Mascherine: ci siamo ormai abituati a indossarle ogni giorno come misura preventiva contro il Covid-19. Dietro quelle che sono uno dei mezzi per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso da oltre un anno, si nasconde un’arma a doppio taglio per l’ambiente. Ciò si deve soprattutto alla mancanza di un corretto smaltimento di questo dispositivo e alla diffusa prassi, per molti, di gettare le mascherine in ogni dove, come si fa con svariati altri rifiuti.
I danni che possono derivarne da un punto di vista ambientale sono enormi e, prima di compromettere ulteriormente i nostri ecosistemi e la nostra fauna, è opportuno correre ai ripari.
Mascherine e inquinamento da plastica
Le mascherine sono destinate a diventare la prossima catastrofe ambientale correlata alla plastica. A lanciare l’allarme sono stati due ricercatori Elvis Genbo Xu, tossicologo ambientale della University of Southern Denmark, e Zhiyong Jason Ren, professore di ingegneria civile e ambientale della Princeton University. I due esperti hanno pubblicato un articolo sulla rivista Frontiers of Environmental Science & Engineering. Tra le righe del testo si legge come a livello globale ogni mese utilizziamo ben 129 miliardi di mascherine, corrispondenti a 3 milioni al minuto.
La maggior parte dei dispositivi sono monouso e sono costituiti da microfibre di plastica. Come ben sappiamo, sono molte le circostanze in cui le mascherine usa e getta vengono smaltite in maniera errata, finendo abbandonate nell’ambiente. Ciò ci permette di intuire l’entità del problema: le mascherine costituiscono una vera minaccia ecologica da affrontare al più presto, prima che si giunga a un punto di non ritorno.
Uno dei rischi principali che si corre è che le mascherine vadano ad alimentare le già enormi quantità di microplastiche disseminate nei nostri ecosistemi, provocando danni di portata inestimabile. Danni che, ricordiamo, non riguardano solo l’ambiente ma la nostra stessa salute. Come rilevato dalla letteratura scientifica, difatti, in condizioni di elevata concentrazione o di alta suscettibilità individuale, le microplastiche sono probabili cause scatenanti di lesioni infiammatorie, stress ossidativo e persino di cancerogenicità.
Danni ambientali delle mascherine: l’impatto sulla fauna
Già da diversi anni le conseguenze del grande uso della plastica e del suo scorretto smaltimento sono visibili nelle acque marine e oceaniche del nostro pianeta. La piattaforma Global Plastic Action Partnership (Gpap) stima che, ogni anno, 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscano nell’oceano. Il tragico quadro si è ulteriormente aggravato con la pandemia da Covid-19: le mascherine, così come i guanti che molti cittadini continuano tuttora a usare, sono un pericolo per gli animali marini, che rischiano di rimanere intrappolati, scambiando questi rifiuti per meduse o per altri pesci.
Disperse nell’ambiente, le mascherine diventano inoltre un serio rischio per l’avifauna e per gli animali terrestri, che possono ingoiarle, rimanendo soffocati, o restare a loro volta prigionieri. Nel web, non mancano immagini e video che documentano il triste fenomeno.
Danni ambientali delle mascherine: l’appello delle associazioni
A confermare la situazione di incuria in cui vengono abbandonate le mascherine si aggiungono gli appelli di associazioni ambientaliste di ogni latitudine del globo. Come spiegato a pochi mesi dallo scoppio della pandemia da Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, i dispositivi sanitari come mascherine e guanti “sono molto resistenti e potrebbero durare nell’ambiente decine di anni”. Lo stesso ciclo di vita che si riscontra con le buste di plastica più spesse o con i flaconi di liquidi più resistenti. Le conseguenze sotto il profilo ecologico possono perciò essere irreparabili.
Come se ciò non bastasse, esiste un rischio reale che possano essere contaminati anche i cibi che portiamo a tavola ogni giorno. Questo perché le micro-particelle di plastica rilasciate dalle mascherine usa e getta vengono mangiate dai pesci di cui ci nutriamo. I danni ambientali delle mascherine, insomma, sono già consistenti con effetti che impattano non solo sugli ecosistemi naturali ma anche sugli stessi esseri umani.
