Quando un impasto è più digeribile
Quando un impasto è più digeribile che lo siamo chiesti tutti almeno una volta nella vita, magari quella sera in cui una pizza o un particolare prodotto da forno ci sono rimasti sullo stomaco e ci siamo chiesti in cosa abbiamo sbagliato o in cosa ha sbagliato chi lo ha fatto.
Esistono diverse teorie in merito ad una ipotetica correlazione tra lievitazione e digeribilità, il tema è fortemente discusso ed è importante entrare nel merito di queste valutazioni per comprendere meglio i meccanismi che ci fanno digerire più o meno bene ciò che mangiamo e a cui magari non abbiamo intenzione di rinunciare.
Impasto digeribile: come funziona la digestione
Per comprendere quando un impasto è più digeribile di altri di inizia con l’indagare sul processo di digestione in sé che in verità non è un processo solo comprende una serie di passaggi in parte meccanici, in parte chimici tutti con sede nell’apparato digerente mirati a rendere gli alimenti in grado di nutrirci.
Al variare delle sostanze ingerite possono cambiare anche i processi di digestione, quelli dei carboidrati ad esempio ha inizio nella cavità orale per azione dell’α-amilasi salivare e prosegue nell’intestino in cui si formano glucosio e maltosio, poi quest’ultimo viene idrolizzato e va a formare due molecole di glucosio (monosaccaride). Per le proteine la digestione parte nello stomaco con la pepsina, ma continua nell’intestino con le peptidasi pancreatiche e finisce nell’intestino tenue con le amminopeptidasi secrete.
Per i grassi tutto inizia fin dalla bocca con la lipasi salivare e prosegue nell’intestino grazie all’azione della lipasi pancreatica, del colesterolo esterasi e della fosfolipasi A2. Il nostro organismo quindi è sempre in grado di digerire un impasto, nelle due tre componenti che abbiamo analizzato, indipendentemente dalla scomposizione dei suoi macronutrienti
Impasto digeribile e lievitazione
Per comprendere se la lievitazione impatta sulla digeribilità di un impasto scopriamo meglio come essa avviene. In questa fase di forte espansione, pari a più volte il volume originale della massa, entrano in gioco le proprietà viscoelastiche dell’impasto e la presenza di sostanze emulsionanti che stabilizzano le bolle di gas
Oltre alla lievitazione biologica, ne esistono di altri tipi come la chimica, la fisica, quella con vapore acqueo o con sistemi misti ma prenderemo in analisi la prima che è quella collegata alla presenza di lievito compresso composto da cellule viventi o di lievito naturale composto da lieviti e batteri lattici endogeni della farina. Possiamo trovarci a questo punto di fronte ad una lievitazione biologica diretta o indiretta, nel primo caso la fermentazione avviene almeno in due fasi perché i vari ingredienti vengono impastati contemporaneamente e poi lasciati lievitare. Nella fase uno vengono indotti cambiamenti reologici nell’impasto che diventa leggermente acido per via della solubilizzazione di parte della CO2. Nella fase due si raggiunge il volume massimo dell’impasto lasciato solitamente per un’ora a temperatura e umidità controllate.
Nella lievitazione indiretta il processo prevede che gli ingredienti vengano aggiunti in tempi diversi e si va a formare una biga con porzioni di lievito, farina e acqua, poi dopo diverse ore si aggiungono gli altri ingredienti. A questo punto, quando il lievito ha raggiunto la capacità di fermentazione ottimale con tutti gli ingredienti presenti, si attende massimo un’ora per la lievitazione dell’impasto che deve attendere ancora un’altra ora, tagliato e modellato, prima di essere cotto.
Quale lievito usare per un impasto più digeribile
Visto che finora la lievitazione non sembrerebbe influire sulla presenza di un impasto più o meno digeribile, possiamo andare a consultare le ricerche sui benefici nell’utilizzo del lievito naturale al posto del lievito di birra. In questo frangente troviamo sì dei risultati interessanti perché scopriamo che ci sono delle differenze e proprio il lievito naturale rende l‘impasto più digeribile perché dà una risposta glicemica postprandiale decisamente inferiore rispetto al pane e ai prodotti fatti lievitare con lievito di birra.
Un altro fattore che influisce sulla digeribilità di un impasto è l’aumento degli aminoacidi liberi, ciò significa che un processo di lievitazione di maggior durata è preferibile perché permette una maggiore azione degli enzimi proteolitici che porta appunto all’incremento di questi aminoacidi.
Di motivi per scegliere il lievito naturale ce ne sono diversi, anche che non riguardano la qualità della nostra digestione. Ci sono infatti degli impatti dell’uso di questo ingrediente anche sulla conservazione del prodotto. Questo è legato al miglioramento dell’acidificazione che il lievito naturale riesce a produrre. Il suo pH del lievito, infatti, è in grado di inibire la crescita e l’attività di batteri di deterioramento come Bacillus subtilis o Clostridia.
Sempre al grado di acidità di questo lievito possiamo anche ricondurre il lungo tempo di conservazione dei prodotti ricavati, senza che compaiano muffe che con il pane creato con il lievito di birra si possono presentare più facilmente. C’è poi una osservazione da fare anche sul pane raffermo. Esso diventa tale più velocemente quando il lievito è di birra, il lievito naturale rallenta il raffermamento ed è sempre da collegare al livello di acidità dell’impasto Un impasto è quindi più digeribile quando si utilizza il lievito giusto, naturale, beneficiando di tutti gli altri vantaggi che questo ingrediente porta con sé.
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Pubblicato da Marta Abbà il 31 Gennaio 2021