Ftalati: cosa sono e dove si trovano
Ftalati, materiali che si fa fatica a pronunciare e anche a tollerare, perché sono considerati nocivi per le persone e anche per gli animali. Hanno delle caratteristiche chimiche che li rendono tali e sono più vicini a noi di quanto si possa pensare. Vediamo come limitare il più possibile la loro presenza nella nostra vita.
Ftalati: cosa sono
Per definizione sono esteri dell’acido ftalico, in modo più comprensibile possiamo definirli sostanze generalmente poco solubili in acqua, molto solubili negli oli e poco volatili che si presentano come liquidi incolori. Possono quindi sembrare del tutto innocui, non lasciamoci ingannare da questa apparenza “insignificante” e innocente.
Tra gli ftalati troviamo anche lo diottilftalato, il DEHP, plastificante principale del PVC per via del suo basso costo, il diisodecilftalato (DIDP), il diisononilftalato (DINP) e il benzilbutilftalato (BBzP). Proprio quest’ultimo è utilizzato anch’esso nel PVC, in quello espanso.
Ftalato: acido di potassio
Tra gli ftalati troviamo anche il biftalato di potassio (o idrogenoftalato di potassio) che è legato all’acido di potassio e possiamo trovare anche indicato con l’abbreviazione KHP. Si tratta di un un sale di potassio dell’acido ftalico che a temperatura ambiente si presenta come un solido bianco e inodore e che, in soluzione acquosa, risulta incolore.
Andando ad analizzare meglio le caratteristiche di questa sostanza notiamo che non è igroscopico, all’aria è stabile ed è quindi facile da pesare, motivo per cui è stato adottato come standard primario di titolazione per la standardizzazione dell’idrossido di sodio (NaOH) e anche per la calibrazione del pHmetro.
Ftalati: dove si trovano
Conosciuto da vicino uno dei più noti e comuni, vediamo più in generale dove possiamo incontrare gli ftalati, proprio per cercare di non entrarvi in contatto, per quanto è possibile. Questi composti chimici sono tuttora usati con frequenza nell’industria delle materie plastiche come agenti plastificanti. Il loro ruolo è quelli di migliorare la flessibilità e la modellabilità dei polimeri a cui vengono aggiunti.
Oggi l’impegno è quello di far diminuire il loro impiego ma nell’ormai lontano 2004 la produzione mondiale di ftalati era stata stimata in 400.000 tonnellate, negli anni venti hanno iniziato ad essere conosciuti ed utilizzati e il boom è stato negli anni cinquanta, guarda caso in corrispondenza con l’esordio sul mercato del PVC.
Già nel 2003 erano stati condotti degli studi con il sospetto che gli ftalati producessero pessimi effetti sulla salute delle persone, similmente a quelli degli ormoni estrogeni quindi la femminilizzazione dei neonati maschi e disturbi nello sviluppo dei genitali e nella maturazione dei testicoli. Al contempo è stato provato che creano danni al fegato, ai reni, ai polmoni ed allo sviluppo dei testicoli sui roditori che restano esposti a queste sostanze per un tempo elevato.
C’è anche un recente studio americano che ci porterebbe a sospettare che esista un nesso tra la presenza costante di ftalati e aborti spontanei nelle donne che si sottopongono a fecondazione assistita. Le ricerche proseguono ma dagli ftalati è meglio restare il più lontano possibile.
Ftalati: cosmetici
Nei cosmetici come anche nei profumi e negli insetticidi troviamo spesso degli ftalati, in particolare quelli di alcoli leggeri come il dimetilftalato e il dietilftalato. Restando nel settore cosmesi e cura del corpo, questi composti sono presenti spesso anche nel processo di preparazione di smalti per unghie, come di adesivi e vernici.
Ftalati: pellicola per alimenti
Essendo utilizzato per produrre il PVC, possiamo trovare degli ftalati anche a contatto con alimenti. Questo materiale plastico infatti è ancora spesso usato per il confezionamento di cibo come in tutt’altri ambiti, resta apprezzato perché è un materiale morbido e modellabile anche a basse temperature e se lo è, lo deve proprio alla presenza di uno ftalato al suo interno.
Ftalati: dispositivi medici
Lo ftalato che possiamo trovare in ambito medico è il DEHP che è ritenuto dall’Unione Europea un composto chimico tossico per la riproduzione. Rientra sempre in quei ftalati usati nella produzione di PVC e quello che si teme è che una continua esposizione a questo DEHP possa causare la riduzione di fertilità o arrecare danni ai feti. Ecco perché si cerca ultimamente di limitare la presenza di DEHP e di altri ftalati nei dispositivi medici, soprattutto se pediatrici o a diretto contatto con l’utente.
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Pubblicato da Marta Abbà il 14 Gennaio 2018