L’energia talassotermica si pone all’interno della categoria delle energie rinnovabili anche se non è ancora sulla bocca di tutti come ad esempio quella solare e quella eolica, ma vale la pena di approfondire di cosa si tratta per renderci sempre più conto di quanta energia abbiamo attorno a noi.
Basta imparare a sfruttarla al meglio, ovviamente senza distruggerle l’ambiente che la produce o la possiede. Ma non abbiamo ancora detto di cosa si tratta: l’energia talassotermica è l’energia del mare, detta anche mareotermica oppure indicata con la sigla OTEC che sta per Ocean Thermal Eneegy Conversion con cui si indica anche l’apparato inerente
Energia talassotermica: cos’è
Essendo l’energia del mare, e degli oceani, questa energia utilizza la differenza delle temperature che esistono tra i diversi livelli di oceani e mari ovvero tra la superficie e le profondità. Non è affatto poca l’energia talassotermica che si riesce a produrre dai nostri mari, tenete conto che per 60 Km quadrati di mare baciato dal sole possiamo produrre energia in sostituzione di circa 250 miliardi di barili di petrolio secondo le stime del National renewable energy laboratory (Nrel)
Energia talassotermica: storia
Così presentata, essendo poco diffusa, può sembrare una energia appena scoperta ma non è affatto così e basta guardarci alle spalle per comprendere come sia da anni studiata anche se raramente utilizzata rispetto a tutte le occasioni che ci sarebbero per farlo.
Il primo prototipo risale al 1881 e lo dobbiamo ad un ingegnere francese tal Jacques Arsene d’Arsonval e fu poi un suo allievo George Claude a riuscire a costruire la prima stazione con un discreto successo. Poi il tema cadde nel dimenticatoio per quasi un secolo fino a quando, nei mitici anni 70 il Giappone rispolverò questa energia nelle isole Hawaii, riuscendo a costruire e a installare impianti con una potenza di circa 120 kW.
Energia talassotermica: come funziona
Prima di tutto è bene chiarire che non tutto i mari sono uguali tra loro e nemmeno tutti gli oceani. Ce ne accorgiamo bene ogni volta che viaggiamo o che sentiamo notizie ambientali a riguardo.
Per riuscire a ricavare davvero energia del mare è necessario che ci sia un gap di temperatura di almeno 20 gradi tra le profondità delle acque e la loro superficie. Ora prendiamo idealmente tra le mani l’Otec e andiamo a vedere come funziona, come produce l’energia. Può essere a ciclo chiuso, a ciclo aperto oppure a ciclo ibrido.
- Nel primo caso l’acqua calda fa evaporare un liquido interno e si crea un aumento di pressione che riesce a far girare una turbina collegata ad un generatore.
- C’è poi l’acqua fredda che serve per ricominciare il ciclo da capo, quando l’ammoniaca torna allo stato liquido. Se ragioniamo sul ciclo aperto vediamo che si utilizza come liquido la stessa acqua calda e la espelle, una volta desalinizzata, alla fine del processo dopo averla raffreddata.
- Il ciclo più complesso è quello ibrido però che mescola i due cicli che abbiamo appena visto in modo efficace.
Anche l’energia stessa che ricaviamo con i nostri impianti può essere di diverso tipo tant’è che gli impianti Otec possono sorgere sulla terraferma, sulla costa e perfino più intuitivamente su delle piattaforme apposite continentali galleggianti che pescano in profondità fino a 100 metri bloccate da un impianto galleggiante ancorato al fondale con dei cavi.
Energia talassometrica: conviene?
Preso atto che possiamo ricavare energia dal mare, è sensato chiedersi se può valere la pena di ricavarla con questi impianti oppure è un po’ una fatica sprecata. Su questo punto ci rifacciamo all’Ocean Energy Council e alla stima fatta dall’Università delle Hawaii e dal Pacific International Center for High Technology Research: un Otec di 5 megawatt costerebbe dagli 80 ai 100 milioni di dollari in cinque anni.
Non è male ma c’è un forte problema di rischi che non possiamo ignorare. La talassometrica è una energia piuttosto rischiosa a livello di investimenti perché basta una tempesta in mare per rovinare il tutto oppure il troppo sale incrostato. E’ quindi chiaro che finora si sia deciso di investire in altre tipologie di energia, sempre rinnovabili ma più “agevoli”.
Questa è quindi una sfida, a migliorare giorno dopo giorno le tecnologie e gli impianti in modo che il ritorno in termini di benefici sia degno di maggiori investimenti. Non c’è ampio margine di manovra perché come ci fanno osservare i più tecnici del mestiere ci sono delle voci a bilancio irriducibili come quella del costo dei tubi. Se però si trovasse il modi di fare crollare alcuni altri costi, godremmo di altri benefici come ad esempio l’acqua desalinizzata da usare in casa o per l’agricoltura, l’uso dell’aria condizionata e la maricoltura.
Energia talassotermica in Italia
Come siamo organizzati in Italia? Non ci sono tantissimi dati in merito il che ci fa intuire che non c’è una forte attività ed è ancora solo una buona idea non molto messa in pratica, e pensare che il mare non ci manca di certo. Abbiamo solo, come unico riferimento, gli obiettivi dettati dall’Ocean Energy Association ovvero di raggiungere una quota di rinnovabili del 15% del fabbisogno energetico europeo entro il 2050. L’energia talassotermica non è particolarmente adatta all’utilizzo di questa strategia per via della sua conformazione geografica, potrà beneficiarne ma non certo quanto paesi come il Giappone.
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