Il papavero selvatico si chiama così perché il suo nome deriva dal celtico, dalla parola papa che significa “pappa”, intesa come pappa dei bambini. Un tempo il latice di questa pianta veniva infatti mescolato del cibo poi dato ai bambini, sembra che procurasse sonni sereni e lunghi, per buona pace dei loro genitori.
Questa pianta erbacea annuale cresce spontanea un po’ ovunque, in Asia, in Africa e in Europa, in generale nelle zone a clima temperato, si può parlare di piante cosmopolita. Il suo nome scientifico è Papaver rhoeas e appartiene alla famiglia delle Papaveraceae.
Papapvero selvatico: caratteristiche
Questa pianta emette nel suo insieme un forte odore e produce il succo lattiginoso bianco, acre di cui abbiamo accennato per via del suo utilizzo con i bambini. Come anche il papavero da oppio, anche quello selvatico può vantare un leggero effetto narcotico anche se molto meno marcato.
La radice del papavero è bianca, a fittone, e si divide poi in tante radici di minori dimensioni, sempre di colore chiaro. Quando spunta, questa pianta ha la forma di una rosetta tutta composta di foglie, poi nei mesi cominciano a spuntare i fusti che reggeranno il fiore. Si tratta di fusti dritti e piuttosto alti, pelosi e ramificati. Arrivano anche ad un metro di altezza.
La rosetta alla base della pianta è composta da foglie lunghe dalla forma ovale, con lunghi piccioli e margini dentellati. Alcune foglie spuntano anche sui fusti ma sono diverse, più piccole e con un picciolo quasi inesistente.
Veniamo ai fiori che sono la parte più interessante. Spuntano uno per volta, ciascuno in cima ad un fusto, sorretti da lunghi peduncoli. Sono composti sempre da due sepali che cadono lasciando il posto a quattro petali di colore rosso molto carico, il rosso che tutti associamo al papavero. C’è di solito anche una macchia nera, alla base.
I fiori del papavero selvatico sono ermafroditi, come tutti quelli delle Papaveraceae. Non avendo nettare, quindi, affidano l’impollinazione agli insetti che arrivano su questi fiori soprattutto grazie ai colori vivaci. Del papavero ci sono anche i frutti, sono poco appariscenti, hanno la forma di capsule ovoidali. Proprio all’interno dei frutti troviamo i semi e quando arrivano delle forti ventate, si diffondono nell’ambiente visto che i pori si trovano nella parte alta della capsula che una volta matura non si piega.
Papavero selvatico: proprietà
In questa pianta, chiamata anche rosolaccio, possiamo ritrovare numerosi principi attivi tra cui alcaloidi come la readina, la reagiina, la rearubina I e II; tannini; mucillaggini; coloranti; antociani.
Quando si intaglia la capsula, essa secerne del latice che contiene tutte queste sostanze, accade esattamente come con il papaver somniferum ma il latice del nostro papavero selvatico non è altrettanto pericoloso, questo non vuol dire che non debba essere trattato con cautela. Se assunto in dosi eccessive, infatti, anche questo latice può causare intossicazione e avvelenamento quindi è meglio fare molta attenzione a rispettare le dosi consigliate.
Tutta la pianta del rosolaccio può essere utilizzata, raccolta prima della fioritura, ma ciò che viene maggiormente usato sono proprio i petali del fiore, rosso acceso. Tra maggio e luglio, momento della fioritura, possiamo coglierli e metterli subito ad essiccare in un ambiente caldo, buio e ventilato. Da secchi, i petali sono ancora più rossi e devono essere riposti in contenitori di vetro o porcellana, ermetici, da custodire al buio.
Papavero selvatico: utilizzo
Il papavero selvatico si adatta all’uso sia interno che esterno. In cucina si possono utilizzare i suoi germogli, ad esempio mettendoli crudi in una insalata, oppure lasciandoli cuocere nelle minestre o con la polenta. I più golosi possono anche preparare delle frittelline con una pastella di uova e farina.
Sempre per uso interno, possiamo prendere i petali e preparare un infuso o un decotto con un leggero effetto sedativo. Come abbiamo già visto nel paragrafo precedente, i petali, come il latice, hanno delle proprietà calmanti e leggermente narcotiche legate alla presenza degli alcaloidi, quindi le bevande calde con petali di papavero selvatico sono spesso consigliate per combattere l’insonnia, la tosse insistente, la pertosse e l’asma bronchiale. Lo stesso infuso ai petali di papavero potrebbe risultare utile anche per uso esterno, per guarire il mal d’orecchio oppure per trattare gli ascessi mentali.
Ad uso esterno, i fiori possono essere usati per cataplasmi con potere antiinfiammatorio, da effettuare sulle palpebre oppure nelle zone in cui serve per via delle rughe. E’ facile prepararli, basta far macerare 50 grammi di fiori in mezzo litro di acqua bollente per mezz’ora e poi filtrare e spremere bene i fiori. Si ottiene così il liquido che serve per fare gli impacchi al mattino e alla sera per alcuni giorni.
Grazie alla presenza degli antociani, i petali diventano ottimi come coloranti. Possiamo ad esempio immergere un maglione in un decotto di fiori lasciati in infusione per qualche ora e poi farlo bollire per tre quarti d’ora e raffreddare. Come mordente si usa l’allume di potassio.
Nei semi non ci sono principi attivi, sono l’unica parte di pianta che ne è completamente priva, ma non per questo sono da gettare via, anzi. Sono commestibili, quindi vengono impiegati per dolci e panetteria, e per estrarre un olio considerato molto pregiato ed ottimo come lenitivo ed emolliente.
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