Giovani e agricoltura: speranze e bisogni

giovani-agricoltura

Abbiamo detto della crescita in fatturato del settore agricolo-agroalimentare, dei nuovi nuovi posti di lavoro tra campi e fattorie e del boom di under 35 che intraprendono il mestiere del contadino. Bene, bello, ora però facciamoci una domanda: perché i giovani italiani si avvicinano all’agricoltura dopo che un’intera generazione ha fatto di tutto per lasciarsi alle spalle il mondo rurale? E quali sono le reali prospettive di questi nuovi pionieri?

Mettendo insieme con pazienza il contenuto di interviste, dibattiti, forum, blog, convegni, programmi tv e quant’altro vi venga in mente negli ultimi tempi emerge che alla prima domanda corrispondono due risposte: l’avvicinamento dei giovani all’agricoltura nasce sia da un bisogno di concretezza avvertita dopo anni di economia basata principalmente sulla speculazione finanziaria, sia dalla difficoltà nel trovare lavoro in altri settori; da qui la disponibilità anche ai lavori stagionali che fino a pochi anni fa facevano solo gli stranieri. Le due motivazioni pesano uguale: scelta e necessità alla pari, cinquanta e cinquanta.

E per quanto riguarda le prospettive dell’agricoltura? Beh, da questo punto di vista regna l’ottimismo e tutti i navigati esperti concordano che nonostante le difficoltà poste da una burocrazia opprimente (ma chi l’ha fatta così?) e dal solito farraginoso sistema Italia (ma chi l’ha voluto?), i giovani in futuro potranno avere grandi soddisfazioni dal settore agricolo e nel contempo anche aiutare l’Italia a recuperare un paesaggio rurale dignitoso che si stava perdendo; forse anche perché aggredito in tutti i modi nei decenni scorsi. I giovani ringraziano e ci sperano davvero.

Discorsi a parte, le prospettive di lavoro sono concrete e non riguardano solo ortaggi e animali: le agroenergie (biogas e dintorni) negli ultimi anni hanno creato oltre 13mila posti di lavoro (anche problemi e polemiche a dire il vero ma questo è un altro capitolo) e sembra esserci ancora molto spazio di crescita. Probabilmente questo contribuisce a far cambiare l’attenzione dei giovani verso l’agricoltura, che decisamente non è più considerata un settore di serie b. Aggiungiamo un altro dato sul biogas: oggi in Italia il settore è costituito da circa 200 impianti  che producono  circa 900 megawatt di energia ogni anno. Ci manca purtroppo il numero preciso degli addetti, ma parliamo di qualche migliaio di persone.

Un aspetto che sarà utile considerare, sempre in tema di prospettive e per non ingannare i giovani, è che non si può parlare di crescita del biogas (che trova nei campi la sua materia prima) senza affrontare il problema della sua convivenza con l’agricoltura destinata all’alimentazione. Servono regole sull’uso del suolo e piani energetici che consentano lo sviluppo delle agroenergie senza sottrarre spazio (cioè terreni) all’utilizzo tradizionale per la produzione di derrate alimentari; per esempio favorendo l’uso energetico degli scarti delle lavorazioni agricole rispetto alle coltivazioni dedicate. Per non trovarsi presto di fronte a contraddizioni tanto palesi quanto disastrose.

Prospettive interessanti ce ne sono anche nell’agriturismo con le sue derivazioni: cicloturismo, ippoturismo e l’agriturismo enogastronomico. Lo sviluppo turistico rappresenta una grande opportunità per il mondo agricolo e per l’Italia in generale, anche perché si tratta di attività che implicitamente comportano la difesa dell’ambiente. Anche qui riusciamo a dare un dato: l’agriturismo enogastronomico porta in tutta Italia circa 4,5 milioni di turisti ogni anno per un indotto di circa 5 miliardi di euro. Se vi sembrano tanti sappiate che la sola Napa Valley in California ne attira 6 milioni. Per migliorare servirebbero un migliore coordinamento, anche in collegamento con le località turistiche tradizionali, e politiche adeguate.

Questi spunti nascono dalla tavola rotonda in tema agricoltura nel corso del terzo incontro dell’edizione 2013 di ‘Economia sotto l’ombrellone’ svoltosi a Lignano Pineta il 17 agosto.