Alzi la mano chi di noi non si sia trovato almeno una volta a gettar via del cibo scaduto, o che sospettava lo fosse.
Di certo la data di scadenza è una delle informazioni più cercate e lette sulla confezione dei prodotti alimentari che acquistiamo, ma la sappiamo leggere?
La lettura della data di scadenza può essere infatti più insidiosa di quello che sembri.
Secondo un’indagine di Altroconsumo del 2020 (fonte: Altroconsumo.it), il 63% degli italiani non conosce la differenza tra le diciture “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”: le due sembrano equivalere, quando invece hanno una differenza sostanziale e niente affatto trascurabile.
Le informazioni che troverete di seguito scritte potranno allora esservi utili ad interpretare questa parte dell’etichetta alimentare, aiutandovi a non far scadere il cibo in casa e ad evitare così inutili sprechi alimentari.
I termini maschili usati in questo testo si riferiscono a persone di qualsiasi genere.
“Da consumarsi entro”: la vera data di scadenza
La dicitura “da consumarsi entro” è decisamente imperiosa e non ammette deroghe: mangiare un alimento oltre la data indicata (data di scadenza) può essere rischioso per la salute e dunque è ragionevole non farlo. Il cibo è scaduto e non va mangiato.
In questo caso la soluzione verrà con le spese successive: bisogna pianificarle, interrogandosi anche su quanto cibo in eccesso acquistiamo inutilmente, destinandolo probabilmente allo spreco.
Le spese andranno fatte in modo più oculato, compilando una vera lista della spesa ed evitando così di fare acquisti guidati dall’impulso dello “shopping”: non deve essere il packaging esibito lungo i corridoi del supermercato a condurci nel fare la spesa, ma le nostre reali necessità domestiche.
Conviene poi fare ogni tanto un check del frigorifero e dei ripiani della cucina, di modo da disporre in bella mostra i cibi più prossimi alla scadenza, evitando di riporli dietro a tutto il resto: se li vediamo ci accorgiamo di averli ed è più probabile che li consumiamo nei tempi previsti.
Nell’immagine di apertura di questo articolo potete vedere l’etichetta presente su una confezione di spinaci con la scritta “Da consumarsi entro” abbreviata in “DA CONS. ENTRO” a cui bisogna attenersi.
“Da consumarsi preferibilmente entro”, ovvero il termine minimo di conservazione
La dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” ci restituisce invece l’idea che non sia perentorio mangiare quel cibo entro la data segnata sulla confezione: quella data non è una data di scadenza, è il suo termine minimo di conservazione (Tmc) oltre il quale il cibo non è scaduto, ma, semplicemente, non è al suo meglio.
Un cibo che presenta questa dicitura sulla sua confezione può essere consumato oltre la data riportata, senza per questo correre il rischio di un’infezione o di un’intossicazione alimentare.
Fino a quanto tempo dopo lo si può mangiare, però?
Dipende dal tipo di cibo e da come lo abbiamo conservato in casa.
Ci torneremo sopra in modo più preciso. Per ora però ci basti sapere che sono i nostri sensi a venirci in aiuto: se l’alimento ha un aspetto e un odore inalterati, se all’assaggio ha un gusto e una consistenza buoni, allora quel cibo non è scaduto e può essere mangiato senza timore. Diversamente, è probabile che lo sia e ci conviene smaltirlo nell’umido.
Può capitare anche che la fragranza o il gusto non siano eccezionali, che i prodotti da forno siano meno croccanti, che quel cibo sia meno saporito o aromatico, o profumato, ma se alla vista non presenta muffe o parti marce, se non presenta farfalline, ragnatele o larve (nel caso soprattutto di farine, pasta, riso, spezie andati a male), se l’odore e il sapore non sono alterati, acri, piuttosto che acidi o francamente rancidi, se la confezione infine è integra, se i nostri sensi, insomma, ci dicono che quel cibo non è scaduto ed è sicuro, allora possiamo mangiarlo in totale tranquillità.
