Luxury Fashion e ambiente, le pagelle di Greenpeace
Quando facciamo shopping tra le boutique di alta moda, spesso, i sacchetti che ci consegnano contengono fibre vergini della foresta pluviale indonesiana. Le scarpe che acquistiamo potrebbero essere complici della distruzione dell’Amazzonia. Le stoffe che indossiamo potrebbero essere la causa dell’inquinamento delle acque cinesi e messicane. Greenpeace è scesa in campo per tutelare il consumatore e l’ambiente.
Greenpeace ha chiesto a 15 case d’alta moda di rispondere a un questionario di 25 domande scomode. Le domande hanno messo in rapporto i processi produttivi dei brand di lusso con la deforestazione e l’inquinamento delle risorse idriche. Alcuni brand chiamati in causa da Greenpeace hanno preferito non compilare il questionario, altre case, hanno risposto con chiarezza e trasparenza. Ecco le pagelle di Greenpeace.
Valentino: buono!
Ha avuto il massimo della valutazione, infatti è l’unico brand di lusso con una valutazione più che sufficiente. Valentino ha completato il questionario in maniera trasparente e si è potuto osservare un impegno ambientale ben consolidato con politiche d’acquisto e produzione che non causano deforestazione ne’ inquinamento idrico.
Giorgio Armani: insufficiente
Dior: insufficiente
Gucci: insufficiente
Luis Vuitton: insufficiente
Ermenegildo Zegna: insufficiente
Versace: insufficiente
Salvatore Ferragamo: insufficiente
Roberto Cavalli: pessimo
Alberta Ferretti: zero in condotta
Chanel: zero in condotta
Dolce e Gabbana: zero in condotta
Hermes: zero in condotta
Prada: zero in condotta
Trussardi: zero in condotta
I brand che non raggiungono la sufficienza sono quelli che si sono impegnati solo marginalmente nell’adottare politiche d’acquisto e di produzione a “deforestazione e scarichi zero“, mentre la valutazione “Pessimo” è stata assegnata ai brand che non danno alcuna certezza ai consumatori e hanno fornito risposte poco precise. Lo “Zero in condotta” è stato assegnato a quei brand che hanno chiuso ogni forma di comunicazione dimostrandosi, a parere di Greenpeace, aziende “non disponibili al dialogo e irresponsabili nei confronti dei consumatori.”
Pubblicato da Anna De Simone il 6 Marzo 2013