Mini e micro Assieme per l’eolico in armonia con la natura
L’eolico, quello mini e micro, è un mercato ancora con piccoli numeri in Italia ma Assieme si impegna a promuovere l’utilizzo di tali fonti. Da una parte manca l’esperienza di costruttori, installatori e manutentori di impianti, dall’altra ci sono l’eccessiva burocrazia, le problematiche tecniche di connessione e gli alti costi di gestione soprattutto per le microturbine. Alessandro Giubilo, di Assieme, racconta il loro impegno per recuperare la grande differenza che abbiamo con nazioni storicamente più avanzate, come ad esempio il Regno Unito.
1) Quando è nata la vostra associazione e con quale scopo?
Assieme è nata nel giugno 2011 per promuovere l’utilizzo della fonte micro e mini eolica, in un rapporto equilibrato tra insediamenti e natura, e sostenere la ricerca e lo sviluppo tecnologico finalizzato all’utilizzo della risorsa vento e all’uso razionale dell’energia. Le nostre principali attività sono la raccolta, l’elaborazione e la diffusione di ogni informazione utile alla conoscenza delle problematiche correlate all’uso della fonte micro e mini eolica, e la gestione di rapporti con le istituzioni pubbliche per rappresentare le esigenze dei nostri associati. Siamo impegnati anche per i impegna a favorire gli interscambi culturali e tecnici fra i soci. Si impegna nella creazione di uno standard di valutazione dei generatori micro e mini eolici.
2) Fonti mini e micro eoliche: di cosa si tratta? In termini di impatto sul paesaggio?
In Italia, in genere, definiamo micro le macchine comprese fra 0 e 5 kW e mini quelle comprese fra 6 e 200 kW con un limite superiore ulteriormente restrittivo legato a procedure ed incentivazioni di 60 kW. La classificazione tra micro e mini eolico, però, è molto generica e non esiste una normativa internazionale che definisce esattamente queste soglie, esistono indicazioni peraltro non universalmente riconosciute.
L’impatto sul paesaggio delle macchine entro i 20kW è quasi nullo, corrispondente ai classici aerogeneratori meccanici per il pompaggio delle acque praticamente presenti ovunque nel panorama delle nostre campagne. Per macchine di taglia superiore al limite dei 60kW, ovviamente, l’impatto è più elevato ma comunque sempre contenuto rispetto ai grandi aerogeneratori da 90 m e più.
3) Quante realtà oggi aderiscono alla vostra associazione? Negli ultimi 10 anni come è stato l’andamento del settore?
Attualmente abbiamo 32 associati tra costruttori, distributori ed Epc, inclusa anche una piccola rappresentanza di progettisti, contiamo che altri costruttori attualmente non associati si uniscano nei prossimi anni. Il mercato negli ultimi 10 anni è stato sostanzialmente piatto e schiacciato dalla concorrenza del fotovoltaico che offre indubbi vantaggi in termini di praticità e semplicità di utilizzo. E’ stato installato solo circa 21 MW di impianti nella fascia entro i 250 kW ma molti di questi sono stati allacciati negli ultimi 3 anni. Con la nuova tariffa omni-comprensiva dovremmo comunque allacciare almeno 10-20 MW all’anno per i prossimi 3 anni, recuperando la grande differenza che abbiamo con nazioni storicamente più avanzate di noi, come ad esempio il Regno Unito.
4) Quali sono oggi le maggiori problematiche inerenti all’uso della fonte micro e mini eolica?
Le problematiche tecniche ritengo siano strettamente connesse alla mancanza di esperienza da parte dei costruttori relativamente giovani e soprattutto degli installatori e manutentori di impianti che hanno bisogno di un periodo di apprendistato per conoscere a fondo le macchine. Se si intendono invece le criticità di sistema, queste sono da attribuirsi ad un eccessiva burocrazia anche non omogenea tra regione e regione, alla mancanza quasi totale di credito da parte delle banche, alle problematiche tecniche di connessione ed agli alti costi di gestione soprattutto per le microturbine.
5) Quali sono i pregiudizi e i luoghi comuni da sfatare?
I pregiudizi sono quelli legati alla poca affidabilità delle macchine ed alla bassa producibilità dovute a numerose installazioni passate di prototipi o prodotti relativamente nuovi e poco testati. Per gli enti pubblici il problema principale è quello di slegare il concetto di grande eolico dal piccolo eolico motivo che ne impedisce la diffusione. Purtroppo spesso ci si imbatte in personaggi che non capiscono la differenza tra una macchina di 15 metri ed una di 90 metri e tendono a bocciare qualunque progetto che porti il nome di eolico.
6) Che rapporto avete con le istituzioni pubbliche? Quali richieste rivolgete loro per valorizzare il vostro settore?
Siamo tra le fondatrici del coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) che si occupa di interfacciare con il Governo tutte le associazioni di settore, in particolare per quanto concorre allo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e dell’efficienza energetica nel quadro di un modello economico ambientalmente sostenibile, della decarbonizzazione dell’economia e del taglio delle emissioni clima-alteranti. Le richieste che rivolgiamo al Governo sono la semplificazione burocratica e l’uniformità di comportamento delle varie amministrazioni, la riduzione dei costi fissi di gestione dei contatori per macchine microeoliche almeno entro i 6 kW, la liberalizzazione totale dell’allaccio in rete sotto 1 kW, il riconoscimento ufficiale, tramite una dichiarazione dell’agenzia delle entrate, della detrazione IRPEF anche per il micro e minieolico, l’equiparazione della fiscalità delle imprese agricole rispetto al fotovoltaico, l’eliminazione dell’ICI per tutte le macchine mini eoliche, la facilitazione di accesso alla connessione.
7) Perchè è necessario uno standard di valutazione dei generatori micro e mini eolici?
E’ necessario per orientare al meglio i clienti e gli investitori. Gli impianti eolici hanno la caratteristica di produrre la loro potenza in relazione alla velocità del vento, di conseguenza il primo passo per operare una semplificazione delle varie schede tecniche sarebbe quello di fissare una data velocità del vento per tutte le macchine e su questa identificare in maniera univoca la potenza nominale. Il secondo passo sarebbe la certificazione delle macchine da ente terzo in modo da essere ragionevolmente certi che con dati corretti di ventosità media la macchina produca esattamente quanto specificato nella scheda del produttore. Si potrebbe poi, come già succede in molti paesi del mondo, allargare la certificazione anche a fattori di sicurezza e di durabilità delle macchine. Il problema che in un mercato con piccoli numeri come il nostro, queste operazioni graverebbero sul costo di acquisto della macchina e di conseguenza sul cliente finale rendendo l’operazione antieconomica a meno di non avere un prodotto in grado di competere globalmente, come avviene in particolare con alcuni prodotti Europei ed Americani presenti in Italia.
Pubblicato da Marta Abbà il 13 Febbraio 2013