Smaltimento delle mascherine
Quando ci si concentra sui danni ambientali delle mascherine, spesso si dimentica di un altro elemento cruciale. Anche nel caso in cui i dispositivi vengano gettati nella spazzatura e non finiscano quindi per incrementare il già alto quantitativo di rifiuti abbandonati nell’ambiente, si pone comunque il delicato problema di come smaltirli. A oggi, l’unica rapida alternativa possibile è l’incenerimento nei termovalorizzatori.
L’ulteriore questione che si pone riguarda perciò le emissioni di CO2 derivanti dall’incenerimento dei dispositivi. È stato stimato che per bruciare 256 mascherine si immettano in atmosfera 1,39 kg di CO2, ovvero 542.000 Kg al mese (6 milioni/Kg in un anno). I quantitativi di anidride carbonica correlati allo smaltimento vanno inoltre a sommarsi alle emissioni per la produzione e per il trasporto. Pur senza effettuare calcoli esatti, si deduce a priori quanto possa essere elevato l’impatto del ciclo di vita delle mascherine, se moltiplicato per l’uso che ne viene fatto a livello globale.
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L’assenza di linee guida sullo smaltimento delle mascherine
Come puntualizzato dai già citati ricercatori Elvis Genbo Xu e Zhiyong Jason Ren, “a differenza delle bottiglie di plastica, delle quali circa il 25% viene riciclato, non esiste una guida ufficiale sul riciclo delle mascherine”. Per la produzione di questi dispositivi vengono utilizzati diversi polimeri, il polipropilene in particolare. Il loro alto uso, precisano gli esperti, “ha portato a un grande accumulo di rifiuti nell’ambiente. Qui le mascherine sono soggette a radiazioni solari e calore, ma la degradazione del polipropilene è ritardata a causa della sua elevata idrofobicità, dell’alto peso molecolare, della mancanza di un gruppo funzionale attivo e della catena continua di unità di metilene ripetitive”. Queste proprietà portano alla loro persistenza e all’accumulo nell’ambiente.
Proprio per questo motivo, secondo i due ricercatori, la comunità scientifica deve muoversi rapidamente per comprendere e mitigare questi rischi. Per esempio, “basandosi sul ripensamento critico delle tre ‘R’: regolare (valutazione del ciclo di vita su produzione, smaltimento e decontaminazione), riutilizzare (mascherine lavabili) e sostituire le mascherine di plastica monouso con altre composte da materiali biodegradabili”.
Anche in questo caso, per limitare l’impatto antropico, correlato nel caso specifico all’uso crescente delle mascherine, urge un’azione mirata e consapevole. In assenza di provvedimenti efficaci, all’emergenza sanitaria si affiancherà un’emergenza di tipo ambientale, con conseguenze che saranno difficilmente risolvibili.
Riciclo delle mascherine
Nel frattempo, si stanno affacciando alcuni primi tentativi di dare una seconda vita alle mascherine. Uno studio condotto da esperti dell’Università di Melbourne, in Australia, ha ad esempio rilevato come le mascherine usa e getta, una volta esaurita la loro funzione primaria, potrebbero essere riciclate in una soluzione di economia circolare per creare strade, offrendo un’opportunità di implementare la sostenibilità e la circolarità dei rifiuti.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment, rileva che per realizzare un solo chilometro di una strada a due corsie potrebbero essere usati circa 3 milioni di mascherine, il che impedirebbe a 93 tonnellate di rifiuti di raggiungere le discariche.
Come spiegato dagli studiosi australiani, il particolare materiale utilizzato per la costruzione di strade “è composto da mascherine monouso e macerie da costruzione, progettate per soddisfare gli standard di sicurezza dell’ingegneria civile“. Sarà forse questa la soluzione per porre freno a una catastrofe incombente? Solo il tempo ci darà una risposta.