Bisogna cioè
- guardarlo, in cerca di alterazioni nell’aspetto indicative del fatto che il cibo si sia guastato
- annusarlo nel caso avesse un odore sgradevole
- assaggiarne una piccola parte e sentirne il sapore
In breve, possiamo affidarci ai nostri sensi per capire da soli se l’alimento sia scaduto o meno, perché se il suo sapore, l’odore, l’aspetto, la consistenza sono normali, non c’è motivo di sospettarlo.
Oltre il termine minimo di conservazione, insomma, il cibo va osservato, annusato ed assaggiato, solo allora capiremo cosa farne.
Qui di seguito potete vedere l’etichetta di una confezione di crackers con la scritta “Da consumarsi preferibilmente entro il:”
Il cibo non è scaduto se il termine minimo di conservazione è stato superato: provare per credere!
Il cibo non è scaduto se il termine minimo di conservazione è stato superato: provare per credere! A questo proposito, vi invito a vedere il simpatico video realizzato dal team di Too Good to Go, movimento internazionale che si occupa della riduzione degli sprechi alimentari che vi proponiamo qui di seguito.
Nel video le ragazze e i ragazzi del team italiano si ritrovano alle prese con alcuni prodotti alimentari a confronto: sono cibi serviti in duplice copia, una versione entro il termine di conservazione ed un’altra oltre, senza che nessuno sappia quale delle due sia l’una o l’altra.
Seduti ad un tavolo confrontano le due versioni di succo di arancia, patatine, croissant e vino, assaggiano, osservano ed annusano, provando a capire quale delle due non abbia superato la data di conservazione.
L’impresa non è facile e spesso capita che il cibo ritenuto entro il termine sia in realtà quello andato oltre, a riprova del fatto che se un cibo supera il suo Tmc non vuol dire che sia scaduto e che non possa essere mangiato.
Se vi sembra buono vuol dire che lo è.
È chiaro che non basta la data riportata sull’etichetta a metterci al sicuro: il modo in cui un cibo viene conservato in casa, le condizioni in cui è stato trasportato dal negozio concorrono a far sì che il prodotto si mantenga bene.
Se il prodotto viene tenuto in casa in un luogo fresco e asciutto; se la confezione si mantiene integra; se non lasciamo scongelare l’alimento surgelato lungo il tragitto dal negozio a casa; se disponiamo i prodotti che necessitano di maggior freddo nella parte inferiore del frigo e posteriormente, dove le temperature si mantengono stabilmente basse (il latte, per esempio, non va tenuto sui ripiani della porta del frigo, ma dove il frigo è più freddo); se ci assicuriamo che nel comparto della frutta e della verdura del frigorifero non si crei troppa umidità e i prodotti non “si bagnino”, allora con ogni probabilità riusciremo a conservare bene i nostri prodotti in casa.
Oltre il termine minimo di conservazione: fino a quando il cibo può essere mangiato in sicurezza
La domanda è: entro quanto tempo oltre il suo termine minimo di conservazione un cibo può essere ugualmente consumato senza rischi per la salute?
In Internet si trovano indicazioni che possono leggermente divergere tra loro.
Io mi sono affidata all’autorevole sito del Banco Alimentare che ha realizzato un pieghevole che potete scaricare da questo link per poi stamparlo e appenderlo in cucina.
In linea di massima ricordiamo che per il cibo che presenta la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” valgono queste regole:
- le uova ed il pane confezionato a fette possono essere mangiati fino a 7 giorni dopo la data indicata sulla confezione
- gli affettati a fette e confezionati possono essere consumati fino ad un mese oltre il loro Tmc
- le paste, i risi, la polenta, il cous cous, i vari cereali in grani, le farine, le conserve, i surgelati, gli snack secchi e i dolci confezionati possono essere mangiati fino a due mesi dopo; le farine integrali sono più delicate e potrebbero guastarsi prima di quelle bianche
- il latte UHT, i succhi di frutta, la maionese, la senape e le salse, le spezie, i prodotti liofilizzati come l’orzo possono essere consumati invece fino a 6 mesi oltre la data indicata
- le verdure sott’olio, il tonno sott’olio, gli olii, l’acqua in bottiglia, il caffè macinato ed il tè fino ad un anno dopo
Prima di mangiare quell’alimento dovrete osservarlo, annusarlo e assaggiarlo: se passa il vostro esame il cibo non è scaduto, e potrete mangiarlo in totale sicurezza.
