Alcuni storcono il naso di fronte a proposte del genere mentre altri possono esserne attirati o per lo meno incuriositi. Al di là dei gusti e dei preconcetti, è importante informarsi per sapere cosa contengono prodotti come la birra analcolica, che nascono in un certo senso per andare incontro al mercato ma che snaturano la bevanda o l’alimento originario. Sono dei paradossi che oggi troviamo sempre più frequentemente e che dobbiamo imparare a guardare con occhio critico, capendo se ci possono nuocere oppure no. Andiamo a scoprire come viene prodotta la birra analcolica e che differenze ci sono rispetto a quella “normale”.
Birra analcolica: caratteristiche
Quando si parla di birra analcolica si vuole intendere una birra con un contenuto di alcool talmente minimo da poter essere quasi ignorato. Ovviamente non si tratta di una valutazione a spanne o che ciascuno può fare a seconda della propria sensibilità, c’è una legge che individua la soglia per cui possiamo ritenere il quantitativo di alcol esiguo o meno. In Italia è fissata all’1,2%.
Prima cosa da sapere, quindi, è che la birra analcolica non è davvero analcolica, per lo meno non sempre. Possiamo infatti distinguere le birre che appartengono a questa categoria in due diverse sotto categoria, quella delle analcoliche “vere”, con massimo lo 0,05% di alcol, e quelle poco alcoliche, in cui l’alcol c’è ma non supera l’1,2%. Perché qualcuno è andato ad inventare questa versione soft di una bevanda tanto amata proprio e anche perché alcolica?
Si è pensato che ci fosse una fetta di mercato interessata a sorseggiare una bibita con il gusto della birra ma che non producesse gli effetti classici degli alcolici. Al di là delle scelte dei singoli, la birra così soft può tornare utile quando si tratta di prevenzione di incidenti stradali del sabato sera, spesso causati da persone che si mettono al volante dopo aver bevuto troppo. Per suggerire questo utilizzo, spesso questa birra viene chiamata anche “drive beer”.
Cosa contiene la birra analcolica
Abbiamo già visto quanto alcol contiene questa birra adatta a chi si deve mettere alla guida o a chi vuole fare un happy hour senza tornare sbronzo. Vediamo come viene prodotta per capire la sua natura. Possiamo scegliere tra due modalità, uno molto comune, l’altro davvero raro da vedere applicato.
Nella maggior parte dei casi le birre analcoliche vengono ottenute interrompendo la fermentazione alcolica appena si raggiunge il grado alcolico desiderato che ricordo non deve mai superare l’1,2%. Quando si fa un intervento del genere mentre si prepara la birra, si hanno delle conseguenze anche sul suo sapore che sarà più dolce rispetto a quello a cui i fruitori di birra sono abituati. Questo si spiega facilmente: bloccando la fermentazione, restano nella birra degli zuccheri in circolazione, che non vengono trasformati.
In alternativa a questo metodo ce n’è un altro, decisamente più complesso da mettere in atto, molto raro a vedersi applicato. Si parte dalla birra alcolica e si toglie l’alcol che contiene utilizzando delle tecnologie complesse che sfruttano l’evaporazione o l’ebollizione.
Birre analcoliche in vendita
La maggior parte delle birre analcoliche che possiamo trovare in vendita sono quelle stile lager. Sono le più vendute al mondo e la richiesta da parte del mercato è maggiore, anche per la loro versione analcolica. In Italia il maggiore produttore di birra analcolica è senza dubbio Moretti che la promuove con lo slogan “tanto gusto, zero pensieri”, ci sono altri marchi e anche vari birrifici artigianali che si cimentano nel produrla, sempre tenendo conto che si tratta di un prodotto di nicchia.
Di solito non ha prezzi elevati, una bottiglia da 330 ml costa circa un euro o due. Fuori dall’Italia troviamo dei Paesi in cui insospettabilmente o forse no, la birra senza alcol piace molto. In Spagna, ad esempio, che si afferma come il principale produttore e consumatore europeo di birra a basso contenuto alcolico. Anche negli Stati Uniti la birra analcolica piace molto, anche perché può essere venduta legalmente anche ai minori. Considerazioni a parte sono da fare per il mercato del Medio Oriente dove gran parte della popolazione per motivi religiosi e culturali non beve alcol. È chiaro che qui c’è molta richiesta!
La birra analcolica fa male?
Quando è senza alcol, è chiaro che non crea danni da quel punto di vista e questo è già un bel vantaggio tenendo conto che proprio l’alcol è l’aspetto più critico di quella che è una bevanda piuttosto naturale. Quando l’alcol c’è ma è pochissimo, gli effetti negativi sulla salute sono praticamente inesistenti, a meno che non se ne bevano delle casse intere in una sera, un’impresa difficile visto l’effetto gonfiante che ha la birra. Se ci teniamo sotto alla quantitá di un litro al giorno di birra analcolica, possiamo stare sereni, anche se è di quelle che contengono l’1% di alcol. La quantità ingerita è più importante da valutare considerando i solfiti che vi troviamo. Si tratta di additivi non del tutto salutari che però non creano effetti notevoli se non esageriamo con le quantità. Massimo una o due birre al giorno.
Birra alcolica in Italia
Al di là della sua distribuzione sul mercato, possiamo notare che nel nostro Paese questo tipo di birra non suscita grande entusiasmo. Da un lato va detto che chi beve birra desidera anche l’effetto dell’alcol, un po’ di euforia blanda. Dall’altro lato va riconosciuto che il gusto non è proprio lo stesso, è più dolce e finisce per prevalere sul sapore del luppolo che dovrebbe essere quello caratterizzante.
Birre analcoliche a Londra
All’inizio del 2020 a Londra è stato aperto un bar che serve solo birre analcoliche. Sembra un paradosso vista la quantità di birra che si beve in Inghilterra, anche rispetto all’Italia dove il vino a volte viene preferito. In piena campagna anti alcol, il Dry January, il birrificio artigianale scozzese Brewdog, nato nel 2007 e diventato in breve molto noto anche in Italia, ha inaugurato il BrewDog AF Bar dove AF è l’abbreviazione di “alcol free”. Tutte le birre alla spina proposte hanno meno dello 0,5% di alcol, ben sotto il limite stabilito per legge. Chi ama queste birre qui troverà diverse etichette tra cui scegliere gustandone il diverso sapore per farsi un’idea di quello che il mercato offre e per capire se vale la pena o meno di “convertirsi” ad una condotta “alcol free”.