Microscopio elettronico: come funziona
Microscopio elettronico, non si tratta di un microscopio che si attacca alla presa della corrente, che al massimo sarebbe comunque elettrico, ma di uno strumento molto utile in campo scientifico e che si basa su principi di Fisica che possiamo indagare anche se non è la nostra materia.
Nello specifico si tratta di un tipo di microscopio che non sfrutta la luce come sorgente di radiazioni, ma un fascio di elettroni. Ad inventarlo sono stati due tedeschi nel lontano 1931, Ernst Ruska e Max Knoll, negli anni il microscopio elettronico si è evoluto, come vedremo, ma lo spunto iniziale resta prezioso.
Microscopio elettronico: come funziona
Come accennato, usa un fascio di elettroni e non quello “solito” di fotoni, come accade nel suo corrispettivo ottico. C’è un motivo, non è un dispetto o una disubbidienza, e men che meno uno sfizio che i due inventori tedeschi si sono voluti togliere. I fotoni che troviamo in un raggio di luce hanno una lunghezza d’onda maggiore rispetto a quella degli elettroni, questo ha delle conseguenze sul potere di risoluzione di un microscopio che, infatti, è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione che utilizza.
Passando alle conclusioni pratiche, il fascio di elettroni del nostro microscopio permette di raggiungere una risoluzione di parecchi ordini di grandezza superiore a quella del microscopio ottico.
Microscopio elettronico a scansione
Una delle tipologie più utilizzate è quella a scansione. Quando un fascio di elettroni colpisce il campione, esso emette numerose particelle fra cui gli elettroni secondari che vengono poi rilevati da uno speciale rivelatore e convertiti in impulsi elettrici. Si parla di microscopio elettronico a scansione perché il fascio scandisce il campione, non resta fisso, passa su di esso, in una certa zona rettangolare, riga per riga, in sequenza.
Microscopio elettronico a trasmissione
Se non è a scansione, nella maggior parte dei casi, un microscopio è a trasmissione, e viene definito anche con la sigla TEM che sta per Transmission Electron Microscope – Microscopio Elettronico a Trasmissione. In questo caso gli elettroni del fascio attraversano una sezione dove è stato creato precedentemente il vuoto e passano completamente attraverso il campione.
Microscopio elettronico: risoluzione
La preferenza per gli elettroni, nel caso del microscopio elettronico, è legata alla risoluzione che si vuole ottenere, che è maggiore di quella risultante quando il fascio che colpisce il campione è di fotoni. Il potere di risoluzione di un normale microscopio elettronico SEM a catodo di tungsteno, per farci un’idea, si aggira intorno ai 5 nm. Lo si vede usare a volte per identificare le particelle che compongono il particolato atmosferico, come gli idrocarburi policiclici aromatici, ma anche per studiare l’Helicobacter Pylori
Microscopio elettronico ad emissione di campo
C’è anche questa più rara a vedersi tipologia di microscopio elettronico, in cui abbiamo un bulbo di vetro in cui viene fatto il vuoto mentre la sua superficie è ricoperta da una patina fluorescente, al centro c’è contenuta una punta di tungsteno dal diametro molto piccolo.
Tra punta e superficie del bulbo si va a creare una differenza di potenziale molto alta che produce un campo elettrico molto intenso vicino alla punta che, se carica negativamente, perde gli elettroni essendo essi accelerati radialmente verso lo schermo.
Si ottiene una immagine, da questo microscopio, da cui ricostruire la disposizione degli atomi della punta stessa con una risoluzione di circa 25 Å. Mostra di solito chiazze scure in corrispondenza agli interstizi tra due atomi, e tracce dell’arrivo delle molecole di elio.
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Pubblicato da Marta Abbà il 26 Marzo 2018