Nonostante il fascino del nome, dietro si nasconde una terribile malattia che colpisce l’ulivo in tutte le zone in cui viene coltivato. Si tratta di un problema piuttosto serio che va trattato con altrettanta serietà e caparbia perché i danni non sono affatto insignificanti.
Possiamo ben dire che l’occhio di pavone è la principale malattia crittogamiche dell’olivo e il suo sviluppi è molto legato ai capricci del cielo, al meteo. Purtroppo ha un periodo di incubazione molto lungo per cui non è semplice agire per contrastarlo con quella prontezza che invece servirebbe per averla vinta senza registrare troppi danni. Ci si è ingegnati però e, come vedremo, per non soccombere a questa malattia, ci si è inventati una strategia di difesa in due fasi, autunnale e primaverile, utile soprattutto nelle zone che sono maggiormente colpite dall’occhio di pavone. Andiamo a scoprirla
Occhio di pavone o Cicloconio: di cosa si tratta
Questa malattia colpisce soprattutto le foglie e si chiama così perché va a creare sulla loro superficie delle macchie che hanno proprio la forma di un occhio di pavone. Cosa accade poi? Le foglie più vecchie tendono a cadere e al variare delle piogge, del vento e della pioggia, si ha una certa diffusione della malattia in tutta la chioma dell’albero, soprattutto in primavera. Se la caduta è corposa e veloce, si può arrivare a perdere il raccolto dell’annata ma sarebbe il meno perché in alcuni casi è la pianta stessa che può morire.
Come funziona il meccanismo di diffusione della malattia lo vediamo subito, comprendendo perché il fattore meteo è così importante. Sono proprio il vento e la pioggia che facilitano il suo proliferare perché trasportano i conidi che raggiungono le parti sane della pianta. Quando il livello di umidità è alto sempre i conidi liberano le zoospore che sviluppano un micelio e questo micelio “succhia” le sostanze cellulari della pianta, del suo tessuto epidermico, per osmosi, indebolendola. Non è finita, il micelio emette delle conidiospore che contengono dei nuovi conidi e così procede la diffusione con un ritmo piuttosto alto soprattutto se si registrano elevate percentuali di umidità relativa e temperature comprese tra 10 e 20 °C.
Ciò accade sia in primavera che in autunno e la malattia si mostra diabolica da combattere anche per via del suo periodo di incubazione che può arrivare anche a 5 interi mesi: macchie adocchiate ad agosto, possono essere frutto di una infezione avvenuta a maggio, tanto per intenderci. Se si desidera effettuare una diagnosi precoce si utilizzano dei campioni di foglie da mettere in una soluzione al 5% di idrossido di sodio o di potassio per qualche minuto a temperatura ambiente. Se spuntano delle macchioline circolari sulla pagina superiore, la malattia è in corso.
Occhio di pavone: sintomi
L’occhio di pavone attacca e si manifesta sulle foglie ma non solo, anche sui frutti e sul peduncolo. Sulle prime abbiamo visto che fa comparire delle macchie circolari di colore bruno, giallastro o verdastro, di massimo un centimetro di diametro, macchie che diventano nerastre quando compaiono le spore e poi biancastre quando si va a formare una camera d’aria tra la cuticola della foglia ed i tessuti sottostanti. Tutto questo nella pagina superiore mentre in quella inferiore in corrispondenza, si nota un annerimento della nervatura centrale.
Anche sui frutti questa malattia lascia i suoi segni nel momento della maturazione, quando li fa cadere nel momento della raccolta, mentre già prima sul peduncolo compaiono delle macchie scure ma soprattutto viene bloccato il passaggio di linfa all’inizio della formazione dei frutti o alle prime fasi della maturazione, recando ad essi dei seri danni di sviluppo.
Occhio di pavone: prevenzione
Visto il tempo di incubazione davvero esagerato, è più che mai importante agire d’anticipo e cercare di prevenire questa malattia in tutti i modi. I trattamenti preventivi più comuni sono quelli che prevedono l’uso dei prodotti a base di rame, da applicare prima della germinazione delle zoospore sia in primavera che in autunno. Più che la poltiglia bordolese sono più efficaci gli ossicloruri, tra i rameici, e vanno utilizzati due volte nel corso dell’anno, verso la fine dell’inverno – inizio primavera e dopo le prime piogge autunnali.
E’ importante sapere che i fungicidi rameici in questo contesto possono avere un doppio valore: proteggono le foglie ancora sane e fanno da defogliante su quelle infette perché il rame è fitotossico e penetra nel mesofillo delle foglie attaccate dall’occhio di pavone. E’ importante che ciò avvenga perché così le foglie infettate, una volta cadute, non costituiscono un pericolo per quelle sane.
Fungicida ad ampio spettro contro occhio di pavone
Tra i numerosi prodotti che possiamo trovare on line a nostra disposizione ed efficaci c’è questo ad ad ampio spettro di azione contenente rame sotto forma di ossicloruro tetraramico proprio per i motivi che abbiamo spiegato. E’ un funghicida in granuli idrodisperdibili, comodo perché riduce al massimo i fenomeni di spolveramento durante la preparazione della sospensione da irrorare e risulta quindi molto facile da utilizzare.
Dodina contro Occhio di pavone
Un altro tipo di prodotto che possiamo utilizzare contro l’occhio di pavone è la dodina che agisce quindi sia curando le vecchie infezioni, sia prevenendo quelle nuove penetrando nella foglia ed elimina il fungo proprio mentre si sta sviluppando e allo stesso tempo blocca le nuove infezioni. La dodina lascia sulla pianta le foglie guarite e permette loro di nutrire le olive senza interruzioni in modo da non danneggiare il raccolto. Quando si sceglie questo prodotto è importante sapere che esso combatte anche altre malattie come la Rogna dell’Olivo e l’Antracnosi. Anche con la dodina si possono effettuare due trattamenti all’anno, di minimo 7 giorni.
Ulivo resistente contro occhio di pavone
Un modo di prevenire l’incorrere dell’occhio di pavone, complementare e non alternativo, può essere anche quello di scegliere le varietà più resistenti a questa malattia ed evitare le più sensibili. Ciò vuol dire preferire la leccino, la Coratina, la Carolea, la Santagatese, la Tonda Iblea e l’Ogliarola messinese e allo stesso tempo lasciare perdere il Pendolino, il Moraiolo, il Frantoio.