Bachicoltura in Italia
Bachicoltura in Italia oggi: dall’allevamento dei bachi da seta a Padova al mercato di riferimento in Italia e nel mondo.
Il baco da seta, Bombyx mori, è originario delle pendici del massiccio dell’Himalaya, dove sono nati i primi allevamenti. In Europa, il baco da seta fu introdotto verso il 552 d.C. mentre per arrivare in Italia ci vollero altri 500 anni. La sericoltura in Italia si sarebbe diffusa intorno all’anno mille a opera degli Arabi in Sicilia e dei Bizantini in Campania, solo a seguito si è diffusa anche al Nord, eppure, oggi, è proprio nel Settentrione d’Italia che si conta una grande sezione specializzata in bachicultura.
Bachicoltura a Padova
Parliamo dell’ex Sezione specializzata per la bachicultura, oggi conosciuta come Crea-Api. Nel panorama internazionale, Crea Api gioca un ruolo rilevante nella bachicoltura. Tra le attività svolte vi è quella della conservazione delle razze che generazione dopo generazione si sono adattate al clima europeo. Si salvaguarda la biodiversità del baco da seta: da un lato le razze dell’insetto e dall’altra la varietà del gelso. Attualmente, nel centro di bachicoltura di Padova si contano circa 200 razze di baco e 60 varietà di gelso.
Crea-Api è nata da un progetto del governo italiano nel 1871, all’epoca, Crea-Api si chiamava Regia Stazione Bacologica Sperimentale di Padova.
Bachicoltura in Italia
Il baco da seta si è molto adattato nel nostro clima, tanto che dal 1100 in poi, su tutto lo stivale, si aprirono diverse industrie collegate alla lavorazione della seta. Nel 1146 fu la volta di Palermo, poi nel 1272 a Bologna nacque la prima torcitura (processo industriale di lavorazione della seta). Nel 1307 nacque un grande centro di produzione di seta grezza ad Avellino (Campania). La diffusione dell’allevamento del baco da seta in Italia fu un vero crescendo: nel 1844 si arrivarono a produrre 3.460.000 kg di seta grezza. L’anno successivo ci fu una forte battuta d’arresto causata da una malattia che colpiva i bachi, il flagello pebrina.
Prima del debutto del Giappone nel settore della bachicoltura, l’Italia si aggiudicava una produzione del 37% del mercato. Nel 1901, quando la concorrenza giapponese iniziò a farsi sentire, la quota dell’Italia fu ridotta al 26% a favore degli allevatori nipponici. A causa dei due conflitti mondiali, anche il mondo della bachicoltura subì forti conseguenze.
Dagli anni Settanta del novecento a oggi, il panorama internazionale vede la forte presenza dei bachicoltori cinesi e un progressivo declino del mercato italiano. Nel 1978 il centro per la bachicoltura di Vittorio Veneto (Treviso), chiuse i battenti trasferendo il suo patrimonio di biodiversità (le razze per la produzione del seme-bachi) alla Sezione specializzata per la bachicoltura di Padova mentre le modeste quantità di seme-bachi necessarie per l’allevamento di bachi da seta in Italia, venivano importante da Giappone, Cina, Turchia e Corea.
Nel passato più vicino, gli allevamenti di bachi da seta in Italia hanno dovuto fare i conti con un nuovo nemico: l’inquinamento da pesticidi. Proprio come è accaduto con le api, l’uso massiccio dei prodotti fitosanitari in agricoltura ha decimato le popolazioni di bachi da seta. In particolare, per la bachicoltura, il principio attivo causa della morte degli insetti fitofagi (bachi compresi) è fenoxycarb, presidio sanitario Insegar. La diffusione dell’insegar risale al 1988. All’epoca, la Sezione specializzata per la bachicoltura di Padova avviò una serie di ricerche per limitare l’uso dell’insegar in agricoltura ma il mondo della bachicoltura italiana dal 1988 a oggi ha registrato altre battute d’arresto: a seguito del forte calo di bachicoltori dettato dalla diffusione del principio attivo fenoxycarb., l’Associazione nazionale bachicoltori perse i requisiti previsti per legge nel luglio del 2012.
Dal 2012 a oggi qualcosa è cambiato: l’inquinamento da antiparassitari causa dei danni agli allevamenti di bachi da seta sembrerebbe essere diminuito tanto che al Nord Italia si comincia di nuovo a lavorare con i bozzoli! La Crea-Api ha avviato dei programmi di formazione per ottenere degli allevatori specializzati per produrre bozzoli di bachi per l’industria.
L’Italia non poteva scegliere un momento migliore per ripartire con la bachicoltura: oggi la produzione di seta grezza in Cina è in fase di declino (sia da un punto di vista di qualità che di quantità). L’industria della seta europea deve puntare sulle sue forze e l’Italia potrebbe fare la differenza. Nel Nord Italia, oggi, è già ripartita la produzione di seta per finalità cosmetiche e per la produzione di accessori e abbigliamento. Tale produzione è stata resa possibile dal progetto regionale Rinascita della via della seta in Veneto, premiato a Bruxelles tra i progetti più innovativi in Europa.
Pubblicato da Anna De Simone il 23 Luglio 2016