Sarà il decennio degli Oceani quello che sta per iniziare, dal 2021 al 2030 l’ONU ha deciso di prestare maggiore attenzione alle nostre acque che finora sono state sì studiate ma con risorse esigue, troppo poche per l’emergenza che riguarda questa parte di mondo a noi tra l’altro quasi totalmente sconosciuta. Sì perché di tutti gli oceani del mondo noi ne conosciamo una piccolissima parte e da quel poco che abbiamo potuto finora mappare, la loro salute non è per nulla ottima.
Ci sono infinità di specie da studiare e da preservare ed è ora di mettere una marcia in più e unire le forze. Questo è uno dei buoni propositi per il 2021 e gli anni a seguire.
E’ di pochi giorni fa la lieta notizia della bella alleanza internazionale che le Nazioni Unite hanno deciso di realizzare e che avrà delle conseguenze non solo ai piani alti ma anche nella quotidianità di tutti noi a cui sarà chiesto di prestare maggiore attenzione a tutte le azioni che possono compromettere la salute delle nostre acque.
Perché un decennio ONU degli oceani
Nel documento con cui le Nazioni Unite presentano il periodo 2021-2030 come decennio degli Oceani e delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile si spiega che “gli interventi possono essere efficaci solo se sono basati su solide conoscenze fornite dalla scienza. C’è una crescente necessità di trovare soluzioni scientifiche che ci permettano di comprendere i cambiamenti in corso nei nostri oceani e di rovesciare il declino della loro salute”. Le idee sono chiare, quindi.
Per proteggere questi ecosistemi è strettamente necessario conoscerli a fondo, nel vero senso della parola, e ciò si traduce anche in un cambio di rotta per quanto riguarda le risorse destinate alla ricerca in questo campo che sono sempre state minime. L’ONU parla di una percentuale che varia dallo 0,04 e al 4 per cento degli investimenti globali in ricerca e sviluppo.
Istituendo questo decennio speciale si vuole quindi dare un forte segnale di attenzione e in un certo senso spingere in modo esplicito i decisori a realizzare delle iniziative da questo punto di vista. Si punta molto sulle alleanze, tra istituti di ricerca, governi, aziende, associazioni e cittadini, perché sono proprio le partnership trasversali quelle che per emergenze del genere possono sfoderare una maggiore potenza e probabilità di successo. Il Decennio degli Oceani non fa in fondo che ribadire ciò che c’è già scritto anche nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, precisamente nel 14esimo che invita a “preservare e usare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile”.
Le priorità dell’ONU per gli Oceani
Andando oltre al grande annuncio e all’entusiasmo per i futuri 10 anni con una maggiore attenzione su una parte del nostro ecosistema importante e minacciato, andiamo a scoprire cosa c’è in agenda per questo Decennio, quali sono le priorità dettate dall’ONU che guideranno gran parte delle iniziative in arrivo.
- Realizzare un atlante digitale completo degli oceani.
- Realizzare un sistema completo di osservazione degli oceani da tutti i bacini principali.
- Sviluppare una conoscenza qualitativa e quantitativa degli ecosistemi oceanici e delle loro dinamiche, per la loro gestione e per il loro adattamento.
- Costruire un portale con dati e informazioni sugli oceani.
- Inventare un sistema di allerta integrato per molteplici situazioni di rischio.
- Includere gli oceani nelle attività di osservazione, ricerca e previsione legate al sistema terrestre, con il supporto di scienze sociali e umanistiche e valutazioni di carattere economico.
- Sviluppare competenze e trasferire tecnologie, training ed educazione, cultura degli oceani.
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La salute degli oceani
E’ abbastanza scontato che gli oceani di questi tempi non se la cavino molto bene. Non conoscendoli a fondo forse non abbiamo idea di quanto sono ricchi e preziosi per la biodiversità del pianeta. Sono proprio gli oceani infatti l’ecosistema più vasto al mondo che ospita circa 200mila specie note, a cui aggiungere tutte quelle che potremo ancora scoprire esplorando meglio le profondità.
Il 40 per cento di queste acque è malato a detta del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e non è difficile crederlo guardando anche solo la salute dei nostri mari. Tante sono le minacce da cui guardarsi. Ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno. Il 35% degli stock ittici viene pescato a livelli biologicamente insostenibili secondo la FAO e intanto il riscaldamento globale fa sciogliere le calotte polari che vanno così a far alzare il livello dei mari. Per lo meno questo ci dovrebbe preoccupare visto che le previsioni parlano di 300 milioni di persone che vedranno la propria casa sommersa nei prossimi anni.
Qui ci dovrebbe scattare un campanello di allarme, se non è accaduto prima. La salute degli oceani non è una preoccupazione da naturalisti ed ecologisti appassionati, o da chi vive sulle loro coste, è un affare globale sia dal punto di vista ambientale, sia economico e sociale. Da un lato assorbono il 30% della CO2 che noi produciamo, mitigando il riscaldamento globale, danno inoltre da mangiare a 3 miliardi di persone ma non scordiamo anche tutte le industrie che hanno una attività inerente alle risorse marine e costiere. Gli oceani contribuiscono per il 3% al PIL globale per un valore totale di 3mila miliardi di dollari all’anno.
Un libro sugli Oceani
Per contribuire alla diffusione di una maggiore conoscenza degli oceani, perché anche le nuove generazioni li vedano come importanti e non come qualcosa di lontano, immenso e misterioso di cui non è necessario prendersi cura, vi segnalo il libro illustrato “Oceani” che potrete ordinare in questa pagina di Amazon.
Si tratta di un ottimo volume edito da Rizzoli da mettere nelle mani di tutti i bambini dai 6 anni in su. Ottima anche la qualità delle immagini da sfogliare e sui cui fantasticare.
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