Differenze tra ecosistemi naturali e artificiali

alberi

Quello di ecosistema è un concetto strettamente correlato al macro-tema della biodiversità. Dalla salvaguardia di quest’ultima dipende infatti in maniera indissolubile anche la protezione e la sopravvivenza dei nostri ecosistemi. Ma cosa si intende per l’esattezza quando si parla di ecosistemi? E quali differenze esistono tra gli ecosistemi naturali e i cosiddetti ecosistemi artificiali?

In questo articolo cercheremo di fare un po’ di chiarezza, approfondendo il tema nel suo complesso.

Definizione di ecosistema

Partiamo dalle basi, definendo cos’è un ecosistema. Con questo termine si indica un’unità ecologica composta da organismi viventi – sia piante sia animali – che sono capaci di interagire, adattandosi all’ambiente in cui vivono. Per l’esistenza di un ecosistema si deve necessariamente creare un equilibrio tra i vari esseri viventi che lo popolano e il contesto circostante, incluse le componenti non viventi. Se questo fragile quanto essenziale equilibrio viene a mancare o a rompersi, l’ecosistema rischia di scomparire inesorabilmente.

L’insieme di tutti gli ecosistemi presenti sul nostro pianeta e delle loro interazioni in termini di flussi energetici e materiali viene invece indicato con il termine di “biosfera”. Ecosistemi e biosfera sono entrambi due concetti fondamentali dell’ecologia sistemica globale.

Ecosistemi naturali e artificiali

Il complesso costituito dagli organismi che vivono in una determinata porzione di spazio, dalle risorse che essi sfruttano e dalle condizioni ambientali a cui sono esposti è un sistema integrato in cui si verificano flussi di energia e cicli di materiali. Il concetto di ecosistema, perciò, è talmente ampio da applicarsi a un’enorme varietà di sistemi ambientali che tra loro appaiono molto diversi tanto per dimensioni quanto per complessità strutturale. Basti pensare, ad esempio, che persino una pozza di acqua piovana destinata a scomparire in breve tempo può essere considerata un piccolo ecosistema, pur nelle sue ridottissime dimensioni.

Oltre che ai contesti naturali, il concetto di ecosistema può essere applicato a unità ambientali di tipo artificiale, ovvero non naturali e strettamente interconnesse all’azione antropica. Ne sono esempio gli agroecosistemi o gli aggregati urbani.

Ecosistemi naturali: classificazione

Gli ecosistemi naturali sono quelli che si formano spontaneamente in natura senza l’intervento dell’uomo, riuscendo raggiungere il loro equilibrio in totale autonomia. Gli attuali ecosistemi naturali possono essere classificati in base a vari criteri. Il sistema di classificazione più semplice distingue tra ecosistemi terrestri ed ecosistemi acquatici. Queste categorie principali sono a loro volta suddivise ulteriormente.

Gli ecosistemi acquatici possono ad esempio essere distinti in ecosistemi delle acque interne, ecosistemi di estuario, ecosistemi marini e in altre tipologie di ecosistemi. Ogni ecosistema comprende inoltre sottocategorie più omogenee (ecosistemi lacustri, ecosistemi fluviali e via dicendo).

Concentrandosi sulle macro-aree, gli ecosistemi terrestri possono essere suddivisi in:

  • foresta, con le relative sottocategorie (foresta pluviale, foresta boreale, foresta temperata);
  • macchia mediterranea;
  • savana;
  • steppa;
  • deserto;
  • tundra.

Tra gli ecosistemi naturali di tipo acquatico si possono invece identificare:

  • gli ecosistemi marini;
  • gli ecosistemi di acqua dolce.

Ecosistemi artificiali

A differenza degli ecosistemi naturali, gli ecosistemi artificiali sono contraddistinti dall’intervento dell’uomo. Si tratta perciò di ecosistemi che in natura non esistono in maniera spontanea, ma sono il frutto di una modifica che l’essere umano ha apportato all’ambiente circostante, così da adattarlo alle proprie necessità di sopravvivenza.

Come caratteristica primaria, gli ecosistemi artificiali hanno bisogno dell’azione antropica per accrescere la propria produttività.

Partendo dai presupposti precedentemente evidenziati, rientrano tra gli attuali ecosistemi artificiali:

  • gli ecosistemi urbani;
  • gli ecosistemi industriali;
  • gli ecosistemi agricoli o agroecosistemi;
  • le unità di allevamento;
  • le unità di acquacoltura.

San Francisco by night skyline

Semplici ecosistemi artificiali vengono inoltre costruiti dall’uomo per scopi sperimentali, accorpando un determinato numero di specie che interagiscono tra di loro in condizioni chimiche e fisiche ottenute artificialmente. Nel caso specifico si parla di microcosmi.

Ecosistemi naturali a rischio: cause

Affinché possa esistere senza alcun tipo di problematiche, un ecosistema deve mantenere inalterato il suo equilibrio. Nel momento in cui questo equilibrio viene turbato a causa dell’intervento antropico si rischia che l’ecosistema in questione sia danneggiato in maniera spesso irreparabile, con la possibilità di scomparire. Per fare un esempio concreto, si può pensare agli ecosistemi marini. L’inquinamento a cui sono sottoposti gli oceani e i mari come conseguenza dell’azione antropica sta mettendo in serio rischio la sopravvivenza di questo ecosistema, con impatti che stanno ricadendo sulla salute dell’intero pianeta.

Ma quali sono principali cause che mettono costantemente in pericolo i nostri ecosistemi naturali?

Tra i rischi maggiori per gli ecosistemi naturali rientra il cambiamento climatico che comporta effetti estremamente negativi sulla biodiversità. È bene ricordare che alla base del cambiamento climatico in corso si riscontra l’azione dell’uomo. Il clima è infatti alterato principalmente dall’aumento dei gas serra in atmosfera. Aumento che deriva a sua volta da diverse attività compiute dagli esseri umani, tra cui:

  • la crescente combustione di fonti fossili a scopo energetico;
  • la deforestazione tropicale;
  • l’agricoltura industrializzata;
  • l’estensione della pratica dell’allevamento di bestiame su larga scala.

Per poter salvaguardare i nostri ecosistemi naturali occorre perciò agire alla fonte del problema, diminuendo l’impatto antropico sull’ambiente.

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Esempi di ecosistemi naturali a rischio: l’Amazzonia

L’Amazzonia è tra gli ecosistemi naturali più importanti per il nostro pianeta e, sfortunatamente, uno dei più a rischio. Si stima che in dieci anni sono stati persi circa 300.000 chilometri quadrati di foresta amazzonica, pari all’intera superficie dell’Italia. Come spiega il WWF, il grande polmone verde è ormai giunto sul punto del non ritorno e rischia “l’estinzione”.

Ancora una volta la perdita di superficie forestale si deve a cause di origine umana. Incendi e disboscamento sono le principali motivazioni della scomparsa di alberi che vengono sacrificati per lasciare spazio all’allevamento del bestiame su scala industriale e alla produzione di soia. Per di più, l’estrazione illegale di oro sta inquinando i fiumi amazzonici.

La nota associazione ambientalista ha lanciato con chiarezza un grido di allarme. “Se non invertiremo la rotta in Amazzonia, ma anche in tutte le foreste del pianeta, il rilascio di milioni di tonnellate di anidride carbonica in più causerà conseguenze devastanti a lungo termine”, spiega il WWF.

A subirne gli effetti saranno non solo ecosistemi cruciali per la nostra stessa sopravvivenza ma anche le economie globali e, non ultimo, la salute di milioni di persone in tutto il mondo.