EPI: Environmental Performance Index. L’Italia è 29^
EPI sta per Environmental Performance Index ed è un modo per misurare quanto “disturbiamo l’ambiente che ci circonda e di conseguenza anche un po’ noi stessi. In base all’EPI vengono stilate anche le classifiche dei vari Paesi, con tanto di top ten, di chi scende e di chi sale.
L’Italia si è recentemente piazzata 29esima. Risultato non molto onorevole, soprattutto tenendo conto che è in discesa. Allora proviamo a capire meglio cosa vuol dire avere mal di EPI e come guarire.
EPI (Environmental Performance Index): di cosa si tratta
L’EPI è, tradotto, l’indice di sostenibilità ambientale e classifica i Paesi in termini di impatto ambientale. Si tratta di un parametro, di un numero, che è stato sviluppato a partire dal Pilot Environmental Performance Index, un documento stilato per integrare gli obiettivi ambientali delle Nazioni Unite e che è comparso per la prima volta nel 2002.
Per calcolare il proprio EPI si prendono in considerazione 20 indicatori che riguardano due macro aree: salute dell’essere umano e protezione dell’ecosistema. Calcolando i vari indicatori, anche prima di arrivare all’indice finale dell’EPI, già siamo in possesso di un prezioso strumento per migliorare le performance del Paese. Infatti settore per settore, gli indicatori ci mettono in grado di capire quanto e in quale ambito ci stiamo impegnando abbastanza e dove possiamo fare di più per la salvaguardia dell’ambiente.
A calcolare l’EPI sono i ricercatori della Columbia University e della Yale University, da oltreoceano, in collaborazione con il World Economic Forum e il Centro comune di ricerca della Commissione Europea. Affianco ai 20 indicatori ci sono altri fattori che influiscono sull’EPI nel giudicare le azioni e la situazione in cui ogni Paese si trova. Ad esempio sarete con me, e con loro, d’accordo, che non si può trascurare l’inquinamento dell’aria, la qualità dell’acqua e delle sue fonti, lo stato dell’agricoltura, la tutela delle foreste, la sostenibilità della pesca.
EPI: nel 2016 l’Italia è 29^
Quanto a EPI, da non confondere con PIL e altri indici e valutazioni, altrettanto importanti, l’Italia non va molto bene. Anzi, peggiora: è arrivata nei primi 30 paesi per un soffio, tenendosi aggrappata al 29esimo posto. Così hanno decretato i ricercatori della Yale University e dalla Columbia University, in collaborazione con il Forum Economico Mondiale e il Centro comune di ricerca della Commissione Europea.
I “partecipanti” alla gara di EPI sono 180. Vista facendo un passo indietro 29/180 potrebbe non essere un risultato per cui mettersi le mani nei capelli, certo non stare con le mani in mano, Soprattutto, è preoccupante il fatto che siamo scesi: nel 2014 eravamo al 22esimo posto e nel 2012 era addirittura all’ottavo posto.
Per meglio comprendere questo posizionamento in fatto di EPI vediamo come se la cavano i nostri vicini e chi sono i campioncini di EPI. Sul podio troviamo Finlandia, Islanda e Svezia, una vittoria del Nord Europa che straccia il resto del mondo e non sono da molto in queste tre splendide posizioni, le hanno soffiate rispettivamente a Svizzera, Lussemburgo e Australia.
Scendendo di EPI troviamo ancora Nord Europa con la Danimarca ma poi la classifica si apre ad altre zone. Motivo per cui l’Italia non può certo prendere come scusa, per il suo basso EPI, di non essere in una area “favorevole”. Anche perché, passata la Slovenia al quinto posto, al sestoc’è la nostra vicina e per certi aspetti a noi simile Spagna e, subito dopo, il Portogallo.
EPI: la relazione con il PIL
Da non confondere con il PIL, l’EPI, come dicevo, ma da mettere in relazione sì. Eccome. Anche se non si arriva ad un legame facilmente sintetizzabile e di univoca interpretazione. Non c’è una regola, insomma, ma nel paragonare EPI e PIL di alcune aree si comprendono meglio comportamenti e tendenze insite in noi esseri umani e nelle società che abbiamo messo in piedi.
