Dissipatore alimentare: un’alternativa per lo smaltimento dell’umido
Il 26 novembre parte a Milano la raccolta differenziata dell’umido e 400mila milanesi, una parte della città, sperimenteranno vantaggi (generali) e svantaggi (domestici) di una pratica comunque irrinunciabile. La FORSU (frazione organica del rifiuto solido urbano) rappresenta il 37,4% del totale della spazzatura domestica che finisce nel sacco della raccolta indifferenziata: smaltire una tale quantità di rifiuti senza ricorrere a discariche e inceneritori porta enormi vantaggi ambientali ed economici.
Quel che possono fare i milanesi, e tutti gli altri, è semmai interrogarsi sui sistemi alternativi per lo smaltimento dei rifiuti organici domestici, o almeno di una parte di essi, guardando magari alle esperienze all’estero. Il principale di questi sistemi consiste nell’utilizzo di un dissipatore alimentare sotto il lavello della cucina.
L’uso del dissipatore alimentare è diffusissimo in USA, ma non tutti sanno che triturare il rifiuto organico ed eliminarlo grazie all’utilizzo di un dissipatore è una pratica permessa anche dalla legislazione italiana; una pratica che, inoltre, riduce la massa di rifiuto nelle nostre discariche già sovraccaricate, evitando la formazione di gas metano e la sua dispersione nell’atmosfera, altamente dannosa per l’ambiente.
Casi virtuosi ed emblematici sono, ad esempio, la Svezia e il Kenya. A Surahammar (Svezia) l’autorità locale ha dotato i cittadini di dissipatori alimentari InSinkErator ottenendo risultati notevoli in termini di riduzione di rifiuto inviato in discarica. Nel corso di dieci anni 3500 di 7000 abitazioni sono state fornite di questo dispositivo, con il risultato di ridurre il rifiuto in discarica dalle 3600 tonnellate/anno nel 1996 alle 1400 del 2007 (=una penetrazione del 50% dei dissipatori ha provocato un risparmio di ben oltre il 60%.).
Con la biomassa ottenuta dal cibo spezzettato, è possibile inoltre produrre (oltre al fertilizzante) nuova energia utilizzando quel metano che altrimenti andrebbe disperso nell’aria. Ne sa qualcosa Culhane che, a Nairobi, utilizza un dissipatore InSinkErator per assemblare più famiglie in una sola unità e fornire loro energia elettrica. Con i 400 dollari spesi per l’acquisto di un dissipatore, più famiglie possono godere dell’elettricità necessaria.
In Inghilterra, AMDEA (Association of Manufacturers of Domestic Electrical Appliance) – l’equivalente del nostro CECED – ha stilato in modo ufficiale il risparmio energetico che si avrebbe con una maggiore penetrazione di dissipatori nel mercato nazionale. Il solo 10% in più porterebbe a creare energia sufficiente per una intera città di medie dimensioni.
In Italia, il progetto di ricerca applicata conclusosi nel 2012 – promosso da ANIMA e SMAT nella città di Chieri (TO) con il supporto scientifico del Dipartimento di Chimica Università di Verona e del Politecnico di Torino Dipartimento di ingegneria del territorio, dell’ambiente e delle geotecnologie e la partecipazione di ATO Rifiuti e Provincia di Torino – ha portato risultati interessanti. È infatti emerso che l’utilizzo di questo elettrodomestico abbatte in modo consistente i costi di raccolta (porta a porta) e di trasporto della Forsu. Potenzialmente se tutte le 22 milioni di famiglie italiane fossero dotate di questo sistema, si verificherebbe un decremento di costi pari a ben oltre mezzo miliardo di euro all’anno.
Pubblicato da Michele Ciceri il 24 Novembre 2012