Digestione anaerobica, nulla a che vedere con dolori di stomaco o pranzi e cene pesanti, si tratta di un processo alternativo a quello del compostaggio, affatto anaerobico, anzi, al contrario, strettamente aerobico.
Digestione anaerobica: di cosa si tratta
Per digestione anaerobica si intende la degradazione della sostanza organica quando avviene per azione di microrganismi e in condizioni di anaerobiosi. Ci sono due tipologie di microrganismi che possono essere i protagonisti e la temperatura della digestione anaerobica varia in funzione di essi.
Si resta tra 20-45 °C, con un intervallo ottimale di 37-41 °C, se ad agire sono i batteri mesofili, i batteri più diffusi in generale e che si trovano in ambienti molto diversi: suolo, acque anche marine, scarichi fognari, animali e corpo umano. Le temperature sono invece tra i 50-52 °C, con temperature che possono anche essere relativamente elevate e superare i 70 °C, per batteri termofili: insieme di organismi, appartenenti alla più amplia classe degli estremofili, che vivono e si moltiplicano a temperature relativamente elevate.
Andiamo a vedere la tipologia di dispositivi che ospitano la digestione anaerobica: i più comuni sono i continui, in cui con trucchetti meccanici o idraulici il materiale viene mescolato e vengono estratti in continuazione gli eccessi per mantenere un volume costante nonostante l’aggiunta di materiale organico.
In alternativa si può optare per il digestore discontinuo, più semplice ma che emana odori. Inoltre i cicli di svuotamento di questo dispositivo sono problematici e, una volta inserito inizialmente il materiale, lo si chiude e non lo si può più riaprire per tutta la durata del processo.
Digestione anaerobica rifiuti
Quando avviene la digestione anaerobica dei rifiuti il tempo di residenza in un dispositivo dipende molto dalla quantità di materiale da trattare ma anche dal tipo di rifiuti e dalla temperatura di esercizio. Un altro parametro importante quando si tratta di digestione anaerobica di rifiuti è il valore del pH.
Per quanto riguarda la durata del processo, in generale se si stanno utilizzando batteri mesofili si impiegano tra i 15 e i 30 giorni. Nel caso del trattamento delle acque reflue la digestione anaerobica con batteri mesofili ha tempi che dipendono dalla composizione, perché per la parte liquida basta un giorno mentre quella solida richiede molti giorni, massimo 90.
Se passiamo ai batteri termofili, invece, lavoriamo a temperature più elevate quindi tutto è più veloce: in due settimane tutto è fatto. Però costa di più, ci vuole più energia e il processo è più critico. Ad oggi i mesofili sono la scelta consigliata per la digestione anaerobica.
Digestione anaerobica biomasse
Questo tipo di digestione anaerobica, in cui si ha anche materiale organico biodegradabile, implica l’uso di molte differenti specie di batteri occorrenti in natura. Come in una staffetta digestiva, ciascuno ha il suo ruolo da protagonista in una fase del processo di digestione anaerobica ed è importante poter monitorare e conoscere le condizioni operative di volta in volta reali e ottimali.
Le fasi che si susseguono nella digestione anaerobica sono l’idrolisi, da cui si ottengono composti semplici come monosaccaridi, amminoacidi e acidi grassi, l’acidogenesi, dove avviene l’ulteriore scissione in molecole ancora più semplici e vengono prodotte ammoniaca, anidride carbonica e acido solfidrico. Poi c’è l’acetogenesi dove si ha una ulteriore digestione anaerobica, sempre, che produce biossido di carbonio, idrogeno e principalmente acido acetico. Infine la metanogenesi da luogo a metano, biossido di carbonio e acqua.
Digestione anaerobica a secco
La digestione anaerobica può essere effettuata sia a umido che a secco, quella a secco è quella che concerne miscele di materiale con contenuto minimo in solidi del 30%. Al contrario è a umido quando il materiale trattato ha un minimo del 15% di contenuto in solidi. Oltre al contenuto di solido del materiale, a definire le condizioni operative in cui può avvenire un processo di digestione anaerbica sono ad esempio le condizioni termiche di reazione e le fasi biologiche.
Digestione anaerobica biogas
I principali sottoprodotti della digestione anaerobica sono tre tra cui il biogas. Poi c’è il digestato acidogenico e quello metanogenico. Durante la digestione anaerobica il biogas non viene prodotto in modo costante: il livello massimo è quella raggiunto in fase centrale. All’inizio invece il biogas prodotto è scarso, perché i batteri non si sono ancora riprodotti abbastanza, invece verso la fine è poco perché il materiale rimasto è più difficilmente digeribile.
Il biogas ottenuto può essere utilizzato per la produzione di energia termica, tramite combustione in caldaia, oppure anche per la produzione di energia elettrica, attraverso gruppi di cogenerazione. Noto il destino di questo biogas si sa anche a che tipo di processo di depurazione va sottoposto.
Il biogas viene prodotto nella sezione dell’impianto di digestione anaerobica dedicata alla preparazione del substrato, alla digestione anaerobica alla produzione di energia. E’ la penultima, poi c’è quella di disidratazione da cui, in uscita dal digestore, si ottiene un fango liquido non completamente stabilizzato. Un volta disidratato, la frazione liquida può essere depurata mentre il resto, biostabilizzato, può essere ulteriormente raffinato perché possa servire ancora, ad esempio in agricoltura.
Digestione anaerobica fanghi
Nella digestione anaerobica, le sostanze presenti nel fango, in mancanza di ossigeno, sono ridotte da processi di fermentazione che man mano stabilizzando sempre di più ci conducono alla produzione di metano e anidride carbonica. La digestione del fango è ad oggi quella più in uso, si basa sulla fermentazione e per fermentazione si intende l’insieme dei fenomeni chimici e biologici che produce la trasformazione delle sostanze organiche in altre più semplici, organiche e inorganiche.
La fermentazione può essere acida o alcalina. Se lasciato a sé stesso il fango tende all’alcalina, detta anche putrefazione, con conseguente produzione di massa maleodorante e viscosa, non molto meno voluminosa di quella da cui siamo partiti. Quando la digestione anaerobica è invece tramite fermentazione alcalina si appoggia alla presenza di microrganismi metanigeni, il volume si riduce e la sostanza diventa viscosa, emanando un cattivo odore, specialmente a causa dell’idrogeno solforato.
Il fango digerito così è maggiormente fluido e può essere estratto dalle vasche con grande facilità, è disidratabile e non putrescibile: può essere adoperato senza pericolo come concime per qualsiasi specie di coltivazione.
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