Quando parliamo di biocarburante dobbiamo fare una netta distinzione. Ci sono i biocombustibili che distruggono il pianeta perché sottraggono terreno all’agricoltura e spingono in alto i prezzi dei generi alimentari e poi ci sono i biocarburanti di ultima generazione, quelli sintetizzati in laboratorio a partire da batteri o da microrganismi. Una novità arriva dai ricercatori del Department of Energy (DOE) che hanno individuato un enzima in grado di aumentare la quantità di galattano presente nelle pareti delle cellule vegetali.
Le cellule vegetali delle piante contengono varie sostanze zuccherine, tra queste il galattato, un derivato di uno zucchero a sei atomi di carbonio. La particolarità di questo esoso è che è facilmente fermentabile e convertibile in bioetanolo. Il galattano è stato, per lungo tempo, sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori che sfruttando lieviti volevano convertire la bioassa cellulosica in biocarburante.
Il biocarburante prodotto dal galattano potrebbe rimpiazzare prontamente i combustibili come benzina, diesel e jet-fuel. I motori non dovrebbero essere modificati, inoltre, il biocarburante prodotto dal galattano non dovrebbe combinarsi con alcun derivato del petrolio. Cosa ancora più importante, il biocarburante in questione potrebbe essere carbon neutral. Potrebbe essere bruciato senza incrementare le emissioni nocive in atmosfera.
Come sottolineano i ricercatori dei laboratori della Berkeley, la sfida principale consiste nel massimizzare la quantità di zuccheri della parete delle cellule vegetali, in particolar modo, incrementare la quantità di galattano. I ricercatori hanno scoperto l’identità dell’enzima GT92, il primo enzima isolato per la sua capacità nella biosintesi di galattano. Grazie a questa scoperta sono stati creati i presupposti per la progettazione di colture bioenergetiche avanzate per la produzione di carburante. L’enzima in questione è il β-1 ,4-galattano sintasi, nome in codice “GT92”.
La ricerca è stata minuziosamente descritta sulla rivista Planet Cell. A questo indirizzo si può trovare la release del Berkeley Lab.