“Educazione ai cambiamenti climatici e psicologia ambientale” è il nuovo articolo frutto della collaborazione tra la Sezione Valorizzazione della Ricerca e Public Engagement – Agorà Scienza – e dal Green Office UniToGO dell’Università di Torino con la IdeeGreen S.r.l. Società Benefit.
L’articolo riprende i testi del prof. Marco Davide Tonon e del prof. Marino Bonaiuto pubblicati nell’opera “Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico”, la seconda edizione della guida linguistica e scientifica per orientarsi nelle più urgenti questioni relative al riscaldamento globale, curata dalla Sezione e dal Green Office.
La versione gratuita di Lessico e Nuvole, sotto forma di file in formato .pdf, è scaricabile dalla piattaforma zenodo.org.
La versione cartacea è acquistabile online sulle seguenti piattaforme di distribuzione:
– Amazon
– Mondadori (anche con Carta del Docente e 18app)
– IBS
– Libreria Universitaria (anche con Carta del Docente e 18app)
Tutto il ricavato delle versioni a pagamento sarà utilizzato dall’Università di Torino per finanziare progetti di ricerca e di public engagement sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.
Educazione ai cambiamenti climatici
L’emergenza climatica, nella sua attualità e drammatica estensione globale, può essere lo stimolo decisivo per una trasformazione radicale dell’insegnamento delle scienze, e del sistema educativo in generale. Per realizzare una rivoluzione ecologica e culturale è fondamentale acquisire la consapevolezza della nostra responsabilità verso i cambiamenti climatici in atto, sviluppando un atteggiamento critico verso la loro minimizzazione e negazione. Occorre sviluppare un’educazione trasformativa ai cambiamenti climatici, attraverso l’assunzione di responsabilità individuale e collettiva, il coinvolgimento della scuola e l’empowerment sociale e politico, per attuare un’azione congiunta ed efficace.
Educare significa, come nella sua radice latina (da educĕre portare, trarre fuori), sviluppare le attitudini e le sensibilità di un individuo. Da un punto di vista didattico e olistico potrebbe anche voler dire “portare fuori nel mondo” il discente; farlo uscire dall’aula per scoprire il mondo in cui vive attraverso l’esperienza diretta.
Per risolvere un problema occorre, inizialmente, sentirsene parte; percepire come la nostra vita è indissolubilmente connessa ai fenomeni climatici e come essa può influenzarli ed essere influenzata; in altre parole, sviluppare una forte identità ecologica.
L’identità ecologica è definita come la capacità di una persona di percepirsi in relazione all’ambiente naturale, ovvero la capacità di sentirsi connesso con gli altri esseri viventi, con i tempi della Terra, con i cicli biogeochimici e con la complessità dei sistemi ecologici.
Il processo di identificazione tra un individuo e l’ambiente da cui trae le risorse per vivere coinvolge, da un lato, la sua sfera emotiva, i suoi ricordi e i sentimenti, dall’altro la sua razionalità, legata al sapere. Fra i due aspetti c’è l’esperienza che egli ha fatto in natura, diretta, concreta e continuativa.
È però pedagogicamente innegabile che, all’aumento di conoscenze scientifiche non corrisponde necessariamente una crescita di identità ecologica: infatti, pur vivendo in un mondo strabordante di informazioni, il progressivo allontanamento sia fisico, sia culturale dall’ambiente naturale di gran parte della popolazione mondiale, ha determinato una perdita graduale di identità ecologica e, con essa, della consapevolezza di vivere su un pianeta che funziona come un sistema chiuso, ove la materia che circola è limitata nello spazio e nel tempo.
Risulta indispensabile, quindi, realizzare un profondo cambiamento educativo nel mondo della scuola: una corretta educazione ai cambiamenti climatici è influenzata dalle rappresentazioni mentali ingenue degli insegnanti e dei discenti sul tema, dall’estrema semplificazione del problema e dalla comprensione delle proprie capacità di risolvere questioni complesse e controverse.
Vi è l’urgente necessità di interventi mirati nella formazione degli insegnanti, che promuovano una comprensione sistemica delle questioni globali e locali, che affrontino in modo critico le ragioni dell’attuale crisi e che considerino i discenti come cittadini capaci di generare azioni individuali e collettive efficaci.
La finalità più alta di un progetto di educazione ai cambiamenti climatici deve evolvere dalla conoscenza, come mero oggetto di studio, alla consapevolezza di come l’ambiente ci include e ci orienta. La “abitudine didattica” ad avere solo uno sguardo descrittivo o nozionistico emerge sempre di più nel sapere degli studenti, in riferimento ai vari livelli organizzativi della natura (dalla singola cellula all’intero Pianeta).
La conseguenza di tale forma mentis porta inevitabilmente al non percepire sé stessi come inclusi nelle dinamiche naturali e, quindi, al diffondersi di una forte scissione uomo-natura. Da qui, a sua volta, deriva una visione del mondo lontana dall’idea di sostenibilità.
