Non lo si sente nominare spesso ma sembra che ci siano novità interessanti che lo riguardano e le caratteristiche del tarsio interessano sempre più scienziati e ricercatori. Capiamo quali sono e perché potrebbero suscitare anche il nostro interesse.
Caratteristiche del tarsio
I tarsi sono degli animaletti che possono a prima vista anche suscitare simpatia. Questi primati asiatici sono lunghi circa 10-15 centimetri a seconda dell’età e del sesso, ma hanno una coda sproporzionatamente lunga, più del corpo, quasi il doppio si direbbe, visto che misura dai 20 ai 25 centimetri. Un’altra stramba caratteristica che rende questo animale molto simile ad un essere che esce da un fumetto fantasy sono le mani e le dita.
La prime sono semplicemente molto lunghe ma le dita sono davvero particolari, oltre che lunghe si mostrano anche con dei polpastrelli gonfi. I tarsi le utilizzano molto per il grooming: con l’indice e il pollice sono le dita con cui si grattano e si puliscono, munite di unghie molto funzionali per tutte le operazioni di igiene del caso anche se hanno anche il pettine dentale tipico degli strepsirrini.
Come il nome suggerisce, e forse qualcuno se l’è già chiesto, questi animali hanno un osso del tarso particolarmente lungo. Lo notate guardandoli anche se sarete prima colpiti dal loro sguardo, con gli occhioni spalancati anche nella notte visto che sono un animale tipicamente notturno.
Tarso: alimentazione
I tarsi sono animali arboricoli con una dieta che vede soprattutto la presenza di insetti. Li catturano di notte, nelle ore in cui sono svegli e attivi. A seconda delle aree geografiche di residenza, poi, la dieta si può anche arricchire con piccoli vertebrati, serpenti che catturano andando in giro. Non si creano poi certo problemi se per sfamarsi è diventa necessario saccheggiare i nidi d’uccello. La maggior parte degli esemplari di cui conosciamo la presenza oggi, si trovano nelle Isole di Sonde e nelle Filippine. Tra le specie che sono state distinte, ecco le principali
- Tarsius dentatus Miller and Hollister o tarsio di Diana
- Tarsius fuscus Fischer o tarsio marrone
- Tarsius lariang Merker and Groves o tarsio di Lariang
- Tarsius pelengensis Sody obtarsio di Peleng
- Tarsius pumilus Miller and Hollister o tarsio pigmeo
- Tarsius sangirensis Meyer o tarsio di Sangihe
- Tarsius tarsier obtarsio spettro o maki folletto
- Tarsius tumpara Shekelle o tarsio dell’Isola di Siau o tarsio sorridente
- Tarsius wallacei Merker o tarsio di Wallace
- Tarsius bancanus o tarsio malese
- Tarsius syrichta o tarsio delle Filippine
Tarsio: curiosità
Se il corpo del tarsio ci sembra tanto strano, dobbiamo metterci nei suoi panni e soprattutto nel suo ambiente. Ci accorgeremo che i suoi occhioni e le sue dimensioni vanno proprio bene per la vita notturna e arboricola che conduce. Le sue dita e il suo tarso lo facilità quando deve procurarsi del cibo nella notte nelle foreste del Sud-Est asiatico in cui vive, tra l’altro in un areale ormai molto ridotto.
I tarsi possono sembrare un incrocio tra un roditore e una scimmia ed è per questo loro aspetto che vengono chiamati cugini. Ci sono però delle disquisizioni sulla loro classificazione perché effettivamente hanno molto anche dei lemuri, la versione ufficiale però a cui si è arrivati è che tutti i membri del genere Tarsius appartengono allo stesso ramo evolutivo degli esseri umani e delle grandi scimmie.
Tutto merito di uno studio genetico che è stato effettuato recentemente. Il DNA del tarsio delle Filippine è stato sequenziato da un gruppo di ricercatori guidato da Wesley Warren della Scuola di medicina dell’Università di Washington a Saint Louis. I risultati pubblicato su Nature Communications mettono fine alle controversie che a lungo hanno segnato i discorsi sui tarsi osservandone la mandibola e i denti, più simili a quelli dei roditori, oppure gli occhi e il naso, più da scimmia.
Durante lo studio, è emerso che alcuni tratti di DNA detti trasposoni mostrano la vicinanza dei tarsi con gli esseri umani e le scimmie scoiattolo. Hanno quindi tutto il diritto di essere inseriti nel gruppo degli aplorrini, insieme alla nostra specie e non solo. Questi esseri viventi sono stati anche presi in considerazione nello studio dei cambiamenti evolutivi che hanno portato agli esseri umani.
Gli studi sui tarsi, ora che sono stati chiaramente classificati, non terminano. Anzi, proseguono fruttuosamente perché le comunanze genetiche con l’essere umano li rendono un genere utile per capire lo sviluppo delle malattie umane che riguardano gli stessi geni
Tarsi in pericolo
Uscendo da un’ottica antropocentrica, stiamo portando avanti altri studi sul genoma dei tarsi per conoscere meglio il loro stato di conservazione. Questi primati vivono infatti in un areale molto ridotto e con un equilibrio ambientale fortemente precario, minacciate dalla deforestazione che lascerebbe i tarsi senza luoghi in cui vivere e procurarsi del cibo. Alcune specie di questo genere rischiano l’estinzione già oggi ma più le si conosce più potrebbe essere possibile salvarli. In fondo, sono nostri cugini e sono anche piuttosto caratteristici.
Un altro animaletto per certi versi simile al tarsio a cui potresti essere interessato è il petauro dello zucchero.