Bes: Rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile
A partire dal 2013, con cadenza annuale, l’Istat offre una panoramica sul benessere degli italiani nelle sue diverse dimensioni, attraverso il Rapporto Bes sul Benessere equo e sostenibile. Il report non si configura solo come un prodotto editoriale: si tratta di una vera e propria linea di ricerca che, analizzando un ampio set di indicatori, descrive gli aspetti che contribuiscono alla qualità della vita dei cittadini.
L’analisi prevede la suddivisione in dodici settori della società o “domini”, indagati attraverso la lente di ben 130 indicatori.
I dodici domini presi in esame sono:
- Salute;
- Istruzione e formazione;
- Lavoro e conciliazione dei tempi di vita;
- Benessere economico;
- Relazioni sociali;
- Politica e istituzioni;
- Sicurezza;
- Benessere soggettivo;
- Paesaggio e patrimonio culturale;
- Ambiente;
- Innovazione, ricerca e creatività;
- Qualità dei servizi.
I risultati principali del Rapporto Bes 2018
L’ultima edizione del Rapporto ISTAT sul Benessere Equo e Sostenibile risale al dicembre 2018. Dall’analisi emergono diverse novità rispetto agli anni precedenti, con un 40% di indicatori che risultano in miglioramento. Si tratta soprattutto dei domini legati al benessere economico e al mercato del lavoro. Un 30% degli indicatori permane, invece, in una situazione di difficoltà. È il caso, in particolar modo, delle componenti legate alla soggettività, come la soddisfazione per la vita e le percezioni riguardanti le aspettative sul futuro.
Come evidenziato da Roberto Monducci, direttore DIPS Istat, un dato interessante rilevabile dall’ultimo rapporto è che nei casi in cui si verifica un miglioramento, questo interessa l’intero Paese, incluse “le regioni più arretrate che mantengono un differenziale negativo in termini di livelli ma che in termini di dinamica tengono il passo delle aree più avanzate”.
Rapporto Bes 2018: breve focus sui domini e sugli indicatori
Dal rapporto Bes 2018 affiora un mercato del lavoro più vivace: i livelli di occupazione della fascia compresa tra i 20 e 64 anni aumentano nel 2017 al 62,3%. Lo scenario lavorativo appare inoltre meno insicuro: il tasso di infortuni mortali e inabilità permanente scende a 11,6 per 10.000 occupati, dal 12,1% nel 2015. Nel 2017 diminuisce di 0,8 punti la percentuale di occupati che ritengono sia “probabile perdere il lavoro attuale” e sia “poco o per nulla probabile trovarne un altro simile”.
Il benessere economico risulta in ripresa. Torna ai livelli del 2010-2011 il reddito lordo aggiustato disponibile pro capite per il totale delle famiglie. Nel 2017, migliorano anche gli indicatori di grave deprivazione materiale, molto bassa intensità lavorativa, bassa qualità dell’abitazione e grave difficoltà economica. La povertà assoluta, tuttavia, è in ulteriore aumento.
Il sistema produttivo si dimostra più orientato all’innovazione e alla ricerca. Si osservano maggiori investimenti nella ricerca (+0,1 punti sul PIL nel 2016), nei prodotti della proprietà intellettuale (+2,1% nel 2017) e nelle innovazioni tecnologiche. Si riscontrano avanzamenti nel lavoro qualificato: cresce il numero dei laureati impiegati nei settori tecnico-scientifici (16,9% pari a +0,7 punti percentuali sul 2016). Migliora lievemente anche la capacità dell’Italia di trattenere i giovani laureati, con il tasso migratorio che passa a -4,1 per mille rispetto al -4,5 del 2016.
Segnali positivi si evidenziano a livello di tutela e valorizzazione del territorio. Sono sempre più diffuse le aziende agrituristiche, che svolgono un ruolo determinante nello sviluppo rurale e nella difesa del territorio (+3,3% rispetto al 2016). Appare in lieve flessioni l’abusivismo edilizio (19,4 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 19,6 del 2016), ma permane ancora critica la situazione nel Mezzogiorno. La pressione esercitata dalle attività di cave e miniere sul paesaggio e sull’ambiente si mostra in calo (meno 3% sul 2015).
Emerge di contro una scarsa soddisfazione per la propria vita, accompagnata da un progressivo impoverimento delle relazioni sociali e da un livello di fiducia verso gli altri molto basso (19,8%).
Prosegue l’allontanamento dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. In particolare, diminuisce la quota di persone che parlano di politica (da 36,7% a 33,4%) e di quanti si informano (da 58,2% a 54,1%). In calo anche la fiducia dei cittadini rispetto al sistema giudiziario, al Parlamento e ai partiti politici.
Risultano insoddisfacenti alcuni servizi a cittadini e famiglie. Particolarmente pesanti appaiono i disservizi sul fronte idrico: il 9,6% delle famiglie hanno subito interruzioni dell’erogazione dell’acqua nel triennio 2015-17, di cui il 18,8% nel Sud Italia. I cittadini si mostrano insoddisfatti nei confronti del trasporto pubblico.
Sul fronte della salute, si interrompe il trend di crescita della speranza di vita, con una riduzione del tradizionale vantaggio delle donne. La maggiore longevità femminile si muove di pari passo con condizioni di salute più precarie: una donna di 65 anni può attendersi di vivere in media ancora 22,2 anni, di cui il 58% con limitazioni nelle attività. Per un uomo della stessa età, invece, la speranza di vita è di 19 anni, di cui solo il 47% con limitazioni. Si assiste a scarsi progressi nella diffusione di stili di vita più salutari, riguardo all’alimentazione, al consumo di alcol e al fumo, soprattutto tra gli uomini. Un maggiorenne su cinque è sia in sovrappeso sia sedentario.
Rispetto all’ambiente, si riscontrano difficoltà nella gestione del patrimonio forestale, con una forte crescita degli incendi boschivi. Emergono evidenti problemi idrogeologici: il 2,2% della popolazione è esposta al rischio di frane mentre il 10,4% a quello di alluvioni. L’Italia, infatti, è tra i Paesi europei più esposti al rischio idrogeologico, derivante dalla combinazione di storiche carenze nella pianificazione territoriale, intensità dell’antropizzazione e intrinseche fragilità strutturali del territorio stesso. Si evidenziano anche ampie differenze territoriali nella raccolta differenziata: 25 punti tra Nord e Sud (rispettivamente 66,2% e 41,9% dei rifiuti urbani).
Nel 2017, il 21% degli italiani esprime preoccupazione per la perdita di biodiversità. La percentuale è costantemente in crescita dal 2012 in tutte le ripartizioni e varia sensibilmente con l’età: supera il 30% tra i più giovani (14-19 anni) e scende al 12,9% tra gli anziani di 75 anni e più, rappresentando un segnale della crescente consapevolezza ambientale delle giovani generazioni.
Fonte dati:
- “L’andamento del benessere equo e sostenibile in Italia – I principali risultati del Rapporto 2018” di Roberto Monducci, Direttore del Dipartimento per la produzione statistica, 18 dicembre 2018
- Rapporto Bes 2018
Pubblicato da Evelyn Baleani il 19 Marzo 2019