Il cibo surgelato può essere mangiato anche se scaduto?
I cibi surgelati riportano, non a caso, la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”.
Nell’essere conservati in freezer infatti, i surgelati godono del beneficio della temperatura sotto zero che, trasformando l’acqua in ghiaccio, fa sì che batteri e lieviti presenti nel cibo non proliferino e che la loro crescita si arresti fino a che, fuori dal freezer, non li lasciamo scongelare.
In queste condizioni allora, cioè ben conservati in freezer, i prodotti surgelati possono essere mangiati in sicurezza anche dopo il loro Tmc.
Una volta però scongelati, si consiglia di cuocerli e mangiarli il giorno stesso.
Cibi che non scadono
Esistono dei cibi che potremmo dire non hanno scadenza perché, per le loro caratteristiche intrinseche, non offrono un ambiente favorevole alla proliferazione di lieviti e batteri.
Sono cibi che non possiedono abbastanza acqua da permettere ad eventuali microrganismi patogeni di proliferare: è il caso dello zucchero, del sale, del miele e dei legumi secchi, per esempio.
Altri alimenti invece offrono un ambiente troppo acido e colonizzato da batteri favorevoli per poter ospitare anche muffe o germi patogeni: è questo il caso dell’aceto che si ottiene dalla fermentazione operata da un gruppo di batteri chiamati Acetobacter, o batteri acetici, che trasformano il vino e il mosto di mele in aceto.
I cibi che allora hanno un tempo di scadenza indefinitamente lungo sono:
- lo zucchero
- il sale
- il miele
- i liquori e i distillati
- l’aceto (di vino bianco o rosso, balsamico o di mele)
Questi alimenti, purché conservati bene in un ambiente fresco e asciutto, possono essere consumati senza rischio in tempi molto lunghi.
Vasetti di miele: un cibo sano e senza scadenza se ben coservato
Per i superalcolici e l’aceto si raccomanda che la conservazione avvenga anche al buio.
Cosa fare con il cibo scaduto
Il cibo scaduto ha un solo destino: lo smaltimento nell’umido.
Non arrischiatevi a mangiarlo, né datelo agli animali, domestici o di allevamento, non è salutare neppure per loro mangiarlo, e neppure può essere donato. Il cibo scaduto va tolto dalla sua confezione che verrà gettata via seguendo la raccolta differenziata e l’alimento andrà nell’umido.
Diverso è se il cibo è vicino alla scadenza o ha superato il suo termine minimo di conservazione ma è ancora buono e la confezione è integra: se, nonostante quanto ci siamo detti finora, preferiamo ugualmente non mangiarlo una soluzione potrebbe essere quella di regalarlo a chi ne ha bisogno.
Come fare?
Organizzazioni come il Banco Alimentare non accettano donazioni da cittadini privati, ma soltanto da aziende, supermercati e attività di ristorazione. Ci si può però rivolgere ad altre realtà locali di carità o onlus che organizzano la raccolta di cibo nella zona in cui abitiamo.
Un esempio è l’Opera San Francesco (fonte: Operasanfrancesco.it) che lavora su Milano gestendo due mense molto capienti per uomini, donne e famiglie, italiani e stranieri che non saprebbero diversamente come mangiare. Queste realtà dopo l’inizio della pandemia si sono moltiplicate e hanno rimpolpato le fila delle persone che si rivolgono a loro.
Ricordiamoci che ogni volta che gettiamo via del cibo infatti, scaduto o no, lo andiamo a sprecare.
