È una delle più urgenti problematiche che ci troviamo ad affrontare nella società odierna. Ci riferiamo al riscaldamento globale. Il termine, derivante dall’inglese “Global Warming”, viene spesso utilizzato come sinonimo di cambiamento climatico. In realtà, epoche di surriscaldamento e di raffreddamento fanno parte del naturale evolversi del nostro pianeta.
Tuttavia, la vera grande differenza rispetto al passato si ha nel fatto che nell’epoca attuale il riscaldamento che sta interessando la Terra è un mutamento senza precedenti, strettamente correlato all’azione dell’uomo.
Cos’è il riscaldamento globale
Con l’espressione “riscaldamento globale” si intende il progressivo innalzamento della temperatura planetaria derivante dall’aumento della concentrazione di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera. In condizioni normali, i gas serra servono a evitare il raffreddamento della Terra. Il ruolo di questi gas presenti nell’atmosfera è infatti di trattenere una parte considerevole della componente nell’infrarosso della radiazione solare che colpisce il nostro pianeta ed è emessa dalla superficie terrestre, dall’atmosfera e dalle nuvole. Si tratta del cosiddetto effetto serra.
In assenza dell’effetto serra naturale, la temperatura media del nostro pianeta sarebbe troppo bassa. La vita sulla Terra così come la conosciamo non risulterebbe quindi possibile.
L’effetto serra in giusta dose può di conseguenza essere definito come un particolare fenomeno naturale che permette al nostro pianeta di mantenersi nell’ambito di un regime necessario per l’abitabilità dell’uomo. L’effetto serra si basa su un delicato equilibrio: tutto dipende dalla quantità e dalla percentuale di gas serra presenti in atmosfera. Il problema si produce con la crescita smisurata della concentrazione di tali gas. Nel corso degli ultimi duecento anni, i gas serra sono incrementati in maniera esponenziale, determinando un significativo aumento delle temperature planetarie, fenomeno che viene per l’appunto definito “riscaldamento globale” e che rappresenta la principale causa dei cambiamenti climatici in corso.
Cause del riscaldamento globale
Il tutto ha avuto inizio all’epoca della Rivoluzione Industriale, nella seconda metà del Settecento. A partire dal 1850, l’uomo ha potuto ricorrere a misurazioni precise delle temperature globali. Da quel periodo, la temperatura media del nostro pianeta è progressivamente cresciuta, senza subire arresti. Si è registrato un aumento medio di 0.07°C per decennio. Nell’ultimo secolo la crescita è stata in totale di un grado centigrado.
Il delicato equilibrio dell’effetto serra è stato di conseguenza compromesso. E la causa principale di tale cambiamento deriva dall’azione antropica, ovvero dall’impronta delle attività umane sul pianeta, dirette responsabili dell’aumento eccessivo dei gas serra in atmosfera.
Il ruolo dei combustibili fossili nel riscaldamento globale
La prima causa alla base della sovraemissione dei gas serra è attribuibile all’uso eccessivo dei combustibili fossili, come petrolio e carbone. A partire dalla Prima Rivoluzione Industriale, infatti, l’essere umano ha sfruttato sempre di più i combustibili fossili come fonte di energia da utilizzare in ambito produttivo, per la climatizzazione degli ambienti interni e per realizzare carburanti necessari per i mezzi di trasporto. L’uso massivo di combustibili fossili ha provocato un’enorme quantità di emissioni di CO2, uno dei principali gas serra.
Gas serra e allevamenti intensivi
Se ne discute con minore frequenza rispetto all’impatto determinato dai combustibili fossili ma anche gli allevamenti intensivi pesano abbondantemente sulla sovraemissione di gas serra in atmosfera. Una recente ricerca realizzata da Greenpeace ha evidenziato come le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentino il 17% delle emissioni totali dell’Unione Europea, più di quelle derivanti da tutte le automobili e da tutti i furgoni in circolazione messi insieme.
Secondo l’analisi condotta dalla nota associazione ambientalista, le emissioni annuali degli allevamenti sono aumentate del 6% tra il 2007 e il 2018. Tale crescita, pari a ben 39 milioni di tonnellate di CO2, equivale ad aggiungere 8,4 milioni di auto sulle strade europee.
