Diamante sintetico: come riconoscerlo e prezzo
Diamante sintetico non significa diamante illegale, anzi, se lo si dichiara, si accende anche l’interesse di molte persone che, consapevoli di non voler o non poter spendere tutti i soldi che un diamante vero richiede, preferiscono darsi ad un diamante sintetico e investire i propri risparmi altrove. Un diamante sintetico ha caratteristiche estetiche ben definite, non è un diamante vero ma nemmeno una pietra qualsiasi, mostra una certa brillantezza e una sua bellezza che va rispettata. Non è solo bello, come vedremo, è anche utile in settori scientifici e tecnologici.
Diamante sintetico: come riconoscerlo
Prendiamo come esempio lo zircone, pietra sintetica che, tra tutte, risulta abbastanza facilmente distinguibile da un vero diamante, anche dai non esperti, grazie ad alcuni campanelli di allarme.
La durezza, in primis: un diamante vero è il minerale più duro del mondo, resterà intatto anche se lo sfreghiamo, se è sintetico no. Se una luce puntata sulla gemma risulta visibile dall’altra parte, non è un vero diamante e non lo è nemmeno se funziona come lente d’ingrandimento. Eccezionale, invece, è la capacità di condurre calore che il diamante sintetico non ha, quello vero sì.
Per distinguere però i due diamanti, il metodo più semplice resta quello di misurarne il peso specifico, quello dello zircone è quasi il doppio di quello di un diamante vero, pari a circa 0,2 grammi per carato. Se stiamo procedendo all’acquisto di un diamante, però, il consiglio è quello di fidarsi solo del certificato di identificazione, questo vale non solo per il diamante ma per le pietre in generale.
Diamante sintetico: prezzo
Ci sono molte tipologie di diamante sintetico, create apposta per far sì che tutti possano avere il proprio piccolo simil diamante, se ne trovano quindi sul mercato anche da 4 o 5 euro come da 500 circa.
Diamante sintetico e diamante vero
Quando si parla di diamante vero o sintetico cosa si intende veramente? Quello sintetico è ottenuto a seguito di un particolare processo tecnologico, quello vero invece è frutto di un processo di natura geologica. Se sentiamo parlare di diamante HPHT o CVD, si tratta certo di un diamante sintetico, queste sigle servono per indicare il metodo con cui lo si è ottenuto, HPHT sta per High – Pressure High – Temperature, e si riferisce ad un processo di sintesi ad elevata pressione e temperatura, CVD sta per Chemical Vapor Deposition che è la sintesi a deposizione chimica da vapore.
Proprio dai dettagli di questi metodi produttivi dipendono poi le caratteristiche del diamante sintetico ottenuto quali durezza, conducibilità termica e mobilità degli elettroni. A volte possono anche essere più performanti dei diamanti veri, tanto che possono essere usati in prodotti abrasivi, in strumenti di taglio e lucidatura, e in dissipatori di calore.
Diamanti sintetici: vendita
La vendita dei diamanti sintetici da un lato potrebbe influire sulla vendita di quelli veri, su cui spesso si è discusso perché molti ritengono siano “macchiati di sangue”. Su questo argomento, consiglio un film splendido, “Blood Diamond”, con di Ridley Scott, con Leonardo DiCaprio
Diamante sintetico: valore
In generale ha un valore molto inferiore a quello del diamante vero, ma non sempre perché i processi che servono per ottenerlo sono a volte molto complessi e possono essere anche molto dispendiosi e delicati. Questo rende i diamanti sintetici più preziosi e quindi più costosi.
Diamanti sintetici russi
Uno dei paesi in cui siamo certi, a partire dal 1940, che siano stati effettuati tentativi di creare dei diamanti sintetici è la Russia, in compagnia degli Stati Uniti e della Svezia. Sembra che la prima sintesi riproducibile risalga al 1953. Oggi la ricerca sui processi per la produzione di questi diamanti da laboratorio prosegue, non solo per creare un mercato alternativo di gioielli ma anche per altri settori. Possono infatti essere impiegato con successo in alcune applicazioni elettroniche, in dispositivi ad alta potenza nelle centrali elettriche, nei transistor per alte frequenze e nei LED.
Servono anche nelle strutture di ricerca ad alta energia all’interno di rivelatori a raggi ultravioletti e sono diventati un materiale importante per la produzione di finestre ottiche a laser CO2 ad alta potenza e per il gyrotron (UV) visto che mostrano una stabilità termica e chimica, una bassa dilatazione termica ed una alta trasparenza ottica in una vasta gamma spettrale.
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Pubblicato da Marta Abbà il 28 Febbraio 2018