La figura dell’energy manager nasce nel mondo anglosassone ai tempi della prima crisi petrolifera del 1973. L’emergenza, particolarmente grave, spinse i decisori ad affidare a una persona competente e capace – dotandola di potere e mezzi necessari – l’incarico di affrontare e risolvere l’emergenza energetica. Fatti gli ovvi distinguo, non sfuggono le analogie con la situazione odierna in cui guarda caso l’energy manager ‘torna di moda’.
Oggi la FIRE – Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia – gestisce le nomine degli energy manager ed elabora le iniziative per promuoverne il ruolo e lo scambio di esperienze attraverso un network. La presenza di un energy manager appositamente nominato è infatti obbligatoria (Legge 10/1991) per tutti i ‘consumatori di energia’ pubblici e privati che superano il consumo di 10.000 tep per anno (se si tratta di industrie) o di 1.000 tep per anno (organizzazioni di tutti gli altri settori). La legge 10/91 considera l’energy manager il ‘responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia’, ne definisce i compiti e ne traccia il profilo ideale.
Qui sta il punto: cosa fa l’energy manager in un’azienda? Quali sono di preciso i suoi compiti? Come è inquadrato e qual è il suo potere decisionale? Questo la legge non lo dice e sta alle aziende, e alla PA, organizzarsi in modo da sfruttare al meglio le potenzialità dell’energy manager, anche alla luce dell’importanza del tema energia sul piano economico e ambientale.
Per tanti anni l’energia è stata considerata un costo fisso dalle imprese, ma il suo peso crescente e l’accresciuta sensibilità ambientale delle persone ne fanno oggi una priorità-opportunità da affrontare e gestire. Le competenze trasversali di un energy manager, una figura che non è più solo sulla carta, diventano strategiche. Ma come?
La FIRE nella sua opera di divulgazione delle tematiche energetiche sottolinea l’importanza della lettera o delibera di incarico di un energy manager. La legge non può dettagliare funzioni, compiti e obiettivi dell’energy manager – che possono anche essere diversi in funzione del tipo di organizzazione – ed è necessario che essi siano chiariti al momento dell’incarico. È fondamentale anche l’inquadramento gerarchico dell’energy manager, da cui dipenderà il suo rapporto con i diversi livelli dell’organizzazione.
Uno dei maggiori ostacoli allo svolgimento dell’attività di energy manager è la sua posizione nell’organigramma aziendale. Se per esempio l’energy manager è relegato all’interno dell’ufficio tecnico il risultato è che si occupa della manutenzione degli impianti senza avere voce sui contratti che hanno ricadute energetiche (approvvigionamento vettori energetici, progettazione e fornitura di impianti ed edifici, servizio energia ecc…) o gestire un budget adeguato. Affinché l’energy manager possa contribuire al meglio è necessario – dice FIRE – prevedere un suo inquadramento nello staff a stretto contatto con i decisori.
Il ruolo dell’energy manager è in trasformazione anche a seguito dell’importanza che questa figura rivestirà in azienda nei prossimi anni e le sue competenze dovranno adeguarsi seguendo l’evoluzione della legislazione e delle necessità. FIRE dice che l’energy manager deve avere competenze tecniche ampie, comprese quelle IT; conoscenza del mercato energetico; capacità di valutazione economica; dimestichezza con la contrattualistica e conoscenze di organizzazione aziendale. Una specie di ‘mostro’ insomma…
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