Lo studio non fa che confermare quanto già sostenuto in un precedente rapporto FAO del 2006 intitolato Livestock’s long Shadow. Nel report è stato calcolato che gli allevamenti intensivi producono il 18% di anidride carbonica, metano e ossido di azoto, mentre l’attività di trasporto via terra, acqua e mare ne causa solo il 14%. Si stima ad esempio che ben il 72% del metano totale derivante da attività umane emesso in atmosfera provenga sia direttamente dai processi digestivi dei ruminanti, ovvero bovini, ovini e caprini, sia dall’evaporazione dei composti presenti nel letame.
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Deforestazione e riscaldamento globale
Conseguenza diretta degli allevamenti intensivi è anche la progressiva deforestazione che sta interessando ampie zone del pianeta. Per far posto ai pascoli necessari per il bestiame sono state deforestate numerose aree nei vari continenti.
La deforestazione è strettamente correlata anche all’urbanizzazione e non ultimo all’agricoltura intensiva. Si pensi a mero titolo esemplificativo alla devastazione causata dalla produzione di olio di palma. L’olio di palma è un olio vegetale che si ottiene spremendo la polpa del frutto delle palme da olio. Una volta raffinato, l’olio di palma costituisce l’olio alimentare più consumato al mondo perché, oltre a essere economico, è in grado di conferire cremosità ai prodotti. Si presta perciò a molti usi. Lo si trova in numerosi cibi industriali, come snack e merendine, ma anche nei prodotti per l’igiene personale e in molti oggetti di plastica, di gomma e di metallo. L’olio di palma viene inoltre diffusamente utilizzato nella produzione di biodiesel, carburante che, a ben vedere, ha poco di “bio”.
Principali produttori dell’olio di palma sono l’Indonesia e la Malesia. Di recente la produzione di questo olio vegetale si è estesa anche al Cameroon, alla Liberia e alla Tanzania. In Indonesia la crescente richiesta dell’olio ha favorito l’espansione, in molti casi indiscriminata, delle piantagioni di palma da olio a discapito delle foreste torbiere, impattando pesantemente sulla biodiversità che esse ospitano e sulle popolazioni locali, con tutte le conseguenze del caso.
Ma per quale motivo l’abbattimento massiccio di alberi è causa diretta del riscaldamento globale? La risposta è semplice. A differenza degli organismi animali, i vegetali sono capaci di catturare la CO2 presente in atmosfera, liberando poi ossigeno e utilizzando il carbonio per crescere. Si tratta del fenomeno noto come fotosintesi clorofilliana. L’eliminazione massiccia di migliaia di ettari di alberi ad alto fusto ha quindi come grave conseguenza la diminuita capacità di catturare anidride carbonica, andando così a intaccare il delicato equilibrio naturale su cui si basa l’effetto serra.
Occorre inoltre tenere presente che i terreni sovrasfruttati per il pascolo diventano successivamente sterili e inutilizzabili. Tra le aree del pianeta maggiormente colpite dalla deforestazione rientra la Foresta Amazzonica, il cui ruolo per la nostra stessa sopravvivenza è centrale, trattandosi del più grande polmone verde della Terra. Si calcola che oltre il 60% della carne bovina consumata nell’Unione Europea provenga proprio dal Brasile. Questi dati sono indice del fatto che gli europei, attraverso i propri consumi di carne, contribuiscono alla deforestazione dell’Amazzonia, seppur in maniera indiretta. Anche il peso delle nostre scelte alimentari sul riscaldamento globale può quindi essere enorme.
Conseguenze del riscaldamento globale
Tra le conseguenze più devastanti del riscaldamento globale vi è quella di rendere inabitabili ampie zone del pianeta, a causa del progressivo processo di desertificazione e del prodursi di temperature incompatibili con la vita umana.
Dal riscaldamento globale e dai cambiamenti climatici a esso indissolubilmente correlati deriva inoltre un’ampia serie di terribili conseguenze. Tra queste:
- l’aumento del livello dei mari;
- lo scioglimento dei ghiacciai;
- l’acidificazione delle acque marine e oceaniche;
- la morte delle barriere coralline;
- la crescente manifestazione di eventi climatici estremi come ondate di calore prolungate, uragani e precipitazioni fuori controllo, comunemente definite con l’espressione di bombe d’acqua;
- la propagazione di virus e di malattie;
- il declino della biodiversità;
- la diffusione di specie aliene.
All’elenco di conseguenze del riscaldamento globale si aggiungono infine pesanti danni e economici e sociali.
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