In un paese che è sempre più un Paese di anziani è poco utile fare finta di nulla ed evitare l’argomento come fosse un tabù, non ci aiuta a diventare anche un Paese per anziani, quindi adatto a stare affianco anche a chi sta affrontando un declino cognitivo, più o meno grave, più o meno rapido. In questo processo sono fortemente coinvolti anche i famigliari che sono i primi a dover essere consapevoli e preparati.
Anche se si tende a scherzarci sopra, a volte, forse per cercare di alleggerire il peso degli anni che passano, facendo battute come “eh ormai sai, la demenza senile mi fa perdere i colpi”, è bene fare una netta distinzione tra quello che è il naturale e inarrestabile processo di invecchiamento e quello che è invece da definire declino cognitivo.
Invecchiare è normale, sia nel corpo che nella mente, lo si fa ciascuno a modo proprio e con un ritmo che può dipendere in parte dal nostro stile di vita e dalle nostre esperienze, ma che è influenzato anche dal nostro DNA. Solo in alcuni casi, l’invecchiamento è accompagnato da un decadimento cognitivo che è da ritenersi un invecchiamento “patologico”.
Ciò accade quando il cervello viene intaccato dagli anni fino a farci perdere la stabilità del nostro quadro di personalità. Se invece, al contrario, il nostro quadro di personalità resta stabile ma semplicemente siamo un po’ più lenti a fare connessioni, abbiamo più difficoltà nel concentrarci e nel ricordare nomi, numeri e fatti, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Certo, non è piacevole ma non siamo in una situazione patologica. Restiamo lo stesso in grado di fare un buon uso del linguaggio, di ragionare e di muoversi quando possibile nello spazio orientandoci.
Declino cognitivo: di cosa si tratta
Dopo questo preambolo, andiamo a vedere meglio cosa significa declino cognitivo e che caratteristiche ha questa problematica.
L’associazione americana degli psicologi (Apa) nel 1987 ha fornito una chiara definizione del termine: “la demenza o decadimento cognitivo cronico-progressivo è una malattia del cervello che comporta la compromissione delle funzioni cognitive tale da pregiudicare la possibilità di una vita in autonomia. Ai sintomi cognitivi si associano quasi sempre alterazioni della personalità e del comportamento che variano come entità da individuo a individuo. Inoltre è presente una progressiva alterazione dello stato funzionale”.
Da questa definizione che, anche se un po’ datata, ci può fare da riferimento, comprendiamo che il decadimento cognitivo ha una natura progressiva, i sintomi peggiorano con una velocità che può variare da caso a caso, ma si arriva ad una condizione di totale dipendenza.
I sintomi sono sia cognitivi che comportamentali e possono andare a influenzare anche la personalità del soggetto che va a perdere progressivamente l’autonomia e la capacità di gestire le attività di cura del sé. I sintomi cognitivi sono diversi in base alla diagnosi e alla porzione del tessuto cerebrale interessato. I più comuni sono:
- decadimento della memoria ovvero la capacità di apprendere, conservare e utilizzare quando necessario l’informazione e la conoscenza;
- rallentamento del ragionamento logico che permette di utilizzare più informazioni per risolvere problemi;
- riduzione progressiva delle abilità percettive intese come la capacità di identificare, riconoscere e utilizzare efficacemente un determinato oggetto;
- riduzione delle abilità di movimento, che permettono di realizzare sequenze motorie più o meno complesse (vestirsi, pettinarsi, bere un té)
- difficoltà nel linguaggio che ci permette di interagire con gli altri e di comprendere ciò che gli altri dicono;
- riduzione dell’attenzione che ci permette di indirizzare la nostra energia verso uno stimolo di filtrare le informazioni e di gestire più compiti contemporaneamente;
I sintomi comportamentali più comuni invece sono sono:
- l’irritabilità intesa come tendenza ad arrabbiarsi facilmente;
- l’apatia, quindi la mancanza di iniziativa e motivazione nel fare le cose o anche nel sentire le emozioni;
- la labilità emotiva, cioè una facilità a irritarsi, deprimersi, ridere o essere apprensivi.
- la depressione, ovvero un’eccessiva presenza di emozioni negative rivolte a sé, al mondo e al futuro;
- l’aggressività sia fisica che verbale diretta all’altro o verso sé stessi;
- l’affaccendamento motorio aberrante che consiste nella messa in atto di sequenze motorie consecutive e ripetitive senza uno scopo;
- la presenza di deliri ovvero convinzioni errate o assurde che appaiono difficili da mettere in dubbio;
- le allucinazioni, cioè percezioni visive o acustiche di elementi che non sono presenti nell’ambiente circostante.
Questi sono elenchi sommari e che raccolgono i sintomi più comuni di questa problematica. Ci sono molti tipi di declino cognitivo, ne vedremo alcuni tra poco, e generalizzare è poco utile, anzi, spaventa un po’. Questa è una situazione che non si affronta da soli, si può essere supportati. Da soggetto a soggetto cambiano le caratteristiche e la velocità di declino, a seconda delle cause, dell’esordio e delle strutture cerebrali coinvolte.
Declino cognitivo: test e diagnosi
La diagnosi di declino cognitivo è presente quando la memoria ed altre attività mentali, o funzioni cognitive, sono ridotte in efficienza, ma non interferiscono con le abilità funzionali, consentendo una vita autonoma ed indipendente nonché lo svolgimento di comuni attività quotidiane
Per effettuarla spesso si procede come per altre forme di demenza, con il neuroimaging e osservando e analizzando i sintomi cognitivi o comportamentali che vanno a danneggiare la capacità di funzionare sul lavoro o eseguire normali attività quotidiane. Queste valutazioni non possono essere fatte a freddo e non devono essere degli esami isolati. E’ importante inserirli in un contesto che è quello specifico che ogni persona vive, composto anche dal suo bagaglio di esperienze e dalle sue normali caratteristiche fisiche e cognitive di base. Può essere eseguito anche un test neuropsicologico formale.