Partendo da questi presupposti, qualsiasi insegnante dovrebbe realizzare percorsi tesi a rispondere ad alcuni interrogativi cruciali: “Come aiutare gli studenti a costruirsi una visione d’insieme del mondo che sviluppi in loro la consapevolezza che viviamo in un pianeta con risorse limitate e mal distribuite, che si basa su una complessa rete di interdipendenze?”, “Come sviluppare il senso di inclusione nei sistemi naturali e nella società globale?”, “Come evidenziare le caratteristiche multidisciplinari legate ai cambiamenti climatici?“
Si tratta, quindi, di imparare a coniugare il sapere delle scienze in relazione al sapere sociale ed economico. La necessità è di passare da un apprendimento trasmissivo a uno “trasformativo”, critico e creativo, attento alle diverse forme dell’intelligenza umana e alle differenze individuali e di gruppo, orientato al futuro e impegnato a sviluppare la comprensione della crescente complessità e interdipendenza del mondo contemporaneo. Occorre realizzare un’educazione transdisciplinare sostenibile che implichi un cambiamento dalle fondamenta a favore di un nuovo paradigma ecologico; un’educazione globale che crei un cambiamento sistemico dei processi di insegnamento/apprendimento e dell’intera cultura educativa.
Psicologia Ambientale
Nel vasto ambito dell’educazione ambientale, la psicologia ambientale studia il ruolo giocato da variabili psicologico-sociali nel favorire il cambiamento comportamentale a seguito della partecipazione ad attività intese, in senso lato, di educazione ambientale. Esse possono quindi comprendere attività tradizionali come pure attività innovative.
In chiave psicologica si considera cruciale non solo o non tanto l’apprendimento di specifiche conoscenze, quanto anche e soprattutto l’acquisizione da parte dell’individuo di un’ampia gamma di costrutti psicologico-sociali che possono, agendo singolarmente o sinergicamente, aumentare la probabilità che una persona metta in atto comportamenti pro-ambientali. Nel caso specifico, l’adozione di comportamenti maggiormente sostenibili che quindi mitighino l’impatto della persona in termini di effetti del suo comportamento sul cambiamento climatico.
L’effetto di tali costrutti psicologico-sociali può essere diretto – cioè agire direttamente mutando il comportamento – oppure indiretto, attraverso una catena causale di mediazione: cioè, un costrutto agisce su uno o più altri costrutti e uno di questi, infine, muta il comportamento.
Tutti questi costrutti psicologico-sociali vengono pertanto considerati come potenziali fattori causali, capaci di aumentare la probabilità di adozione di comportamenti più sostenibili (vale a dire atti a mitigare l’impatto umano sull’ambiente) o in termini di minore o maggiore frequenza di uso di un prodotto o servizio, o in termini di scelta di uso di un diverso prodotto o servizio.
Nel complesso, l’educazione ambientale, inclusa quella sui cambiamenti climatici, è considerata uno strumento di cambiamento del comportamento (behavioural change) per favorire la mitigazione (o anche l’adattamento, laddove necessario).
Il suo obiettivo, tradizionalmente, è quello delle conoscenze. Tuttavia numerose ricerche dimostrano come esse possano non essere sufficienti a indurre un cambiamento comportamentale e, talvolta, neppure essere necessarie.
Tra i numerosi fattori psicologico-sociali sui quali l’educazione può intervenire (in vari modi e tempi) per migliorare i comportamenti di mitigazione e di adattamento figurano, oltre alle conoscenze, ad esempio: le norme (per esempio quelle familiari e scolastiche), le esperienze ordinarie abitudinarie ma anche le esperienze straordinarie capitate (sia vissute singolarmente che condivise con altre persone), i valori, le credenze, gli atteggiamenti, la connessione con la natura, l’identità ambientale. Le conoscenze stesse inoltre possono essere più o meno rilevanti a seconda del tipo di esse (per esempio, rispetto ai contenuti specifici, all’oggetto, ai processi, ecc.).
Tipicamente gli studi di educazione ambientale e ai cambiamenti climatici considerano l’intervento di educazione come un’attività indirizzata a bambini e adolescenti; tuttavia il target possono anche essere persone adulte.
Vi sono inoltre dati che dimostrano come l’educazione ambientale rivolta a bambini o ragazzi (per esempio, tramite attività scolastiche), siccome prevede un qualche grado di coinvolgimento anche dei genitori, può a cascata influire indirettamente anche sul comportamento di tali adulti.
Importante è condurre attività di monitoraggio e ricerca a monte e a valle di interventi di educazione ambientale e ai cambiamenti climatici, utilizzando adeguati gruppi di controllo, onde poter attentamente valutare efficacia ed efficienza dell’intervento realizzato rispetto ad aspettative e ipotesi, sulla base della rilevazione di evidenze empiriche sui cambiamenti ipotizzati.
Gli interventi di educazione possono variare per la durata, da molto breve a lunga, con conseguenti riverberi sui costi finanziari e umani; inoltre possono variare in ragione delle attività e dei programmi che contemplano, comprendendo attività d’aula, giochi, escursioni, sino a programmi di lunga durata per il contatto con o l’immersione in contesti ambientali tipicamente naturali (school-based programs, communities that facilitate free access to nature, wilderness adventure programming).
prof. Marco Davide Tonon, Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Torino
prof. Marino Bonaiuto, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, CIRPA Centro Interuniversitario di Ricerca in Psicologia Ambientale, Sapienza Università di Roma
Bibliografia
– Latini Gianni, Bagliani Marco, & Orusa Tommaso. (2020). Lessico e nuvole: le parole del cambiamento climatico – II ed., Università di Torino. Zenodo. http://doi.org/10.5281/zenodo.4276945
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– Sterling S. (2006). “Educazione sostenibile”, Anima Mundi Editrice, Otranto.
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