La favola del Brutto anatroccolo la conoscono in molti, in pochi probabilmente, sanno invece che esiste anche un teorema con lo stesso nome. Nulla che riguardi la matematica o la chimica, e nemmeno la fisica, ma restiamo nell’ambito della psicologia e della sociologia. Vediamo subito di cosa si tratta!
Brutto anatroccolo: teorema
In inglese si parla di “Ugly duckling theorem”, teorema del brutto anatroccolo, e lo ha sviluppato Satoshi Watanabe. Sostiene che non sia possibile classificare senza un qualche criterio di preferenza. In ogni senso, sia che dobbiamo catalogare delle merci, o delle persone o altro. E’ molto generale come considerazione e se ci si pensa, è sempre vera.
Il legame con la favola di Hans Christian Andersen c’è eccome perché di fatto, se si conosce la tram, si vede che, se tutto quanto fosse uguale, un brutto anatroccolo sarebbe tanto simile ad un cigno quanto i cigni lo sono tra loro.
Questo teorema è stato proposto da Satoshi Watanabe nel 1969 e ci fa notare come sia necessario avere un criterio per poter dividere in classi o categorie gli oggetti che troviamo nell’universo o nell’ambiente che stiamo considerando. Possiamo pensare anche ad esempi molto quotidiani e banali in cui ci troviamo a dividere in diversi gruppi un insieme di cose o persone e ci serve un criterio per farlo. Nessun criterio, giusto o sbagliato che sia, nessuna divisione in classi e categorie.
Abbiamo tante mele davanti? Le possiamo dividere per colore, per grandezza, per livello di maturazione. Abbiamo una classe di studenti? Possiamo creare gruppi per colore di capelli, per voti in matematica, per zone di residenza oppure per via del colore dei vestiti che indossano. Dipende cosa vogliamo organizzare, se una festa o un balletto, un gioco oppure una sfida numerica.
Se non abbiamo un criterio tra le mani, non possiamo scegliere tra le infinite o quasi possibili classi, tutti i modi possibili per costruire insiemi degli n oggetti che abbiamo di fronte.
Brutto anatroccolo: favola
Passiamo ad argomenti come le favole, più rilassanti dei teoremi, con un libro del migliore autore di favole mai esistito: Esopo. On line troviamo molte raccolte di favole come questa, “Favole di Esopo illustrate” di Susanna Davidson e Giuliano Ferri. Contiene oltre 30 storie adatte ai bambini dai 4 anni in su, non mancano quella del leone e del topolino, quella della volpe astuta e quella del corvo sciocco, ma se ne possono scoprire molte altre utili per prendere sonno ma anche per imparare come funziona la società.
La fiaba del brutto anatroccolo non è di Esopo ma del danese Hans Christian Andersen, molto più recente di quelle del libro, pubblicata per la prima volta l’11 novembre 1843.
Nella favola troviamo una nidiata di anatroccoli tutti uguali tranne uno. A renderlo diverso sono le piume grigie ma soprattutto un modo di fare goffo. La madre cerca di accettarlo ma tutto il resto della famiglia, e dei suoi simili, lo isola, lo addita come diverso, lo tratta così male che il brutto anatroccolo decide di scappare.
Dopo un lungo e gelido peregrinare tutto solo, l’infelice animale trova uno stagno con meravigliosi cigni che nuotano rimirandosi nelle acque. Quando gli si avvicina, questi animali gli danno il benvenuto, lo includono nel gruppo e ovviamente il nostro brutto anatroccolo è incredulo. La spiegazione arriva quando si guarda lui stesso riflesso nell’acqua e scopre di essere diventato, durante la fuga, a sua insaputa, un bellissimo cigno bianco.
Brutto anatroccolo e Walt Disney
Anche Walt Disney è rimasto affascinato da questa favola e ha realizzato due Sinfonie allegre basate su questa storia: L’anitroccolo eroico nel 1931 (in bianco e nero) e Il piccolo diseredato nel 1939 (in Technicolor) che ha anche premio Oscar come miglior cortometraggio d’animazione. Chi ha letto la favola originale si accorgerà che l’adattamento disneyano addolcisce la favola e soprattutto le sofferenze del brutto anatroccolo nei momenti in cui viene deriso e isolato, e la storia corre subito al finale, “happy end”, rigorosamente.
Nel film Disney del 2002 “Lilo & Stitch” rispunta il cartone animato del brutto anatroccolo quando il protagonista, anche lui senza genitori, si immedesima nel noto anatroccolo. Nel cartone del 2002, tutto è in salsa esotica perché questa è l’ambientazione del film.
Brutto anatroccolo: significato
Questa favola viene spesso citata quando si affronta il tema delle difficoltà che bambini e adolescenti di tutto il mondo sperimentano durante la loro crescita. Quando la si racconta, diventa un’ottima metafora per approcciare questi argomenti non troppo direttamente subito, può aiutare in modo efficace a rinforzare l’autostima dei bambini e far loro accettare eventuali differenze che li dividono dal “gruppo”.
La trama della favola ci porterebbe addirittura a spiegare ai bambini che le differenze sono qualcosa di cui poter andare anche fieri perché spesso sono un dono, anche se non è subito evidente.
Brutto anatroccolo: morale
C’è molto di autobiografico nella favola del brutto anatroccolo visto che Andersen da piccolo era spesso isolato e rifiutato. Anche da grande, in verità, per via della sua omosessualità.
La morale che possiamo leggervi tra le righe è che quando qualcosa o qualcuno suscitano disprezzo o disinteresse, all’inizio, in un gruppo o in un ambiente, non è detto che non si rivelino invece degne di stima e meritevoli di apprezzamento e rispetto. Il cambiamento, la trasformazione, può essere sia fisica sia morale/caratteriale. Questa favola e questo teorema vanno benissimo per chi soffre della Sindrome di Peter Pan e anche di quella di Pinocchio.
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