Lo spreco non investe solo il nostro portafoglio, ma anche il pianeta (pensiamo all’energia consumata per produrlo, al costo ambientale per il suo trasporto dal sito di produzione al supermercato, al suo confezionamento e alla confezione che sarà smaltita come rifiuto). E pensiamo, non in ultimo, alle persone che nel mondo muoiono di fame.
Dobbiamo impegnarci a ridurre al minimo le occasioni in cui nelle nostre abitazioni il cibo viene buttato, che sia perché organizziamo una spesa in maniera poco intelligente, o perché male interpretiamo una data di scadenza o male conserviamo il prodotto, o perché ne prepariamo troppo o non siamo abituati a riutilizzare gli avanzi. Qualunque sia il motivo, il cibo non va sprecato.
Sprechi alimentari: quanto cibo viene gettato in Europa
Il sito Too Good to Go ci offre una lettura molto fedele di quanto succede in Europa sugli sprechi alimentari e sulla fine che fa molto del cibo che compriamo ad uso domestico.
Dalle pagine del sito possiamo leggere che nella sola Unione Europea vengono sprecati 88 milioni di tonnellate di cibo all’anno, di cui 47 milioni nelle nostre case.
Questo vuol dire che più della metà del cibo viene buttato nella spazzatura dalle stesse famiglie che lo avevano acquistato tempo prima.
Di questi, quasi 9 milioni di tonnellate di cibo sono sprecati a causa di una lettura sbagliata della data indicata sulle etichette alimentari ed una confusione tra le due diciture “da consumarsi entro il” (equivalente all’inglese “use by”) e “da consumarsi preferibilmente entro il” (equivalente all’inglese “best before”).
Uno sguardo sull’Italia: quanto cibo sprechiamo e perché
Secondo l’ultimo Rapporto dell’osservatorio Waste Watchers ( fonte: www.sprecozero.it ) presentato il 5 febbraio 2021, in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, la quantità di cibo che gli italiani hanno buttato via nell’anno 2020 è stata minore che in passato: in totale 1.661.107 di tonnellate di cibo – riferendosi solo allo spreco domestico a cui si aggiungono i 3.624.973 di tonnellate di cibo perso nel resto della filiera alimentare – equivalenti a 27 kg di cibo a testa finiti direttamente nella spazzatura nell’anno 2020.
Cifre esorbitanti ma in calo rispetto agli anni precedenti per effetto, si pensa, della pandemia: 220.000 tonnellate di cibo in meno gettate nella spazzatura.
In un precedente report Waste Watchers aveva indagato le ragioni che portavano tante famiglie a buttare via il cibo. I motivi erano molti, fra questi emergeva:
- una spesa mal pianificata e fatta sotto la spinta pubblicitaria del packaging o delle offerte esibite dai supermercati
- scarsa comprensione della dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”: anche in questo caso, come per l’indagine di Altroconsumo, la percentuale di italiani che disapprovava l’utilizzo di questa dicitura, considerata confondente più che di aiuto, era alta (56%)
- l’abitudine a non riporre gli alimenti in ordine di scadenza (circa un italiano su tre): i prodotti più vecchi, e che quindi hanno la precedenza ad esser mangiati, non vengono in genere disposti in modo visibile in prima fila, con il risultato che il 32% dichiarava di buttare il cibo non consumato in tempo
- una cattiva conservazione del prodotto alimentare in casa (quasi il 20% degli italiani intervistati)
Come si spiega allora questa riduzione della quantità di cibo sprecato nelle case italiane?
Waste Watchers vede in una maggiore sensibilizzazione sui temi dell’emergenza climatica e della sostenibilità ambientale il motivo di questo cambiamento di rotta: le persone, anche a seguito della pandemia, stanno comprendendo che non ci può essere un benessere del Pianeta se la filiera alimentare non viene preservata e gestita con cura ed attenzione in ogni sua parte, anche in quella finale che compete al cittadino privato (produzione/spreco alimentare – salute del Pianeta – salute dell’essere umano).
È la circolarità della vita a garantire la vita sulla Terra.