Il dibattito sull’impatto ambientale dei biocarburanti continua. Questa volta a sollevare la questione è la Commissione europea che agisce per limitare gli “effetti collaterali” legati alla diffusione dei presunti combustibili verdi. Prima di approfondire il provvedimento di Bruxelles, bisogna chiarire un concetto: quando parliamo di biocarburanti ci riferiamo a quelli derivati dalle biomasse come il bioetanolo ricavato dalla canna da zucchero e il biodiesel ottenuto dagli oli vegetali. Non hanno niente a che vedere i biocarburanti di nuova generazione come quelli prodotti in laboratorio a partire dalle alghe, dalla pirolisi dei rifiuti plastici o altri catalizzatori biologici.
Entro il 2020, i biocarburanti, dovrebbero coprire il 10% del fabbisogno energetico dei trasporti. A ribbellarsi sono le stesse associazioni ambientaliste. Il problema è il cosiddetto Indirect land use change. Le coltivazione necessarie ai biocarburanti di prima generazione sono in concorrenza con le colture alimentari, in altre parole, le “piantagioni energetiche” occupano il terreno necessario alla produzione di cibo. Per non parlare del problema del land grabbing!
L’agricoltura legata alla produzione di biocarburanti è costretta a spostarsi altrove e potrebbe danneggiare ecosistemi come foreste, torbiere e pascoli. Una massiccia diffusione di biocarburanti potrebbe essere causa di disboscamenti e incrementare il surriscaldamento terrestre: gli ecosistemi minacciati dalla coltivazione legata ai biocarburanti, assorbono l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, se spariscono per lasciare spazio alle coltivazioni intensive, il bilancio complessivo delle emissioni di CO2 sarebbe negativo.
L’analisi ha visto la somma delle emissioni di CO2 legate alle pratiche agricole per la produzione di biocarburanti ma anche le emissioni prodotte dai mezzi di trasporto per fare arrivare la materia prima a destinazione. Così si è scoperto che un litro di biocarburante può essere più inquinante di un litro di benzina perché non vi sarebbero più piante per assorbire il biossido di carbonio presente nell’atmosfera.
Il commissario per il Clima, Connie Hedegaard ha spiegato che «dobbiamo investire in biocombustibili che taglino davvero le emissioni inquinanti senza competere con l’alimentazione». Così la Commissione ha chiuso parzialmente la porta al bioetanolo e al biodiesel di prima generazione, con un tetto massimo del 5% nel 2020.
I biocarburanti che dovranno coprire il 10% della richiesta energetica dei trasporti, dovranno essere quelli di nuovo stampo, provenienti dagli scarti agricoli, dai rifuti organici e dalle alghe. E’ per questo che la Commissione europea ha proposto di aumentare i sussidi per i biocombustibili di nuova generazione.
a cura di Anna De Simone