pasta fermentata: ricetta
Se vogliamo sperimentare questa antica tecnica e vogliamo farlo proprio con il pane di segale che abbiamo preso come esempio proprio perché uno dei più efficaci, ecco la semplice ricetta e qualche indicazioni su come utilizzarla al meglio.
Gli ingredienti sono semplicissimi
- 250g di farina di segale
- 1/8 abbondante di acqua (tiepida o a temperatura ambiente)
- 1 cucchiaio di rum o brandy, o comino grattugiato, o cipolla grattugiata
Ecco come procedere: impastiamo tutti e tre gli ingredienti che ci siamo procurati e copriamo l’impasto ottenuto con un panno umido lasciandolo riposare per almeno 48 ore in un luogo caldo. Otterremo un impasto con delle bollicine, per utilizzarlo è necessario calcolare per 500g di farina 20-30g di pasta fermentata e altrettanto lievito di birra.
Possiamo lavorare pasta e farina assieme aggiungendo un po’ di sale e di acqua per formare una palla da lasciate lievitare coperta e a temperatura ambiente. Prendiamo poi il lievito di birra mescolandolo con acqua tiepida e un cucchiaino di zucchero, e poi aggiungiamolo alla pasta dando finalmente forma al pane che vogliamo mettere a cuocere definitivamente. Prima deve riposare per due o tre ore, poi possiamo infornare prima di aver bagnato l’impasto con un po’ di acqua. La cottura dura circa un’ora e mezza a 200°.
Pasta fermentata: vantaggi
La pasta fermentata viene chiamata anche pasta da riporto o molto meno elegantemente anche pasta vecchia, un nome ben poco evocativo ma che fa comprendere bene il concetto di riuso. Si tratta infatti a tutti gli effetti di una pasta che proviene da una precedente lavorazione e che abbiamo tenuto da parte apposta. Deve aver subito almeno qualche ora di fermentazione per funzionare (Per avere efficacia, la pasta di riporto deve avere un tempo di fermentazione non inferiore a due ore e non superiore a otto) e poi possiamo aggiungerla alla pasta “nuova” per ottenere un risultato migliore.
Quando infatti facciamo questo innesto di pasta fermentata apportiamo una grossa quantità di lieviti e di batteri lattici che grazie alla loro attività fermentativa fanno sì che i prodotti realizzati abbiano delle caratteristiche uniche a partire dal gusto e profumo che si rivelano particolarmente intensi.
Esistono altre caratteristiche possiamo imputare alla presenza della pasta fermentata come ad esempio una alveolatura maggiormente sviluppata che deriva dall’azione sul glutine di due acidi, quello lattico e quello acetico.
Possiamo anche affermare, e voi potrete presto confermare, che il pane ottenuto con questo metodo della pasta da riporto è decisamente più digeribile e ci conserva più a lungo perché la fermentazione fa sì che la pasta sia maggiormente acida e quindi più resistente agli attacchi dei microrganismi patogeni che fanno spuntare la muffa. Per lo stesso motivo otteniamo un impasto anche più resistente alla contaminazione da parte di alcuni germi responsabili del “pane filante”.
Un altro interessante vantaggio riguarda i tempi di fermentazione dell’impasto finale che si riducono notevolmente facendo anche in modo che esso abbia delle caratteristiche strutturali e meccaniche migliori nonostante si utilizzi una minore quantità di lievito.
Come abbiamo cercato di mostrarvi, vale la pena di provare a recuperare questa modalità di impastare che arriva a noi dall’antichità ma che sembra avere dei vantaggi che nessun prodotto chimico è in grado di replicare. Il nostro consiglio è quello di darsi tempo di sperimentare e di assaggiare, notando le differenze e il gusto genuino di ciò che le nostre stesse mani avranno prodotto.
Ti potrebbero interessare anche i nostri articoli correlati: