“Sviluppo sostenibile”: un concetto fin troppo inflazionato ed usato nelle sfaccettature più varie e possibili. Dagli SD Goals posti dalle nazioni unite nel 2015 fino agli incentivi nazionali, passando per le politiche europee per lo sviluppo, questo paradigma ha assunto diverse facce e connotati che possono renderlo nebuloso ed astratto. Anche gli esperti non si sottraggono a questo vortice ecologico che ha invaso ogni settore della nostra vita ed è difficile tracciare una linea tra l’ideologia e l’applicazione pratica. Presso la Camera Arbitrale di Milano, la sperimentazione della mediazione ambientale ha fornito l’occasione di vedere una possibile applicazione pratica di questo modello di sviluppo. Da sperimentazione è diventato infatti uno strumento effettivo proposto dalla Camera Arbitrale per poter dare la possibilità ad aziende, privati ed enti pubblici di gestire in modo alternativo controversie di carattere ambientale.
Sviluppo sostenibile e mediazione ambientale: qualche definizione
La mediazione ambientale è uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) che si rivolge tutti i soggetti coinvolti in controversie ambientali (cittadini, imprese, pubbliche amministrazioni) sia nazionali che internazionali. I conflitti ambientali sono poco adatti al ricorso alla giustizia ordinaria, che si limita a stabilire torti e ragioni in tempi spesso troppo lunghi. È invece necessario trovare, in tempi brevi, soluzioni creative e condivise che siano efficaci e durature: situazioni di questo genere, se gestite correttamente, possono diventare opportunità di crescita, di sviluppo. Come rendere questo sviluppo sostenibile?
La prima definizione di sviluppo sostenibile venne data dal rapporto Brundtland in 1987: lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Questa definizione ha come postulato che le risorse di cui disponiamo sono limitate e scarse e che bisogna utilizzarle adeguatamente, ma soprattutto, dobbiamo disporne pensando alle generazioni future. Questa descrizione è tanto fondante quanto astratta all’orecchio del cittadino; è vero che bisogna pensare a lungo termine e gestire meglio le nostre risorse per non esaurirle, ma, concretamente, come si fa?
Molti enti hanno elaborato diversi manuali, come Le Linee Guida OCSE per le imprese multinazionali. Sono nate certificazioni apposite che permettono di navigare meglio le acque sconosciute della sostenibilità. Oltre alla definizione, negli anni, sono state sviluppate diverse tecniche che permettano all’attività umana di essere sostenibile e tutte quante si basano su un preciso meccanismo: il bilanciamento dei 3 interessi concorrenti (economico, sociale ed ambientale) che permeano qualsiasi sfera dell’attività umana. Non si può pensare di creare il cosiddetto “business as usual”, unicamente orientato al profitto, senza tenere a mente l’impatto che questa attività avrà sulla sfera sociale o ambientale. Anche dal punto di vista meramente economico, è facilmente comprensibile: un’attività che non tiene conto del vicinato o dell’ambiente circostante avrà sicuramente più difficoltà nel lungo termine ad operare, esponendosi a perdite economiche; si pensi semplicemente al negozio di paese o all’agricoltore. Non si può neanche pensare di creare un’attività (a meno che non sia un’organizzazione che vive di fondi) che si basi solo ed unicamente sull’etica e sul sociale: senza sostenibilità economica anche i progetti più belli non possono andare avanti.
L’idea generale è che i precetti della sostenibilità vengano seguiti a priori, e l’augurio è che tutte le forme di business abbiano come base questi core principles, si basino su queste direttive e linee generali diventando perfettamente sostenibili e garantendo un futuro migliore ai nostri figli. La realtà è diversa. Anche con le migliori intenzioni, cercando di seguire più regolamenti possibili e avere il massimo delle certificazioni, data la novità e complessità dell’operazione “diventiamo sostenibili”, è stato dimostrato che sia gli attori pubblici che gli attori privati si possano ritrovare in situazioni di apparente conflitto legato a tematiche sociali ed ambientali.
Il termine “apparente” non è usato casualmente, ma anzi acquisisce un significato molto importante, nel senso che questi conflitti sorgono per mancanza di conoscenza, per mancanza di norme, per mancanza di trasparenza e, molto spesso perché sono nuovi e non si ha esperienza nel gestirli. Spesso, non ne hanno esperienza né gli attori coinvolti, né i tribunali, che non sanno come risolvere una questione al di là del decidere chi abbia torto oppure ragione. La mediazione ambientale aiuta proprio a gestire adeguatamente certe situazioni critiche e a trasformarle in occasione di crescita attraverso il dialogo, l’esplorazione degli interessi, il confronto e la collaborazione per trovare una soluzione che incontri l’interesse di tutti.
Il denominatore comune tra mediazione ambientale e sviluppo sostenibile: bilanciare interessi
Ma cosa causa i conflitti che sorgono attorno a problemi di carattere ambientale? Il responsabile onnipresente è l’asimmetria degli interessi; ovvero, uno sbilanciamento verso uno dei 3 interessi fondamentali sopracitati: economico, sociale e ambientale. Negli Stati Uniti si utilizza spesso il motto People, Planet, Profit, che illustra molto bene come questa triade sia interdipendente e vada ormai integrata in qualsiasi attività umana. E’ importantissimo bilanciare questi interessi non solo per garantire una miglior qualità della vita ai presenti e un futuro più prospero ai posteri; ma anche perché l’attività in questione, l’idea di business, abbia le gambe lunghe e possa prosperare a lungo, e chiunque inizi un percorso nel mercato economico si augura che la sua attività possa perdurare nel tempo.
In Mediazione si crea uno spazio di confronto e condivisione in cui si guarda alle possibilità future, e dando voce a tutti i portatori di interesse si cerca di ribilanciare questi 3 pilastri fondamentali.
Lo sviluppo sostenibile è un’idea, una filosofia, ma la mediazione ambientale rappresenta la sua applicazione pratica, lo strumento per ristabilire la bilancia che permette di ridare l’adeguato spazio a ciascuna dimensione; ambientale, economica e sociale.
Un altro nostro articolo correlato che ti consigliamo di leggere è Mediazione ambientale: casi pratici
A cura di Lea Di Salvatore