Per distinguere i vari tipi di demenze che sono collegate, ad esempio quella vascolare rispetto ad altre, vengono valutati altri fattori che rendono il quadro più completo. La presenza di Infarti cerebrali, ad esempio, oppure un elevato score ischemico di Hachinski
Altri esami che possono essere eseguiti, sempre più specifici, sono la TC e la RM per mettere in evidenza eventuali ictus lacunari multipli, infarti multipli bilaterali nell’emisfero dominante e nelle strutture limbiche, lesioni periventricolari della sostanza bianca che si estendono nella sostanza bianca profonda.
Declino cognitivo: come comportarsi
Torniamo ora nei panni di chi come la maggior parte di noi non esegue esami e non fa diagnosi, ma magari si può trovare ad affrontare e gestire un parente in declino cognitivo. Per comprendere se è davvero così è necessario rivolgersi ad un’equipe composta da diverse figure professionali che siano in grado di fare delle valutazioni complete e professionali. Solitamente è composta da un neurologo, un geriatra e uno psicologo con specifica formazione neuropsicologica in modo che possa conoscere i profili cognitivi e comportamentali delle varie forme di demenza e sappia utilizzare test necessari per la valutazione dei diversi profili.
Con alcune visite ed esami clinici, tra cui tac, risonanza magnetica, esame del sangue, test neuropsicologici, si arriva ad una diagnosi precisa. E’ molto importante perché esistono diverse terapie e la più adatta sarà quella che potrà assicurare sia al paziente che ai suoi familiari maggiore serenità. Le terapie possono essere sia farmacologica che non, oppure un mix. L’idea, l’obiettivo, è quello di cercare di far mantenere alla persona per il maggior tempo possibile le capacità che mostra al momento della diagnosi. Non è possibile riavvolgere il nastro e risolvere il problema. Il decadimento cognitivo è una condizione irreversibile.
L’equipe di norma è completata da un caregiver che assieme ai familiari è poi la persona che applica la cura e che assiste il paziente laddove non riesce più a essere autonomo. Nella terapia, nella presa in carico del paziente da parte del team di specialisti sono compresi anche degli interventi rivolti ai familiari studiati per aiutarli a comprendere cosa sta accadendo al proprio caro. Non solo: come soggetti attivi al suo fianco, possono vivere momento di stress e di disagio e devono essere supportati, assieme al cargiver, in modo che la situazione sia e resti sostenibile.
Integratori per declino cognitivo
Come abbiamo detto, il declino non è reversibile, quindi come non esiste un farmaco, non esiste nemmeno un integratore o un alimento che fa magie. Certamente però una dieta equilibrata assieme a degli integratori nutrizionali specifici possono aiutare il trattamento perché forniscono gli elementi necessari per un buon funzionamento dell’organismo e del cervello.
Spesso gli integratori contengono nutrienti specifici, spesso carenti in coloro affetti da questo problema come ad esempio uridina, colina, acidi grassi polinsaturi (omega-3), vitamine (gruppo B, C ed E) e nutrienti antiossidanti (selenio)3.
Anche a tavola si può fare qualcosa. Puntiamo soprattutto su verdura, frutta, pesce. Per il resto è importante fare per quanto possibile un’attività fisica regolare ed un appropriato training cognitivo, composto da esercizi a conservare la memoria e a ritardare i sintomi di demenze, quali ad esempio l’Alzheimer.
Come prevenire il declino cognitivo
Per prevenire il declino cognitivo è certamente utile seguire uno stile di vita sano, sia a tavola che nel tempo libero. Mangiare in modo vario e regolare, anche a livello di orari, e dormire il necessario. Molto importante l’attività fisica che deve essere sempre presente e misurata a seconda delle possibilità. Di certo la sedentarietà è nemica del nostro cervello. Se parliamo di esercizi, dobbiamo citare anche quelli per ma nostra mente, altrettanto utili. Ce ne sono tanti, su carta o anche a pc o su app, per esercitare non solo la memoria ma anche la capacità di fare collegamenti logici e di concentrarsi. Ogni stimolo sensoriale ci può aiutare a restare lucidi a lungo, quindi ottime le camminate nella natura.
Deterioramento cognitivo vascolare
Il deterioramento cognitivo vascolare porta alla demenza vascolare che è la seconda causa più frequente di demenza nella popolazione anziana, soprattutto per gli uomini che hanno oltre i 75 anni. Proprio da quella età in poi di solito si presenta. I soggetti più a rischio sono coloro che soffrono di ipertensione, diabete mellito, iperlipidemia e… che fumano.
La demenza vascolare tipicamente si presenta quando numerosi piccoli infarti ischemici cerebrali causano un livello tale di perdita neuronale o assonale da determinare compromissione delle funzioni cerebrali.
Deterioramento cognitivo e malattia di Alzheimer
La demenza vascolare può presentarsi anche assieme al morbo di Alzheimer ma si tratta di due cose distinte. Il deterioramento cognitivo può portare a questa malattia in cui i disturbi di memoria peggiorano in modo rapido, compromettendo le usuali attività del vivere quotidiano. L’Alzheimer è oggi la forma più comune di demenza. Non è per forza legata all’età perché può insorgere anche precocemente ed è caratterizzata dalla progressiva perdita della memoria e, nelle fasi più avanzate, dall’incapacità di svolgere anche le più semplici azioni quotidiane, da disturbi dell’umore e da comportamenti che compromettono inevitabilmente la normale vita relazionale.