Si legge sul documento di EPI 2016 come emerga dalla classifica che i Paesi in Europa mostrano tendenzialmente ad oggi un EPI più alto in relazione ad un PIL alto, soprattutto se confrontati ad altri che in zone differenti sono molto più in asso alla classifica, come i paesi sub sahariani e soprattutto la Somalia, con un EPI decisamente scarso.
Questa correlazione suggerisce abbastanza banalmente come i Paesi che se lo possono permettere, investono un po’ di risorse per migliorare le condizioni di vita e di benessere. Banalmente, ho scritto, ma guardando l’Europa, perché alto EPI “dato che il PIL è alto” non è una regola che vale per Cina e India. Per nulla: PIL alto e EPI molto molto basso, come se il primo quasi “pesasse” sul secondo. Avere attenzione per l’ambiente, e avere un buon posto nela classifica EPI, non è solo una questione economica: c’è altro.
Lo ha capito e lo dimostra l’Armenia che ha un relativamente basso indice di ricchezza ma un alto EPI, soprattutto se paragonata con gli altri paesi che hanno ricchezza pro capite simile alla sua ma performance ambientali molto più scarse.
Più interessante è andare a investigare per settori, come il PIL alto riesce andare una spinta positiva in quanto a EPI. Compare infatti che quando si hanno le risorse, si tende a investire, o per lo meno a far andare meglio, i settori che vanno a toccare la qualità di vita delle persone e la loro salute. Più l’ambiente interagisce con l’uomo, facendolo ammalare o meno, facendolo guadagnare o meno, più si diventa ambientalisti.
Infatti dipende poco dal PIL l’area di EPI che riguarda la vitalità dell’ecosistema, meno evidentemente legata alla vita dell’uomo – legame meno banale, anche se molto profondo, in verità, forse troppo a lungo termine per gente poco lungimirante. Come esempi, celebri, ecco paesi molto ricchi ma che della vitalità dell’ecosistema sembrano fregarsene abbastanza: così segnala il loro EPI. Sono Kuwait Qatar, Oman e Arabia Saudita. Per quanto riguarda poi la pulizia dell’acqua e delle sue fonti ed energie rinnovabili, si tratta di investimenti che, raggiunto un certo stato di agiatezza, arrivano.
EPI: come risalire la classifica
Consci del nostro 29esimo posto, “battuto il fondoschiena” con questa caduta di 7 posti in due anni, chiediamoci come risalire e chiediamolo ai primi classificati: i finlandesi. Non c’è nulla di male a copiare chi è più bravo di noi, basta farlo in modo onesto e sincero, e intelligente. Dico intelligente perchè è ovvio che noi Italia non possiamo fare copia-incolla di iniziative che hanno portato la Finlandia ad essere la campionessa di EPI. Non siamo la Finlandia e non viviamo nel Nord dell’Europa. Lasciamoci ispirare dalla sua intraprendenza.
La Finlandia è stata la prima del nostro continente munita di aerei a basso tasso d’inquinamento ambientale. EPI certo ha apprezzato questa mossa a cui ha contribuito la compagnia di bandiera Finnair che grazie ad un sistema di gestione eco sostenibile degli impianti, ha potuto raggiungere le prestazioni richieste dagli standard ambientali.
Sempre nel campo dei trasporti, ma tornando coi piedi per terra, la Finlandia ha il primato autostradale: per prima stavolta la mondo, ha costruito una autostrada “verde”. Da Turku, sulla costa occidentale, sino a Vaalima, al confine con la Russia: 130 km con postazioni per la ricarica delle auto elettriche e biocarburanti prodotti con le risorse locali. Non solo, anche “luci intelligenti” che decidono quanto vale la pena di illuminare a seconda delle condizioni climatiche e di traffico. Una mossa vincente per l‘EPI, per il consumo di energia elettrica e anche per l’inquinamento luminoso di cui l’Italia, soprattutto il nord Italia, ne sa qualcosa.
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Pubblicato da Marta Abbà il 16 Febbraio 2016